
C’è chi esce dalla Maturità con il 100 e lode e chi con un 60 sudato, a volte vissuto con disagio o vergogna. Ma quest’anno, a confortare i “maturandi del minimo”, è arrivato un post che ha fatto il giro del web. A scriverlo è stato Cesare Ammendola, psicologo e divulgatore, che ha deciso di rivolgere un pensiero speciale proprio a chi si sente “meno” per aver preso un voto basso.
Il suo messaggio? Un invito a non ridurre la propria identità a un numero e a ricordare che la vita, quella vera, comincia adesso.
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“Porterei un mazzo di rose a tutti i maturandi che hanno avuto il minimo dei voti”
Il post di Ammendola non è solo un incoraggiamento: è una vera e propria presa di posizione contro la cultura del voto come etichetta. “Ora nella vita dimostrerete che i vostri giudici si sbagliavano. E che voi non siete i numeri che vi hanno appiccicato sulla fronte”, scrive lo psicologo, mettendo al centro l’unicità di ogni studente. E continua incoraggiando i ragazzi: “Siete complessità e dissonanze su uno spartito imprendibile”.
Quando il 60 vale molto più di un 100
A dare ancora più forza al messaggio, ci hanno pensato le testimonianze dei genitori. Una madre racconta della figlia uscita con 65/100 a causa di “mutismo selettivo e ansia scolastica”, che oggi è un esempio di forza e determinazione: lavora nel 118 e nella Protezione civile, ha preso il brevetto antincendio boschivo, è stata eletta nel direttivo, ha superato l’esame per il trasporto sanitario e sta svolgendo il servizio civile.
Molti utenti, nei commenti, ribadiscono proprio questo punto: il voto finale “è solo la fine di un percorso” e non ha il potere di decidere chi diventeremo davvero.
Meno voti, più misura: il dibattito sulle celebrazioni
Ma il post di Ammendola ha acceso anche una discussione parallela, altrettanto interessante. Tra i vari commenti c’è anche chi critica le celebrazioni eccessive legate ai diplomi. Un utente si domanda se a volere questi festeggiamenti siano davvero i ragazzi oppure i genitori, ponendo un interrogativo sul senso della misura.
Insomma, se da un lato c’è chi minimizza i voti bassi, dall’altro si riflette su come evitare di trasformare ogni traguardo in uno show.