
Se qualche anno fa esporre in bella vista i voti finali di tutti gli studenti era prassi consolidata, ora anche la scuola e chi vi ruota attorno devono fare i conti con la difesa della privacy e dei dati dati personali.
Per capire come, è intervenuto il Garante per la Protezione dei Dati Personali (GPDP), che ha aggiornato le regole in materia di privacy negli istituti scolastici di I e II grado. Realizzando un vademecum - dal titolo “Scuola a prova di privacy” - che vuole essere una sorta di “bignami” per mettere in guardia dai rischi cui troppo spesso è esposta la sfera privata dei giovani. Un’iniziativa che affronta la spinosa tematica del trattamento dei dati personali nelle scuole e, allo stesso tempo, fornisce uno strumento in mano a famiglie, alunni e docenti per mettere al sicuro le proprie informazioni sensibili.
Nel manuale, i riflettori vengono puntati soprattutto sulle nuove metodologie digitali, quelle cioè frutto di innovazioni tecnologiche, indicando ad esempio la via migliore per utilizzare correttamente il registro elettronico o la didattica a distanza. Ma trovano ampio spazio anche tutti quei fenomeni connessi all’utilizzo degli smartphone e della Rete tra le mura scolastiche: dalle foto scattate durante le gite, passando per la registrazione delle lezioni, fino ad arrivare ai diffusi episodi di cyberbullismo.
Prima di tutto, però, il Garante definisce i criteri con cui le scuole devono procedere al trattamento dei dati personali degli studenti. In generale, tutti gli istituti che perseguono finalità d’istruzione e formazione “possono trattare i dati personali degli studenti, anche relativi a categorie particolari, funzionali all’attività didattica e formativa, per il perseguimento di specifiche finalità istituzionali quando espressamente previsto dalla normativa di settore” recita il vademecum. Nell’ambito delle attività didattiche e amministrative, il responsabile del trattamento dei dati personali è sempre il dirigente scolastico, in qualità di legale rappresentante dell’istituzione scolastica.
Vita dello studente: dalla fase d’iscrizione alla routine tra i banchi
Il vademecum, come detto, ha l’obiettivo di disciplinare tutti gli aspetti della quotidianità scolastica, partendo dall’iscrizione a scuola. In questa fase, il Garante fase consiglia agli studenti - e anche alle famiglie - di prestare particolare attenzione alle informazioni che vengono richieste nei vari momenti della procedura. Le scuole, infatti, “non possono richiedere informazioni personali non pertinenti rispetto alla finalità di iscrizione” e sono invitate a raccogliere le categorie particolari di dati personali solo laddove “espressamente previsto dalla normativa di settore”.
Perché i dati personali degli studenti finiscono sostanzialmente in mano agli insegnanti. I docenti giocano, infatti, un ruolo chiave all’interno degli equilibri del gruppo classe e devono prestare attenzione, nell’esercizio della professione, a non diffondere dati o informazioni personali degli alunni. Ciò avviene a seconda della situazione e della sensibilità del docente ma, in linea generale, il Garante avverte che “nelle varie iniziative didattiche, considerata la particolare interazione che caratterizza la relazione e il dialogo educativo tra docente e alunni occorre sempre tenere in considerazione l’interesse primario del minore e le eventuali conseguenze, anche sul piano relazionale, che potrebbero derivare dalla conoscibilità/circolazione di informazioni personali”.
Voti e rendimento: come proteggere la dimensione scolastica dello studente
I voti, e i risultati degli esami, costituiscono il rendimento scolastico di ciascun alunno e la loro pubblicazione on line non è ammessa. “La pubblicazione dei voti online- ricorda il Garante -costituisce una forma di diffusione di dati particolarmente invasiva e non conforme all’attuale quadro normativo in materia di protezione dei dati”. Il rischio, infatti, è quello di veder circolare i voti sul web per un indeterminato periodo di tempo: una volta che questi vengono visionati da estranei alla comunità scolastica, viene meno il diritto alla riservatezza dello studente. Ecco perché la pubblicazione degli esiti degli scrutini delle classi intermedie delle scuole secondarie di primo e di secondo grado e di ammissione agli esami di Stato del secondo ciclo di istruzione, da parte delle istituzioni scolastiche, può avvenire “con la sola indicazione ‘ammesso’ e ‘non ammesso’ alla classe successiva”.
