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di Cristina Montini
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 interrogazioni a scuola

I professori non interrogano più. Ma aspettate a gioire, non si tratta di un nuova norma o una innovativa tecnica di insegnamento. Gli insegnanti fanno sempre meno interrogazioni, perché non hanno proprio il tempo di farle.

O perlomeno questo è quanto emerge da un articolo pubblicato sull’Unità.

MANCA IL TEMPO PER INTERROGARE - Secondo il quotidiano l’Unità, la riduzione degli orari di alcune materie dovuta alla riforma Gelmini ha portato i prof ad interrogare sempre di meno i loro studenti, non hanno il tempo per farlo. Dopo le spiegazioni, che occupano la maggior parte del loro orario, meglio ripiegare sul compito scritto, in questo modo si beccano tutti i ragazzi in un sol colpo e la pagella ha il voto assicurato.

AD OGNI MATERIA LA SUA VERIFICA - E se per matematica o fisica, proprio per la loro natura, il compito scritto è quasi d’obbligo, per materie come storia, letteratura o filosofia, avvalersi di quiz a crocette o test a risposta multipla significa ridurre drasticamente le occasioni che uno studente ha per esprimersi oralmente, imparare a condurre un discorso in modo chiaro e fluente e riuscire a padroneggiare la lingua italiana.

interrofazione e test
TEST A CROCETTE: FAVOREVOLI O CONTRARI? - Eppure, obietteranno in molti, in Paesi come gli Stati Uniti o Inghilterra i test a crocette ormai sono la regola per verificare la preparazione degli studenti, perché preoccuparsi? In realtà il problema non sono tanto i compiti scritti in sé, che di certo hanno il pregio di ottimizzare il tempo e, per i quiz a risposta aperta, anche quello di sviluppare le capacità di scrittura di un ragazzo. Ma oggi si utilizza sempre di più la tastiera anche nella vita sociale: facebook ha sostituito con un post scritto anche la semplice telefonata all’amico in cui da un “Ciao, come stai” scaturivano lunghe chiacchierate. In genere, quindi, tendiamo a parlare sempre di meno e quando lo facciamo, magari all’interrogazione, capita di essere impacciati. E non perché non si è riusciti a studiare abbastanza, ma perché non siamo abituati ad esprimerci con la parola in contesti non familiari.

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Cristina Montini