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preside contro divieto smartphone a scuola

Il nuovo divieto ministeriale, esteso dalle scuole medie anche alle superiori, che mette al bando l’uso degli smartphone in classe continua a dividere il mondo dell'istruzione. Se da una parte, infatti, è riuscito a raccogliere molti pareri positivi, anche tra gli stessi studenti, dall'altra trova parecchie voci di dissenso.

Anche tra i dirigenti scolastici c’è chi ha alzato la voce per difendere il cellulare come uno strumento didattico valido, non solo una distrazione. Come ha fatto la dirigente scolastica di un istituto di Fano, che recentemente ha espresso la sua opposizione a questa nuova regola, sostenendo che il divieto rischia di farci fare un passo indietro, impedendo un approccio all'insegnamento più innovativo e al passo coi tempi.

Indice

  1. Le lezioni più interattive
  2. Il divario digitale si allarga tra i banchi
  3. No divieti, più educazione

Le lezioni più interattive

La preside non usa mezzi termini e, dalle pagine del 'Corriere Adriatico', spiega che il cellulare, se usato bene, è tutt’altro che un problema. Anzi, sostiene che in passato ha rappresentato un alleato per lei e per i suoi studenti.

"Durante le lezioni utilizzavamo spesso i telefonini, ciò permetteva di rendere le attività più interattive e partecipative", ha dichiarato la dirigente. Questo perché, integrato nelle attività didattiche, lo smartphone si trasforma in uno strumento efficace per coinvolgere gli studenti e superare i limiti delle lezioni tradizionali. Un approccio che punta tutto sulla didattica digitale e sulla sperimentazione di nuovi linguaggi.

Il divario digitale si allarga tra i banchi

La questione non è solo didattica, ma anche sociale ed economica. Il divieto, se non gestito con attenzione, rischia di creare un divario digitale ancora più profondo. La preside di Fano, su questo, evidenzia un punto cruciale: se i tablet restano ammessi, non tutte le famiglie possono permettersi di acquistarne uno per i propri figli. È una questione di risorse economiche.

"Non possiamo chiedere ai genitori l’acquisto di un tablet, molte famiglie non se lo possono permettere, e noi siamo già impegnati sul fronte della riduzione del costo dei libri di testo", ha spiegato la docente. Insomma, se l'idea è quella di sostituire lo smartphone con un altro dispositivo, bisogna considerare che non tutti partono alla pari.

No divieti, più educazione

Il cuore della posizione della preside non sta, però, solo nella praticità, ma in una vera e propria filosofia educativa. Per lei, il divieto non è la soluzione, ma un modo per evitare il problema, invece di affrontarlo. "Non credo nei divieti, credo più nell’educazione", ha affermato.

Il rischio di un uso scorretto del cellulare, sottolinea, si manifesta soprattutto fuori dalla scuola e in età pre-adolescenziale. Proprio per questo, la scuola dovrebbe essere il luogo ideale per insegnare a usare lo smartphone in modo consapevole. 

"Vietare impedisce anche il lavoro educativo sul corretto uso dello smartphone, che dovrebbe essere portato avanti proprio tra i banchi", ha concluso la preside, ribadendo che non si può educare a uno strumento semplicemente togliendolo.

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