I voti delle singole discipline - specifica il Garante privacy - “sono riportati nell’area riservata del registro elettronico a cui può accedere esclusivamente, con le proprie credenziali il singolo studente o la propria famiglia”. In assenza del registro elettronico, la scuola potrà procedere all’affissione dei tabelloni, omettendo qualsiasi tipo di informazione personale degli studenti estranea al contesto scolastico. Unica deroga possibile è relativa agli esami di Stato: in questo caso il carattere pubblico della prova autorizza anche la divulgazione degli esiti.
Anche in questo come negli altri casi, va tuttavia preservata la privacy relativa ad altre informazioni personali. In questo senso, il Garante cita l’esempio delle prove differenziate svolte dagli alunni disabili o affetti da DSA. Nel tabellone, in questi casi, non deve esservi alcun riferimento ma l’attestazione della prova viene rilasciata esclusivamente all’alunno: le scuole, infatti, non hanno la facoltà di diffondere dati inerenti allo stato di salute degli studenti.
Nuove tecnologie: con smartphone e web a rischio i dati personali dei minori
Per quanto riguarda le pratiche relative all’utilizzo dei dispositivi personali - smartphone su tutti - in ambiente scolastico, i cambiamenti nell'uso della tecnologia hanno stimolato una profonda riflessione da parte dell'autorità. L’avvicinamento precoce delle nuove generazioni al web e ai social network ha prodotto una certa superficialità nell’utilizzo dei propri dati e, come spesso accade, di quelli dei compagni di studi. Uno degli effetti negativi per eccellenza di questo è certamente il cyberbullismo, ovvero la declinazione on line di un fenomeno largamente diffuso nelle scuole e nella società.
Al riguardo, il Garante è chiaro: “I giovani - sottolinea - devono essere consapevoli che le proprie azioni in Rete possono produrre effetti negativi anche nella vita reale e per un tempo indefinito”. Perché il cyberbullismo, così come tutti i fenomeni ritorsivi - dal sexting al revenge porn - rappresenta in pieno una vera e propria ingerenza nella vita privata di un individuo, in questo caso di uno studente. La diffusione di immagini e video che ritraggono altri individui, specie sul web, è consentita solo con l’approvazione delle persone coinvolte. Di conseguenza, vengono chiamati in causa anche glismartphone e i prodotti assimilabili: “L’utilizzo di telefoni cellulari, di apparecchi per la registrazione di audio e immagini - spiega il Garante nel manuale per la privacy - è in genere consentito, ma esclusivamente per fini personali, e sempre nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone coinvolte, siano essi studenti, docenti o altro personale”: Una regola generale che invita, dunque, gli studenti a prestare massima attenzione quando pubblicano un contenuto in Rete.
Per quanto riguarda più nello specifico la diffusione dei dati personali, il Garante è altrettanto chiaro nel ribadire che i cellulari a scuola devono essere visti solamente come strumenti compensativi della didattica. Non è quindi ammessa la videoregistrazione ma “è possibile registrare la lezione esclusivamente per scopi personali, ad es. per motivi di studio individuale, compatibilmente con le specifiche disposizioni scolastiche al riguardo”. Su questo versante, peraltro, era già intervenuto il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, lo scorso 20 dicembre, con una circolare inviata alle scuole che invitava a disciplinare l’utilizzo degli apparecchi nelle classi.
Genitori e privacy: i rischi dello sharenting
Infine, il vademecum elenca una serie di disposizioni che interessano soprattutto genitori e famiglie. Tra queste, un richiamo alla pratica, molto diffusa tra gli adulti, dello sharenting, ovvero la condivisione di immagini ritraenti i propri figli sulle piattaforme Internet. Un’abitudine che potrebbe ritorcersi contro gli stessi figli, spesso minori, perché ciò che “viene pubblicato online o condiviso nelle chat di messaggistica rischia di non essere più nel nostro controllo e questo vale maggiormente nel caso dei minori”. Anche in ambito scolastico, non è raro che un genitore o un familiare scatti una foto durante una gita o un’attività extrascolastica. Ciò è consentito perché le immagini “sono raccolte per fini personali e destinate a un ambito familiare o amicale e non alla diffusione”. Anche qui, però, la regola è sempre la stessa: massima attenzione alla pubblicazione delle immagini su Internet e sui social network: ”In tali casi - avverte il Garante - la diffusione di immagini dei minori richiede, di regola, il consenso informato degli esercenti la responsabilità genitoriale e delle altre persone presenti nelle fotografie e nei video”.