
Dal rapporto dei test di valutazione Invalsi emergono molte più informazioni di quanto si pensi, basta incrociare le rilevazioni per capirne di più di come funziona o, meglio, non funziona la scuola italiana.
Ecco un identikit dettagliato sulla tipologia di studente che, negli ultimi anni, sta dando meno risultati in ambito scolastico e rischia quindi di lasciare gli studi.
PROVE INVALSI
- Contestate dagli studenti e, forse, ancora di più dai docenti, quest’anno le Prove invalsi terza media e superiori hanno dato i loro esiti. Sono tutti raccolti nel Rapporto Invalsi 2014 e non sono del tutto incoraggianti. Pur garantendo un assottigliamento del gap di competenza tra gli studenti delle regioni del Nord e quelli delle regioni del Sud, mettono comunque in evidenza lacune profonde. Ecco quali.
TECNICI E PROFESSIONALI
– Secondo Tuttoscuola, il divario tra nord e sud si fa sentire soprattutto in “terza media e aumenta nel secondo anno delle scuole secondarie superiori, dove a essere penalizzati (e questa è una conferma in negativo) sono gli istituti tecnici e professionali del Sud e delle Isole. Emerge ancora una volta una divisione, se pur un po’ attenuata rispetto al passato, tra l’Italia del Centro-Nord e quella meridionale. Poiché i dati sono campionari e, tutto sommato, hanno avuto un contenuto cheating (distorsione per interventi esterni), si può ritenere che quanto emerso dalle 6.610 classi campione sia sostanzialmente affidabile e veritiero”. Tutte le classi, lo ricordiamo, hanno svolto le Prove invalsi matematica e le Prove invalsi italiano.
SOS SICILIA
- Anief torna a ripetere che “gli ultimi dati ufficiali ci dicono che in Sicilia la mancanza di risorse e di mense scolastiche ha fatto sì che il tempo pieno nella scuola primaria è stato attivato solo per il 3 per cento degli alunni; mentre il tempo pieno in Lombardia è presente nel 90 per cento delle scuole primarie. Il risultato di questa discrepanza di offerta formativa è che al termine dei cinque anni di scuola primaria i bambini della Sicilia studieranno 430 giorni in meno, pari ad oltre 2 anni scolastici persi. Se a questi dati, che non hanno bisogno di commenti, aggiungiamo la mancanza di investimenti per combattere la dispersione e migliorare l'orientamento scolastico, risulta tutto più chiaro. Perché al Sud e nelle Isole alle “tare” del forte decremento demografico e del processo migratorio, si aggiunge quella dell’alto tasso di abbandono scolastico: alle scuole superiori vi sono province, come Caltanissetta e Palermo dove la dispersione supera il 40% di iscritti al primo anno”. Dati allarmanti, che il Ministero della pubblica istruzione dovrà necessariamente prendere in considerazione.
ALLARME ABBANDONI
- Nella “top ten” di province con più alunni dispersi delle superiori, stilata dal sindacato Anief, figurano subito dopo Ragusa, Sassari, Cagliari e Oristano. Non a caso “la Regione italiana che nel quinquennio 2009/2014 ha in assoluto perso più studenti della scuola secondaria superiore è stata la Sardegna: 6.903 allievi, pari al 36,2%. Va poi ricordato che quasi sempre sono ragazzi che diventano Neet: il fenomeno degli oltre due milioni di giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano (uno su quattro di quella fascia di età), ha le sue radici principali nell’abbandono scolastico. Si tratta di constatazioni e numeri che fanno ancora più impressione, dal momento che vengono resi pubblici proprio mentre l'UE continua a chiedere ai Paesi membri di raggiungere nel 2020 un tasso medio nazionale di abbandono non superiore al 10%. La situazione è effettivamente da allarme rosso. Occorre agire e anche in fretta”.Lorena Loiacono