
Sono oltre 4 mila i docenti che hanno deciso di firmare una lettera indirizzata al ministro dell'Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara. “Caro ministro Valditara, questa volta non le scriviamo un’ingenua letterina da bambini sognatori. Le scriviamo una lettera amara, travestita da richiesta di Natale”, scrivono gli insegnanti.
Un grido d'allarme che riguarda questi professionisti, che ogni giorno dietro la cattedra vivono in una condizione di incertezza fatta di contratti a termine, trasferimenti forzati e un sistema che sembra ignorare il loro bisogno di stabilità.
“Siamo i docenti precari. Circa 300.000 persone che entrano in classe ogni settembre sapendo che a giugno verranno rimandate allo sbaraglio. Licenziate”, spiegano con durezza nella lettera, mettendo a nudo una realtà che spesso resta invisibile agli occhi degli studenti.
Il peso della formazione
I docenti, rivolgendosi a Valditara, denunciano come la formazione sia diventata una spesa economica insostenibile.
Tra concorsi che si susseguono, certificazioni e corsi abilitanti, le spese ammontano a “migliaia di euro in formazione obbligatoria”, somme versate senza che vi sia una reale garanzia di stabilizzazione.
Oggi, per diventare insegnanti di ruolo, bisogna superare una trafila infinita: un lungo percorso di studi, il concorso, l'abilitazione e l'anno di prova. Eppure, la pratica racconta una storia diversa, tra concorsi ripetuti uno dopo l'altro e corsi costosi che non portano alla meta.
Gli insegnanti, rivolgendosi a Valditara scrivono: “In cambio riceviamo un altro anno di precarietà, mentre nella legge di bilancio la voce sulle assunzioni è ferma a zero. Questa volta non chiediamo doni. Chiediamo giustizia”, sottolineando come la formazione rischi di premiare solo chi ha le possibilità economiche per sostenerla.
Una scuola fragile
Oltre alle difficoltà economiche e ai contratti precari, i problemi segnalati riguardano più in generale l'intero sistema educativo che questi prof vivono ogni mattina. La precarietà impedirebbe loro la continuità didattica, quel legame tra docente e studente che è alla base dell'apprendimento.
Sono, infatti, costretti a una mobilità continua, quasi fossero pedine su una scacchiera: “Cambiamo città, vita, affetti, colleghi e alunni con la stessa facilità con cui si compila un modulo. Dovremmo garantire continuità agli studenti… senza averne mai una per noi”.
Questa instabilità cronica rende ai loro occhi l'istituzione scolastica profondamente insicura. Secondo i docenti: “Una scuola costruita ogni anno da docenti sempre diversi è una scuola fragile. Copriamo le falle del sistema, ma non possiamo essere trattati per sempre come tappabuchi”.
La denuncia si fa ancora più pesante quando si parla di una precarietà “così stabile e strutturata” che accompagna alcuni lavoratori fino all'età della pensione, mentre altri si sentono “accantonati, sostituiti da algoritmi, titoli a pagamento, concorsi che premiano chi può permetterseli”.
La soluzione richiesta? Servono investimenti reali nel reclutamento per dare dignità a chi attende da anni il “giusto riconoscimento, un contratto a tempo indeterminato”.