Concetti Chiave
- Catone si opponeva all'influenza ellenistica, sostenendo il mos maiorum come modello educativo essenziale, mentre Cicerone promuoveva una fusione culturale tra Grecia e Roma.
- Seneca enfatizzava un'educazione umanista, volta alla realizzazione delle qualità umane, promuovendo la fratellanza universale e un'educazione pratica per la vita.
- Quintiliano valorizzava l'educazione basata sulla fiducia, l'apprendimento continuo e l'assenza di punizioni fisiche, sottolineando l'importanza di insegnanti autorevoli e preparati.
- Il sistema scolastico romano, influenzato dalla cultura greca, prevedeva tre livelli educativi, con un forte accento sulla preparazione militare e oratoria, oltre all'insegnamento giuridico formale.
- Quintiliano criticava le punizioni fisiche per i danni psicologici che causano, sostenendo che minano la fiducia del bambino e compromettono la relazione educativa.
Indice
Catone e il mos maiorum
Catone, detto il Censore, si oppose all’assimilazione di tutti i tratti ellenistici e orientali poiché egli riteneva che questi ultimi avrebbero portato cambiamenti negativi all’interno della società romana. Catone riteneva che il mos maiorum (il costume degli antenati) dovesse essere l’unico modello di riferimento culturale ed educativo da seguire e da trasmettere.
Cicerone e la fusione culturale
A differenza di Catone, invece, Cicerone favorì la fusione tra la cultura greca e quella romana. Infatti, pur se legato alla tradizione classica, Cicerone accolse le conquiste filosofiche, educative e politiche raggiunte dai Greci e ne fece una propria interpretazione. Catone si dedicò all’educazione del figlio Marco, al quale scrisse la raccolta di lettere Ad Marcum filium, prima persona insegnando la lettura, la scrittura e il calcolo, dedicandosi all’addestramento militare e alla formazione morale. Il modello pedagogico di Catone si può racchiudere nell’espressione “vir bonus, dicendi peritus”: uomo dalle elevate doti morali, esperto nell’arte del discorso. Nella concezione educativa di Catone, espressa nella lettera al figlio Marco, emerge una visione di educazione mirata ad azioni concrete, da realizzare con onestà e nel rispetto della famiglia e delle leggi. Sulla stessa linea, si trovava Cicerone, il quale indicava nell’educazione lo strumento privilegiato per far rinascere nei cittadini l’amore per la virtù, per gli dei e per il rispetto delle leggi. Cicerone, nella sua opera De oratore, individuò nella figura dell’oratore il prodotto di una formazione politica, culturale e morale. Questo ritratto è il simbolo di humanitas, che si traduce nell’idea di piena realizzazione delle potenzialità interiori, politiche, sociali e culturali della persona, raggiungendo la vetta dell’eccellenza.
Seneca e l'umanesimo
Seneca, sulle orme di Cicerone, delinea la figura dell’intellettuale umanista, ovvero di un pensatore il cui primo interesse sono le qualità dell’essere umano e la via della loro piena realizzazione. Il sapiente, per Seneca, non vive separato dal mondo ma condivide la fatica del vivere con gli individui comuni: egli non possiede completamente le virtù, ma con impegno e responsabilità, riconoscendo i propri vizi, cerca di raggiungerle. Secondo Seneca, tutti possono essere saggi purché desiderino farlo con assiduità. Nella concezione di Seneca è presente il principio della fratellanza universale secondo la quale gli esseri umani sono tutti fratello perché tutti membri del grande corpo della natura. L’educazione, secondo Seneca, non ha tratti sistematici ma affida al sapiente la funzione di educatore fornendo un modello di moralità per tutti gli individui e concepisce la cultura come un insegnamento per la vita e si mostra contrario al puro nozionismo. È nelle Lettere a Lucilio che il filosofo racchiude la sua concezione pedagogica secondo la quale l’educazione ha cinque scopi fondamentali: quello di educare alla vita e per la vita, quello di orientare al bene l’azione umana, quello di curare e nutrire la propria vita interiore, quello di raggiungere la consapevolezza di sé stessi e, infine, quello di imparare ad essere esigenti con sé stessi ed essere indulgenti con gli altri.
Quintiliano e l'educazione ideale
Quintiliano, invece, nell’Istitutio oratoria indica negli educatori e nei formatori un fattore fondamentale per la realizzazione del modello pedagogico ideale. Egli esorta i familiari alla cura dell’educazione dei figli con attenzione ai loro bisogni e gli insegnanti perché affrontino il loro compito con attenzione alle effettive risorse intellettive dei propri figli. Secondo Quintiliano, la figura dell’educazione si modella su un ideale di autorevolezza volta a raggiungere i migliori risultati di apprendimento e formazione dal punto di vista della relazione umana con l’allievo. La responsabilità educativa degli adulti deve apparire come un compito da assolvere con piacevolezza nella consapevolezza delle proprie capacità educative e delle capacità di apprendimento degli allievi. Nell’Istitutio oratoria, Quintiliano declina in maniera innovativa l’ideale di humanitas di Cicerone, arricchendolo di altri temi pedagogici:
- in primis, l’invito ad avere fiducia nell’attività educativa, poiché credere nella necessità e nella validità dell’educazione per lo sviluppo e per la piena realizzazione di tutte le facoltà umane per predisporsi in modo positivo alla riflessione sui problemi educativi e alla ricerca di buone soluzioni
- in secondo luogo, l’idea dell’apprendimento come risorsa imprescindibile per la completa realizzazione della natura umana. Quintiliano, infatti, è convinto che la capacità di apprendere sia propria di ogni individuo e afferma che l’educazione produce sempre un effetto positivo
- la necessità di insegnanti autorevoli e non autoritari che abbiano una eccellente preparazione dal punto di vita dell’acutezza psicologica e sulle qualità morali e che non ricorrano alle punizioni corporali
- la concezione dell’istruzione come esperienza piacevole che deve garantire all’allievo soddisfazione e desiderio di apprendere e fare nuove scoperte
- l’idea della necessità di imparare per tutto il corso della vita.
