
In piena sessione autunnale di esami, arriva una sonora bocciatura per l’Italia. La causa? Secondo l’ultimo rapporto Ocse “Education at a glance 2017" il nostro Paese ha un tasso di laureati molto basso, peggio di noi solo il Messico.
Non è però l’unico dato negativo che ci riguarda, una fotografia, quella che fa il rapporto Ocse, tutt’altro che soddisfacente per l’Italia. Ecco i motivi!
Italia fanalino di coda per numero di laureati
Si ferma al 18% il tasso di laureati in Italia, decisamente molto più basso rispetto alla media nella zona Ocse che si attesta attorno al 37%. Spiccano invece Paesi come la Svizzera che ha un tasso di laureati del 41%, meglio Stati Uniti e Regno Unito, entrambi si portano a casa un bel 46%. Bene anche Germania, Portogallo, Francia e Spagna. Il motivo? Nel report si ipotizza che il tasso così basso registrato dal nostro Paese potrebbe esser dovuto a “prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari” dopo aver conseguito una laurea. Inoltre il 30% dei laureati italiani ha un titolo di studio che il mondo del lavoro non riesce a valorizzare. Stiamo parlando di lauree in facoltà come Lettere, Scienze della comunicazione, Scienze Politiche, Sociologia e Formazione artistica.
Pochi quelli che scelgono le facoltà scientifiche
Secondo i dati Ocse c’è una carenza nel nostro Paese di Laureati in discipline economiche e scientifiche. Tra i giovani tra i 25 e i 34 anni, ben il 39% ha una laurea umanistica, meno invece, appena il 25%, gli studenti laureati in Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica. Ambiti questi ultimi che danno delle competenze certamente più richieste dal mercato del lavoro: il tasso di occupazione nell’ambito Stem è dell’82%. Perché? Semplice, i processi di globalizzazione e il continuo progresso tecnologico hanno una certa influenza sulla domanda di competenze. La Germania, per esempio, registra il 37% di laureati nelle facoltà scientifiche.
Lavoro: meglio i diplomati dei laureati
Sempre secondo il rapporto Ocse, ben l’80% nella fascia d’età 25-64 anni con un’istruzione terziaria ha un lavoro, ma il tasso occupazionale scende del 64% per i giovani tra i 25-34 anni: il livello più basso dei paesi industrializzati che registrano una media dell’83%. Sembra paradossale poi che il tasso di occupati tra i laureati è addirittura inferiore a quello dei diplomati degli istituti tecnico-professionali, pari al 68%. A livello regionale è il Lazio a vantare il più alto tasso di istruzione (23%), ultime invece Puglia e Sicilia. Male poi anche quando si parla di Neet, sono ben 26 su cento nel nostro Paese, rispetto ai 14 su cento dei Paesi Ocse,peggio di noi solo la Turchia.
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Siamo fanalino di coda anche per la spesa pubblica scolastica: l’Italia ha riservato solo il 7,1% della spesa delle amministrazioni pubbliche al ciclo compreso tra la scuola primaria e l'università. Proprio su questo punto è intervenuta la Ministra Valeria Fedeli, sottolineando che “i dati diffusi si riferiscono al 2014. Da allora, con la riforma Buona Scuola e le successive leggi di bilancio, sono stati fatti investimenti importanti, tre miliardi a regime sulla scuola, che si evidenzieranno nei prossimi Rapporti dell’Ocse. Così come sono aumentati gli investimenti per l’Università”. Solo quest’anno, infatti, il Fondo per l’Università aumenta dell’1% e 4,2% nel 2018. Tradotto, vuol dire più risorse per il diritto allo studio, l’orientamento e la qualificazione dei percorsi. “Sul diritto allo studio – prosegue la Ministra - abbiamo messo in campo più finanziamenti, stabilizzando il Fondo nazionale a 217 milioni, ma anche nuovi strumenti di accesso per le fasce più deboli, come la no tax area per chi ha un Isee fino a 13.000 euro e tasse ‘calmierate’ per chi è fra i 13.000 e i 30.000 euro”.