
Una scuola diversa ogni anno. E una valigia da fare ogni settembre, per ventitré volte di fila. È l'assurda storia di Giulia (nome di fantasia), docente di diritto originaria di Napoli, che tra supplenze, assegnazioni provvisorie e trasferimenti forzati ha cambiato ventitré scuole in ventitré anni.
Una lunga carriera cominciata con entusiasmo e che oggi, a 57 anni, viene vista con un senso di amarezza: "Tra poco vado pure in pensione, mi hanno rovinato la carriera", racconta a 'Fanpage.it'.
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L'inizio dell'Odissea
Tutto è cominciato con la riforma della "Buona scuola", che nel 2015 l’ha portata ad assumere il "ruolo". Ma quell’assunzione, arrivata dopo anni di precariato, non ha avuto il sapore della vittoria: l’anno successivo, infatti, l’algoritmo che governa le nomine la spedisce a Latina.
"Otto anni da pendolare senza alcuna prospettiva di rientro", racconta la prof, che solo recentemente è riuscita a tornare nella sua città grazie a un ricorso vinto con l’avvocato, specializzato in casi di mobilità scolastica.
Una vita da pendolare, tra treni e alberghi
Latina, in teoria, non è lontanissima da Napoli. Ma, di fatto, è un viaggio da due ore, ogni giorno, senza rimborso spese né agevolazioni di sorta. "Mi alzavo all’alba per prendere il treno, ma quando avevo rientri pomeridiani o riunioni, restavo a dormire in un piccolo albergo", spiega Giulia.
Troppo costoso affittare un appartamento, troppo faticoso fare avanti e indietro ogni giorno. Anche così, comunque, le spese mensili oscillavano tra i seicento e i settecento euro al mese. "Sono stata costretta ad assumere un’autista privata – rivela – per muovermi nel centro o nella provincia di Latina, che non è ben collegata come altre città più grandi".
Lo stress fisico e mentale ha lasciato il segno. La docente soffre da tempo di fascite plantare, un’infiammazione dolorosa che rende difficile anche camminare. Eppure, nonostante tutto, Giulia non si è arresa. Ha preso un’abilitazione al Conservatorio per poter insegnare anche musica, ampliando così le sue possibilità di trasferimento. Un’ulteriore prova di quanto fosse determinata a cambiare la sua condizione.
"Solo grazie all'avvocato sono tornata a casa"
Il ritorno a Napoli è arrivato solo dopo anni di battaglie legali: "Dopo dieci anni col posto di ruolo, sono riuscita a ottenere un avvicinamento a casa".
A spiegare i dettagli della vicenda è proprio il suo avvocato: "Le graduatorie del 2016 erano su base nazionale e gestite da un algoritmo. Nessun controllo umano, poca trasparenza. I criteri erano irrazionali: in alcuni casi c’erano posti liberi al Sud, ma i docenti venivano mandati altrove lo stesso".
Tra il 2019 e il 2020, il Tar ha annullato parte di quelle graduatorie, facendo rientrare circa 800 docenti nelle loro province. "Chi non ha fatto ricorso allora – spiega – ha dovuto attendere il giudizio della giustizia ordinaria. Giulia è uno degli ultimi casi che ho seguito. Ora devono trovarle un posto su base provinciale, a Napoli".
"Siamo di ruolo, ma trattati come precari"
Il paradosso, secondo Giulia, è tutto qui: "I docenti fuori sede sono precari pur essendo di ruolo. Con la differenza che un precario ha più possibilità di scegliersi scuole vicino a casa, mentre un professore di ruolo, mandato a lavorare lontano, deve sostenere spese che gli fanno entrare in tasca meno di uno che tira avanti con le supplenze".
Dopo oltre vent’anni di cambi continui e otto anni vissuti da pendolare, per Giulia si avvicina la pensione. "Con colpevole ritardo, ma il peggio è passato", dice. Anche se il prezzo pagato è stato alto.