
Dall'anno scolastico 2025/26 entra in vigore il divieto assoluto di utilizzo degli smartphone durante le ore di lezione, in tutte le scuole d'Italia, comprese le superiori. A formalizzarlo è stata la nota ministeriale n. 3392 del 16 giugno 2025, firmata dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. L’obiettivo dichiarato: ridurre le distrazioni digitali e restituire centralità alla didattica.
Ma se il principio sembra condiviso da più parti, è l’applicazione pratica a creare i primi malumori. Perché se il divieto è chiaro, le modalità per farlo rispettare lo sono molto meno. Ogni scuola, infatti, deve organizzarsi autonomamente: armadietti personali, contenitori centralizzati, cassette numerate o l’invito a non portare affatto il cellulare. Tante le soluzioni adottabili. Ognuna, però, comporta dei costi. E conseguenti polemiche.
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Le scuole si arrangiano: cassette, tasche e autocertificazioni
C’è chi ha optato per tasche da parete numerate, chi per cassette individuali con chiave, chi ancora per la consegna del telefono all’ingresso dell’edificio. In molti casi, come in un liceo di Bari, la gestione avviene direttamente da parte del personale scolastico.
“La scorsa annualità, specialmente con le prime, abbiamo avuto grossi problemi. Ora spenderemo 2-3 mila euro per le cassette”, ha dichiarato la sua dirigente scolastica al 'Quotidiano di Puglia'. “Quando i ragazzi ne dovessero avere necessità per comunicazioni urgenti con le famiglie chiederanno il permesso a me o a una persona dello staff. Poi rimetteranno il cellulare nella casettina. Speriamo nella collaborazione dei genitori”.
Famiglie chiamate a contribuire
Un istituto ligure, invece, dopo un anno di sperimentazione in alcune classi, ha deciso di adottare armadietti individuali con serratura, accessibili solo all’inizio e alla fine della giornata scolastica. Il servizio, però, è attivabile su base volontaria a fronte di un contributo di 15 euro all’anno, destinato all’acquisto e alla manutenzione delle strutture, a carico delle famiglie.
La misura, proprio per questo dettaglio, ha suscitato reazioni contrastanti, tra chi l’ha vista come una spesa aggiuntiva poco gradita e chi si è detto disponibile a sostenerla per garantire una gestione ordinata e sicura del divieto.
Raddoppio dei dispositivi e controlli impossibili
Una delle difficoltà più segnalate riguarda la reale applicazione del divieto. Il personale scolastico, infatti, non può effettuare perquisizioni né controlli coercitivi sugli effetti personali. In alcune scuole si è già osservato il fenomeno del “doppio cellulare”: gli studenti depositano un vecchio telefono non funzionante e tengono nascosto quello attivo, eludendo la norma. Una criticità che, se diffusa, rischia di rendere vana l’intera operazione.
Dalla parte della didattica: più attenzione e partecipazione
Le esperienze già avviate mostrano comunque segnali positivi. Nel caso dell’istituto ligure già riportato, come raccontato da 'La Stampa', gli insegnanti hanno osservato durante la sperimentazione un miglioramento nella partecipazione alle lezioni e una riduzione delle distrazioni. In alcune classi, inoltre, è aumentato il confronto verbale e si è rafforzata la relazione tra studenti e docenti.
Valditara: “Le scuole sono bravissime a gestire la questione”
A sostegno della misura è intervenuto direttamente il ministro Valditara: “Le scuole sono bravissime a gestire la questione”, ha dichiarato. “L’intento è quello di favorire l’attenzione educativa e rafforzare il ruolo della didattica frontale e laboratoriale”.
Tuttavia, mentre l’orientamento ministeriale sembra puntare su una scuola sempre più “disconnessa” durante le ore di lezione, sul territorio aumentano le domande su chi debba sostenere i costi, gestire la logistica e vigilare sull’effettiva applicazione della norma.
Per ora ogni istituto prova a trovare la propria formula, tra sperimentazioni e compromessi.