
Puntuale come ogni anno, arrivano le discussioni sull'alternanza scuola/lavoro. Una delle domande più frequenti è se il periodo di alternanza per gli studenti può essere retribuito. La risposta non può essere più chiara: assolutamente no. L'errore che spesso si fa - soprattutto dal lato delle aziende ospitanti - è quello di confondere lo stage svolto come progetto di alternanza con un normale tirocinio. Portando agli abusi che ogni tanto balzano alle cronache, compresi gli incidenti sul lavoro per aver svolto mansioni che andavano oltre le indicazioni dei regolamenti sull'alternanza (a fronte, magari, di una 'mancetta'). Inoltre, da un’inchiesta condotta dall'Uds è emerso che il 57% degli studenti frequenta percorsi di alternanza non inerenti al percorso di studi e al 40% di studenti sono stati violati i diritti sul luogo di lavoro; il 38% degli studenti ha dovuto sostenere delle spese per sostenere le ore obbligatorie e la maggior parte degli studenti vorrebbe decidere sul proprio percorso di alternanza. Uno su tre ha addirittura pagato per partecipare al programma. Ma i soldi, in entrata o in uscita, non dovrebbero proprio girare.
Non si tratta di un'esperienza di lavoro
L’alternanza scuola lavoro intende integrare la formazione in classe con esperienze formative realizzate direttamente sul campo, nelle aziende. Dunque, è bene precisarlo, non è un’esperienza di lavoro. Il lavoro è retribuito, l’alternanza no. L’intenzione del ministero dell'Istruzione è, infatti, quella di consentire agli studenti di misurarsi con il sistema economico e produttivo per capirne le dinamiche e orientarli verso percorsi più consoni alle attitudini personali. Nulla di più.
La normativa di riferimento parla solo di 'acquisizione di competenze'
Stando a quanto dice il decreto legislativo n.77/2005 (primo tentativo d'introduzione del processo nel sistema scolastico), l'alternanza è definita una "modalità di realizzazione dei corsi del secondo ciclo, sia nel sistema dei licei, sia nel sistema dell'istruzione e della formazione professionale, per assicurare ai giovani, oltre alle conoscenze di base, l'acquisizione di competenze spendibili nel mercato del lavoro". La legge n. 107 del 2015, la "Buona Scuola", ha successivamente innovato questa materia, rendendola obbligatoria per tutte le scuole superiori. Dal 2015 sono previste, per gli ultimi tre anni di studio, ore dedicate a progetti di formazione e di esperienza lavorativa. Nel triennio le ore da dedicare a questa attività sono 400 negli istituti tecnici e professionali, 200 nei licei.
Anche in alternanza si rimane studenti
Dunque gli allievi che frequentano percorsi di alternanza scuola lavoro mantengono lo status di studenti. L’alternanza è da considerare una opportunità formativa e gli studenti non devono sostituire posizioni professionali; essi sono costantemente guidati nelle varie esperienze, sia nell'ambito dell’istituzione scolastica che presso il soggetto ospitante, da una o più figure preposte alla realizzazione del percorso formativo (tutor interno, tutor formativo esterno, docente interno, esperto esterno). Dunque sono da condannare situazioni in cui i ragazzi che hanno pulito bagni, fatto esclusivamente fotocopie, preparato caffè e altre "mansioni" del tutto fuorvianti dagli accordi previsti. Disposizioni ribadite dallo stesso Miur, nella nota 3355 del 28 marzo 2017.
La Carta dei diritti e dei doveri
Il Miur ha anche messo tutto nero su bianco, pubblicando la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro. Un documento normativo importante, un evidente passo in avanti. Viene infatti data la possibilità agli studenti di esprimere valutazioni sia durante che al termine del percorso. Non solo: i provvedimenti disciplinari rientrano nell'alveo di quanto previsto dallo Statuto delle studentesse e degli studenti ed è previsto l’obbligo di informazione sui percorsi e sulle sue finalità nei confronti degli studenti. Ultimo, ma non meno importante, è sancito il principio della coerenza tra percorso in alternanza e percorso di studio seguito.