
Un’opportunità in più. È quella che avranno il prossimo anno gli studenti che si apprestano a iniziare le scuole superiori. Stiamo parlando dei diplomi quadriennali. Percorsi che – dopo un periodo di sperimentazione su 100 classi pilota – hanno ufficialmente debuttato nel 2018/2019 in 192 istituti d’Italia. Non è, quindi, un’assoluta novità. Ma, stavolta, chi dovrà iscriversi all’anno scolastico 2019/2020 avrà sicuramente in mano più elementi per valutare se questa strada fa al caso suo: l’esperienza vissuta nei primi mesi di scuola dagli alunni – circa duemila – che hanno scommesso subito sul diploma in quattro anni. Una platea ristretta ma trasversale.
Le scuole dove ci si può diplomare in 4 anni
Perché si è tanto parlato di ‘licei brevi’. Ma l’elenco delle scuole selezionate dal ministero dell’Istruzione per avviare i primi cicli quadriennali è una fotografia abbastanza fedele degli equilibri scolastici ormai consolidati da tempo nel Paese. Tra loro, infatti, troviamo 144 licei (in genere frequentati da oltre la metà degli studenti italiani) e 48 istituti tecnici. Solo gli istituti professionali, per il momento, sono rimasti fuori. Mentre per quanto riguarda la distribuzione geografica delle classi – una per istituto - quasi la metà (85) si trovano al Nord, 43 al Centro e 64 al Sud. Le scuole statali sono 127, le paritarie 65.
Quasi vent’anni per realizzare la riforma
Un iter quasi infinito quello che ha portato ai diplomi quadriennali. L’idea embrionale risale al 2000, con Luigi Berlinguer ministro dell’Istruzione. Dopodiché un lunghissimo silenzio, fino al 2013, quando il ministro Profumo volle riprendere il discorso, portato poi avanti dai suoi successori (Maria Chiara Carrozza e Stefania Giannini). Per arrivare al momento finale, tenuto a battesimo dal ministro Fedeli, sollecitato dalla volontà di allineare l’età del diploma dei nostri ragazzi a quella dei colleghi di altri 12 Stati membri dell’Unione Europea (tra cui Francia, Paesi Bassi, Portogallo e Regno Unito).
Una didattica più concentrata ma più ricca
Una rivoluzione che, però, non porta grandissimi stravolgimenti alla didattica. A cambiare è quasi solo l’arco temporale in cui ci si può diplomare (da cinque anni si scende a quattro). Per il resto è solo tutto più intenso. Perché la vita scolastica è addirittura arricchita da attività orientate al futuro. In molte scuole, soprattutto istituti tecnici, sono ad esempio potenziate le attività di laboratorio. In tutte, a partire dal terzo anno, si aggiunge l’insegnamento di una disciplina non linguistica in lingua straniera. Entrano nel programma materie nuove. Le classi puntano a una maggiore digitalizzazione.
L’esperienza del Liceo Linguistico Malpighi di Bologna
Tra i progetti che, in questo primo anno a pieno regime, si sono distinti di più a livello nazionale c’è quello del Liceo Malpighi di Bologna: un liceo linguistico che punta a far raggiungere con dodici mesi d’anticipo le competenze e gli obiettivi degli altri percorsi quinquennali. Con un qualcosa in più, perché l’anno scolastico inizia con uno stage in uno dei Paesi in cui si parlano le tre lingue studiate dagli alunni (Inglese, Spagnolo e una a scelta tra Tedesco, Francese e Cinese). Nel corso del terzo anno, inoltre, gli studenti possono sostenere gli esami SAT o Academic IELTS (due tra le più importanti certificazioni internazionali). Con attività di laboratorio che vanno dal metodo di studio e di scrittura al coding e progettazione 3D.
La determinazione dei ragazzi è il valore principale
“Abbiamo presentato un progetto di liceo linguistico quadriennale perché siamo certi che – sostiene Elena Ugolini, preside del Malpighi - la nostra scuola possa dare gli strumenti per affrontare il percorso di studi universitario in soli quattro anni, senza perdere la ricchezza della tradizione liceale italiana. I primi mesi del liceo quadriennale hanno confermato la validità di questa scelta: i ragazzi sono consapevoli di far parte di un nuovo percorso che potrà aprire loro nuove possibilità ed hanno imparato da subito a lavorare insieme per raggiungere gli obiettivi che ci siamo dati”.