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supplenti senza stipendio

Da oltre due mesi, molti docenti supplenti sono tornati in classe, impegnati tra lezioni e compiti. Ma, nonostante il loro lavoro quotidiano per garantire il regolare svolgimento delle attività didattiche, il saldo sul conto corrente di molti di loro è ancora fermo a zero.

In particolare, si tratta dei supplenti brevi, fondamentali per coprire assenze momentanee del personale di ruolo (malattie, permessi e congedi). Che, a quanto pare, non hanno ancora visto lo stipendio che doveva arrivare a settembre e a ottobre.

Il risultato è una situazione di difficoltà in cui c’è chi deve appoggiarsi al coniuge, chi chiede aiuto ai genitori o affidarsi a piccoli prestiti da parte degli amici. Per riuscire a pagare almeno l'affitto, le bollette e a fare un po' di spesa.

Indice

  1. Le voci dalle cattedre
  2. Dove si fermano i pagamenti
  3. Il Ministero: "I fondi quest'anno ci sono"
  4. La denuncia del sindacato Anief: "È un circolo vizioso"

Le voci dalle cattedre

Le storie che arrivano dalle scuole raccontano un incubo che si ripete. C’è Ilaria, professoressa in provincia di Udine e madre di due bambini piccoli, uno di due anni e mezzo e l'altro di sei mesi: “Non so ancora quando riceverò lo stipendio”, racconta a ‘Open’.

Lei insegna da sette anni e non le era mai successo di restare senza paga per mesi. Per questo spiega chiaramente la sua difficoltà: “Abbiamo fatto tutto come previsto, ma i ritardi dello Stato ci lasciano senza un euro. E intanto, io e i miei figli non possiamo basare la nostra vita solo sullo stipendio di mio marito”. Tra nido, bollette e affitto, la situazione è diventata “insostenibile. Lavoro, ma non vedo i frutti”.

Tra le testimonianze raccolte c’è anche quella di Mirko, insegnante di italiano, storia e geografia in una scuola media di Firenze, che da settembre non ha percepito lo stipendio. Lui è terrorizzato dal rivivere un incubo ormai familiare: “L’anno scorso, il primo pagamento mi è arrivato dopo tre mesi, poi altri due mesi di attesa, e così per tutto l’anno. Ora sta succedendo di nuovo”.

Per far fronte alle spese urgenti, Mirko ha dovuto chiedere un prestito e non riesce a darsi pace: “È assurdo che chi lavora per lo Stato debba sopravvivere con prestiti o favori. Mi chiedo sempre come sia stato possibile arrivare a una situazione del genere”.

Non solo. Quando la scuola gli ha chiesto un rinnovo, e lui ha chiesto chiarimenti, la risposta (scritta) della segreteria è stata: “Lo Stato sta verificando la disponibilità dei fondi. Purtroppo i tempi non dipendono da noi, ma dal Ministero”.

Dove si fermano i pagamenti

Ma come è possibile arrivare a una situazione del genere? La risposta, purtroppo, c'è e non è una novità. Infati, nonostante la legge preveda che i supplenti brevi ricevano il dovuto entro 30 giorni dall'inizio del servizio, purtroppo ci sono degli ostacoli burocratici che rallentano la procedura.

Innanzitutto, il dirigente scolastico deve verificare e convalidare i dati contrattuali entro tre giorni, autorizzando il pagamento tramite il sistema informativo Sidi. Da lì, le informazioni vengono trasmesse a NoiPA, la piattaforma del Ministero dell’Economia che effettua i versamenti. L’ultimo passaggio, cruciale, spetta alla Ragioneria generale dello Stato, che deve assegnare alle scuole le risorse necessarie.

Ed è proprio qui che si crea l’intoppo: molte scuole, pur completando le procedure in tempo, restano in attesa dei fondi che lo Stato, attraverso i ministeri competenti (Istruzione e Merito, ed Economia), tarda a trasferire. 

Lo scorso anno il problema si era presentato in modo identico e il Ministero aveva promesso nuove misure di controllo per evitare ritardi, ma a distanza di un anno il caos pagamenti si ripete.

Il Ministero: "I fondi quest'anno ci sono"

Il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) ha, però, voluto prendere le distanze dai disservizi, attribuendo ad altri la responsabilità dell'accaduto. Dal MIM, infatti, riferiscono che “ad oggi, a differenza di quanto avvenuto in passato, non sussistono problemi di natura finanziaria”.

Secondo Viale Trastevere, le disponibilità finanziarie per i pertinenti capitoli di bilancio “sono pienamente sufficienti a garantire la copertura dei ratei stipendiali dovuti nei mesi di settembre e ottobre”.

Ciò significa che i fondi ci sono, e la colpa non sarebbe del Ministero. Lo ribadisce lo stesso MIM: “le cause non sono attribuibili alla diretta responsabilità del Ministero”.

La denuncia del sindacato Anief: "È un circolo vizioso"

Nonostante la rassicurazione del Ministero, comunque, il problema esiste e le segnalazioni si moltiplicano in tutta Italia. Dall'Anief fanno sapere di aver ricevuto diverse denunce. Maria Guarino, rappresentante del sindacato degli insegnanti, spiega a chiare lettere la situazione: “Spesso le scuole non ricevono in tempo i fondi dal ministero, che li sblocca in ritardo rispetto alle scadenze previste. Il risultato concreto è che i docenti restano senza stipendio”.

Guarino aggiunge che molti insegnanti, purtroppo, rinunciano a fare ricorso: “Le cause richiedono tempo e denaro, e spesso dopo due o tre mesi lo stipendio arriva. Così si lascia perdere”. Intanto, i supplenti continuano a sopravvivere “grazie a prestiti o all’aiuto dei familiari. È un circolo vizioso e nonostante decreti e circolari operative, il problema è irrisolto”.

Anche Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief afferma: “È una situazione che si ripete ogni anno e che dimostra come il sistema di gestione dei contratti e delle risorse per il personale precario sia ormai al collasso”. Pacifico, perciò, sottoliena a gran voce come serva "un sistema di pagamento più rapido e trasparente. È una questione di dignità e di rispetto per chi tiene in piedi la scuola italiana”.

Forse qualcosa potrebbe cambiare con la Legge di Bilancio 2026. Nella bozza in discussione in Parlamento, infatti, il Governo ha introdotto una modifica per i supplenti esterni: per assenze fino a dieci giorni, i dirigenti scolastici dovranno utilizzare personale interno. Questa norma, che mira al risparmio, rischia però, secondo i presidi, di complicare la gestione delle classi e peggiorare la didattica.

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