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Concetti Chiave

  • Il sorriso del neonato si sviluppa in tre fasi: riflesso, sociale e sociale selettivo, ognuno con caratteristiche specifiche.
  • Il sorriso riflesso è involontario e non dipende da stimoli visivi, manifestandosi alla nascita.
  • A partire dal secondo mese, il sorriso diventa sociale, rispondendo agli stimoli visivi, specialmente ai volti umani.
  • Il pianto inizialmente segnala bisogni fisiologici, come fame o dolore, con ritmi e intensità variabili.
  • Dal terzo mese, il pianto assume una funzione comunicativa, legata a bisogni psicologici e di attenzione sociale.

Indice

  1. Il ruolo del sorriso nel neonato
  2. Evoluzione del pianto nel neonato

Il ruolo del sorriso nel neonato

Il sorriso è un comportamento fondamentale per lo sviluppo emotivo-relazionale e sociale del neonato.

Nel primo anno di vita si osservano tre fasi del sorriso:

• il sorriso riflesso: alla nascita il sorriso è una risposta endogena involontaria, causata dai cicli neurofisiologici di eccitazione o rilassamento e non avviene a seguito di determinati stimoli visivi.

• il sorriso sociale: dal secondo mese, il sorriso diventa una risposta esogena allo stimolo visivo del volto umano.

In seguito, il sorriso inizia ad essere usato come risposta strumentale dal neonato, ovvero per raggiungere uno scopo (per esempio attirare l’attenzione della madre).

• il sorriso sociale selettivo: il sorriso è un canale espressivo vero e proprio, infatti, il bambino discrimina i propri familiari dalle persone estranee, alle quali non sorride o sorride meno.

Evoluzione del pianto nel neonato

Il pianto è il comportamento finalizzato alla segnalazione più significativo. In una prima fase, il pianto è dovuto principalmente a fattori fisiologici.

Esistono vari tipi di pianti, differenti per ritmo e intensità: il pianto da fame inizia in modo lento e aritmico, per poi diventare sempre più intenso e ritmato; il pianto da dolore è intenso sin dall’inizio; il pianto da collera ha la stessa sequenza del pianto da fame, ma cambia la lunghezza delle varie componenti.

Successivamente, a partire dalla terza settimana circa, il pianto viene utilizzato dal bambino come un comportamento per attirare l’attenzione dell’adulto e viene legato a bisogni psicologici e sociali. Ad esempio, il pianto può dipendere dall’angoscia di separazione e paura degli estranei: il bambino piange perché scompare il familiare ed è da solo con un estraneo.

Domande e risposte