Il primo articolo della Costituzione italiana afferma che l’Italia è fondata sul lavoro e che la Repubblica dovrebbe promuoverne le condizioni per rendere questo che è a tutti gli effetti un diritto; sebbene sia utopico credere che ciò possa avere un riscontro immediato e essere effettivo nella società attuale.
La maggior parte degli studenti che si preparano ad entrare nel mondo del lavoro dichiarano di non aver ricevuto un’istruzione sufficiente nelle scuole superiori e che la scelta universitaria cambierà il loro destino lavorativo, tentando anche di colmare le lacune lasciate dai precedenti studi.
Come evidenziato nel rapporto Isfol del 10 novembre 2007 in Italia si lavora in primo luogo come precari, condizione che si mantiene per un lungo periodo. Il dato più interessante è la forte discrepanza tra la domanda e l'offerta del lavoro, le poche possibilità di carriera e l'alta richiesta di esperienza già nei giovani appena diplomati.
Questo discorso vale per i lavori che richiedono un titolo e negli altri mestieri?
Nel passato il lavoro non era visto come un’attività nobile, perché gli schiavi erano intenti ai mestieri manuali:
“Il lavoro nell'antichità non aveva il valore morale che gli è stato attribuito da venti secoli di cristianesimo e dalla nascita del movimento operaio. Il disprezzo per il lavoro manuale è apparso a molti come contropartita della schiavitù e, nel contempo, causa del ristagno delle tecniche. Dell'esistenza di questo disprezzo si potrebbero dare molteplici prove. Nella Politica Aristotele esalta il fatto che i cittadini abbiano tutto il tempo libero «per far nascere la virtù nella loro anima e perché possano adempiere i loro doveri civici». È la stessa nozione dell'otium cum dignitate che appare come l’ideale di vita degli scrittori romani alla fine della Repubblica e all'inizio dell'Impero. Ciò significa affermare anche che il lavoro è un ostacolo a questo tipo di vita e, quindi, una degradazione.”
Anche oggi per questi lavori la situazione è sicuramente più complicata. L. Ricca in un suo testo del 1988 sulla tutela dei lavoratori evidenzia dati preoccupanti per i lavoratori e per coloro che dovrebbero tutelarli.
Dal 15 maggio 2008 con il decreto legislativo del 9 aprile 2008, n. 81 nella legislazione italiana vigono delle norme in tutela del lavoratore, che prevedono anche l'arresto fino a 18 mesi e sanzione amministrativa fino a 24 mila euro per chi non rispetta le norme di sicurezza e tutela sul lavoro..
Questo provvedimento è stato reso necessario anche dagli eventi ed infortuni che hanno portato a ridisegnare “la materia della salute e sicurezza sul lavoro le cui regole – fino ad oggi contenute in una lunga serie di disposizioni succedutesi nell’arco di quasi sessanta anni – sono state rivisitate e collocate in un’ottica di sistema".
Nonostante ciò, i problemi per i lavoratori italiani non sono cambiati: “Tutto il tempo perduto a causa degli infortuni rappresenta ore-lavoro e ore-macchina aggiunte al tempo richiesto per produrre una data quantità di beni o di servizi e, di conseguenza, riduce la produttività aziendale….A parte le perdite dirette di tempo, allorché il lavoro viene interrotto a causa di un infortunio, condizioni pericolose di lavoro comportano un rallentamento delle lavorazioni stesse, poiché gli operai devono stare in guardia e muoversi e lavorare con maggiore attenzione e prudenza di ciò che sarebbe invece necessario se non esistesse il pericolo stesso. Di particolare importanza, a questo riguardo, sono ad esempio, le trasmissioni dei motori, le cinghie di trasmissione e le parti mobili delle macchine nelle cui vicinanze gli operai sono costretti a lavorare oppure a passare.”
Le morti continuano ad essere in numero preoccupante, la sicurezza sembra non bastare mai. “L’ambiente di lavoro, non rappresenta soltanto un’accezione più ristretta della nozione di ambiente, ma si caratterizza in termini assai diversi. Anche esso costituisce infatti l’oggetto di una normativa amministrativa e penale diretta a garantire la salute dei lavoratori addetti ad attività particolarmente rischiose, e che in taluni ordinamenti impone alle imprese l’adozione di sistemi generali di controlli preventivi;…ma sovente è dato riscontrare disposizioni che, attraverso la garanzia della salute a livello di rapporto individuale, attuano una vera e propria tutela dell’ambiente di lavoro come oggetto di una situazione soggettiva specifica del prestatore di lavoro, autonomamente tutelabile.…»
Bisogna dire, però, che queste problematiche non appartengono soltanto alla nostra società, piuttosto solo recentemente lo Stato e la stampa sta dando voce a queste vere e proprie tragedie familiari.