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studenti in aula

Fare l’insegnante oggi è una professione meno prestigiosa di un tempo, ma ancora molto amata da chi la sceglie. Lo dice la quarta grande indagine nazionale sulle condizioni di vita e di lavoro dei docenti, condotta dall’Università di Milano-Bicocca in collaborazione con l’istituto IARD e la Bolton for Education Foundation.

La ricerca ha coinvolto 9671 insegnanti di 400 scuole italiane, rendendo questo studio uno dei più ampi e continuativi approfondimenti sul tema mai svolti in Italia (la prima risale al 1990, poi replicate nel 1998, nel 2008 e oggi).

E i risultati parlano chiaro: l’84% degli insegnanti ritiene che negli ultimi dieci anni il blasone della professione sia calato. Eppure, l’88% dei docenti sceglierebbe di nuovo questo lavoro se potesse tornare indietro. Una contraddizione solo apparente, che mostra quanto la scuola stia cambiando e quanto i professori trovino soddisfazione in ciò che fanno, nonostante le difficoltà.

Indice

  1. Meno prestigio, più funzione sociale
  2. Perché rifarebbero questa scelta
  3. Un mestiere che cambia
  4. Gli insegnanti e l’IA: più aperti del previsto

Meno prestigio, più funzione sociale

Il calo di prestigio è percepito, dunque, dalla gran parte dei docenti. E cresce anche la convinzione che la situazione non migliorerà: rispetto a 17 anni fa, è il 15% in più a ritienere che il riconoscimento della professione continuerà a diminuire.

Ma c’è un dato positivo: il 58% degli insegnanti considera oggi il proprio lavoro una vera funzione sociale, che richiede competenze sempre più ampie, dal rapporto con i giovani alla collaborazione con colleghi e famiglie.

Perché rifarebbero questa scelta

Nonostante il pessimismo sul prestigio, la soddisfazione personale rimane però elevata. Rispetto al 2008, cresce la gratificazione derivante dagli stimoli culturali e professionali (+11%), dalla collaborazione con i colleghi (+13%) e dai rapporti con altri adulti del proprio contesto scolastico (+12%).

Colpisce, in particolare, l’aumento della soddisfazione rispetto ai rapporti con i genitori degli studenti (+18%): un dato che ribalta la narrazione comune fatta di conflitti tra scuola e famiglie.

Un mestiere che cambia

Secondo il professor Gianluca Argentin, che ha diretto la ricerca, "non è vero che la scuola è un monolite immobile, al contrario gli insegnanti, se li si guarda in prospettiva lunga, mostrano di aver già cambiato il loro ruolo, sia nella funzione educativa, sia in termini di competenze pensano di dover avere".

Le trasformazioni riguardano soprattutto le competenze psico-pedagogiche: se nel 2008 il 56% degli insegnanti le riteneva fondamentali, oggi la percentuale sale al 69%. Lo stesso vale per la conoscenza dei giovani (dal 54% al 67%) e per la sensibilità d’animo, considerata cruciale da 7 insegnanti su 10.

Gli insegnanti e l’IA: più aperti del previsto

La ricerca fotografa anche l’atteggiamento dei docenti verso l’arrivo dell’intelligenza artificiale in classe.

Quando la questione è stata posta, nella primavera 2023, pochi mesi dopo il boom del fenomeno, meno di un insegnante su cinque (18%) si è detto del tutto contrario. Il 42%, invece, si è dichiarato "favorevole" o "più favorevole che contrario" all’uso dell’IA da parte degli studenti, con una maggiore apertura tra i docenti delle scuole superiori.

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