Per questi concetti, l’Istitutio oratoria può costituire ancora oggi un valido termine di confronto per chi sceglie l’educazione e la pedagogia come ambito di attività professionale e di studio.
Il sistema scolastico romano
Con il passare del tempo, a Roma si sviluppa un sistema scolastico che presenta, sulla linea greco-ellenistica, la ripartizione del percorso formativo nei tre livelli primario, secondario e superiore, ma che allo stesso tempo mantiene un carattere privato e incentrato sulla preparazione militare secondo la tradizione latina. A circa sette anni gli allievi, per lo più i maschi, iniziavano la scuola primaria: il ludus litterarius nel quale gli alunni apprendevano gli elementi base della lettura, della scrittura esercitandosi su una tavoletta di cera e del calcolo, del quale si occupava il calculator. A dodici anni, solo i ragazzi aristocratici accedevano all’istruzione secondaria: la scuola del grammaticus nella quale avveniva la formazione grammaticale e letteraria e avviava gli allievi allo studio degli scrittori classici. La scuola secondaria terminava con la cerimonia dei liberalia nella quale, il ragazzo, a circa 16 anni, si liberava dalla toga adolescenziale per indossare quella da uomo adulto e iniziare il tirocinium fori, un anno di preparazione all’ingresso nella vita pubblica. Successivamente arrivava il tempo degli studi superiori nella scuola di retorica sotto la guida del magister dicendi: il maestro di oratoria. L’insegnamento, secondo il curricolo greco, aveva l’obiettivo di formare ottimi cittadini abili nel praticare l’arte del discorso per agire politicamente e distinguersi nei dibattimenti pubblici. Il diritto fu una delle grandi creazioni dei Romani incentrato sulla figura dell’esperto del diritto, lo iuris prudens. All’inizio, l’insegnamento del diritto aveva un carattere informale e pratico: il maestro, infatti, non impartiva lezioni ma si offriva come esempio e modello da seguire. Grazie a Cicerone la formazione giuridica romana divenne istituzionale e, all’insegnamento pratico, si aggiunse quello teorico e il professore di diritto divenne una figura professionale autonoma.
Quintiliano contro le punizioni corporali
Quintiliano, nel descrivere la figura ideale dell’educatore, evidenzia l’importanza di evitare le punizioni corporali in quanto queste ultime recano gravi danni allo sviluppo psicologico dell’educando. Inoltre, a lungo tempo, la violenza fisica rovina la relazione tra l’adulto e il bambino provocando ad entrambi le parti frustrazione e senso di impotenza poiché il minore non capisce come sia possibile essere picchiato dalle stesse persone che si prendono cura di lui generando incertezza e smarrimento. Con il passare del tempo, infatti, il bambino perde la fiducia in sé stesso e cade vittima di stati d’ansia che, da adulto, lo renderanno incapace di prendersi cura di sé.
Domande da interrogazione
- Quali sono le principali differenze tra la concezione pedagogica di Catone e quella di Cicerone?
- Come Seneca concepisce l'educazione e qual è il suo scopo principale?
- Quali sono le caratteristiche fondamentali del sistema scolastico romano?
- Qual è la posizione di Quintiliano riguardo alle punizioni fisiche nell'educazione?
- In che modo Quintiliano arricchisce l'ideale di humanitas di Cicerone?
Catone si opponeva all'assimilazione di tratti ellenistici, sostenendo il mos maiorum come unico modello educativo, mentre Cicerone favoriva la fusione tra cultura greca e romana, accogliendo le conquiste filosofiche e politiche greche.
Seneca vede l'educazione come un insegnamento per la vita, non sistematico, che mira a orientare al bene, curare la vita interiore e raggiungere la consapevolezza di sé, promuovendo la fratellanza universale.
Il sistema scolastico romano era diviso in tre livelli: primario, secondario e superiore, con un carattere privato e un'enfasi sulla preparazione militare, seguendo la tradizione latina.
Quintiliano si oppone alle punizioni corporali, sottolineando i danni psicologici che causano, come la perdita di fiducia in sé stessi e l'ansia, che compromettono lo sviluppo dell'educando.
Quintiliano arricchisce l'ideale di humanitas con temi pedagogici come la fiducia nell'educazione, l'apprendimento come risorsa imprescindibile, e la necessità di insegnanti autorevoli ma non autoritari.