Matteo Bortone
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carro armato

È scoppiato il caos attorno a una semplice comunicazione interna di un istituto scolastico di Udine, che è diventata in un attimo un caso politico nazionale. Lo scontro è partito all’interno della scuola secondaria di primo grado “Ellero” del capoluogo friulano.

Il motivo? Un incontro tra docenti e rappresentanti del Cimic Group, un reparto multinazionale interforze a guida italiana, rientrante nell'ambito della NATO.

L'iniziativa, presentata con una circolare ufficiale, comunicava che “alcuni docenti della Scuola Secondaria Ellero saranno interessati quali partecipanti nella simulazione di interazione tra contesto scolastico e coloro che operano in difesa dei civili in teatro estero”.

Il dettaglio che ha fatto scattare le proteste è stata, in particolare, la possibile presenza di “uno o due automezzi” del Cimic Group nel cortile dell'istituto. Tuttavia, la stessa comunicazione specificava che i mezzi sarebbero stati presenti mentre gli studenti erano in classe, escludendoli di fatto dall'interazione. Un avviso di trasparenza che, però, ha generato comunque l'effetto opposto.

Indice

  1. Le critiche: “Militarizzazione pure della scuola”
  2. La dirigente spiega: “Ricostruzione totalmente infondata”
  3. Gli studenti non sono coinvolti
  4. Il cambio di location

Le critiche: “Militarizzazione pure della scuola”

L’iniziativa della scuola ha acceso un forte dibattito sul fronte politico, con l'opposizione in Consiglio comunale che è andata subito all'attacco. Andrea Di Lenardo, capogruppo Avs-Possibile a Palazzo D'Aronco, ha definito la scelta “incomprensibile e gravissima” per un’istituzione scolastica.

Il consigliere ha parlato di un “pericoloso scivolamento verso la normalizzazione della presenza militare nei luoghi educativi”. Senza mezzi termini, Di Lenardo ha affermato: “Esprimiamo tutta la nostra contrarietà a questa simulazione a supporto dei contingenti Nato, con tanto di automezzi militari dentro il cortile”.

L'accusa più pesante è sulla gestione interna e sul messaggio dato: “Non risulta che il Consiglio d’istituto sia stato informato o abbia deliberato in merito. È inaccettabile che decisioni così delicate vengano prese senza alcuna trasparenza”. E ancora: “Ci opponiamo alla militarizzazione della società e ora pure della scuola. Mettere mezzi militari nel cortile di una media non è un gesto neutro: è un messaggio politico, e pure molto chiaro”.

Per Di Lenardo, non è tollerabile che “sotto la retorica delle missioni di pace, si spalanchino le porte dell’istituzione scolastica ai reparti militari”. Da qui la decisione: “Presenteremo un’interrogazione alla Camera con l’onorevole Grimaldi e una in Consiglio regionale. Pretendiamo risposte precise, responsabilità chiare e soprattutto che episodi simili non si ripetano più”. 

La replica, di segno contrario, è arriva dal consigliere regionale di maggioranza, della Lega, Marco Dreosto, secondo cui: "È fondamentale che i ragazzi possano confrontarsi" proprio a scuola "con chi ogni giorno garantisce sicurezza, disciplina, spirito di servizio e senso dello Stato".

La dirigente spiega: “Ricostruzione totalmente infondata”

Anche la dirigente dell’Istituto, Sara Cuomo, ha subito replicato parlando di “una ricostruzione totalmente infondata”. Cuomo ha chiarito che l'incontro riguardava esclusivamente operazioni di pace e attività umanitarie.

Non sono una persona di guerra e il mio interesse riguarda soltanto le attività umanitarie svolte da questi gruppi nei contesti internazionali più difficili”, ha precisato la dirigente.

Quanto alla comunicazione, la dirigente ha spiegato che era nata per semplice trasparenza: “Ho emesso la circolare unicamente per informare il personale e i genitori della possibile presenza di uno o due mezzi militari nel cortile, per evitare inutili allarmismi qualora fossero stati avvistati”. I veicoli, ribadisce, servivano solo per “accompagnare il personale che avrebbe incontrato i docenti”.

Riguardo, poi, al concetto di “simulazione”, al centro delle polemiche, Cuomo respinge l'idea di un'esercitazione: “Non era prevista alcuna simulazione, nessuna attività para-militare, nessuna dimostrazione operativa. Parlare di militarizzazione è una lettura fantasiosa”. Una simulazione, per la dirigente, può voler dire anche “soltanto mostrare delle slide o illustrare con parole e immagini il lavoro svolto in aree martoriate, dove questi gruppi salvano donne, bambini e civili”.

Gli studenti non sono coinvolti

La dirigente ha voluto mettere un punto fermo sul fatto che l'attività era esclusivamente rivolta al personale scolastico: “Non era prevista alcuna attività con gli studenti. Si trattava di una conversazione informativa tra alcuni insegnanti e militari impegnati in missioni di pace e diplomazia”.

Inoltre, ha specificato l’origine dell'iniziativa: “Era stata proposta da un rappresentante dei genitori, che svolge attività umanitarie nei contesti internazionali più delicati. Alcuni docenti avevano manifestato interesse a una breve presentazione”.

Cuomo ha anche chiarito l'aspetto procedurale e l'accusa di mancanza di trasparenza: “Se si fosse trattato di un progetto rivolto agli studenti, sarebbe passato obbligatoriamente dal Consiglio d’istituto e dal Collegio dei docenti. Ma qui si parlava esclusivamente di un incontro conoscitivo interno”. 

Per questo motivo, ha ribadito la dirigente, “non è stato violato nessun procedimento scolastico, proprio perché gli allievi non sarebbero stati coinvolti”.

Il cambio di location

Per sedare definitivamente le preoccupazioni, la dirigente Cuomo ha comunque annunciato un cambiamento logistico che risolve la questione della presenza dei mezzi militari a scuola: “Ho proposto che l’incontro si svolga direttamente nella sede del Cimic Group, per evitare la presenza dei mezzi nel cortile della scuola”.

La preside, al tempo stesso, ha però difeso la legittimità dei rapporti tra istituzioni: “Ogni ente dello Stato, dall’Esercito ai Vigili del fuoco, dalla Protezione civile al Comune, può interfacciarsi con le scuole quando richiesto. È sempre stato così e continuerà a esserlo nella massima trasparenza”.

Infine, si è dissociata dalle letture ideologiche innescate dall'episodio: “Se un semplice interesse conoscitivo viene interpretato, o forse volutamente presentato, come un atto politico, io me ne dissocio completamente”, ribadendo che “l’obiettivo era comprendere un’azione di tutela dei civili nei teatri di guerra, non certo inneggiare al conflitto”.

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