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recensione one piecePiù di 350 milioni di copie vendute in tutto il mondo, quasi 1.100 capitoli, oltre 20 anni di serializzazione: One Piece, il celebre manga di Eichiro Oda, non ha davvero bisogno di presentazioni. Numeri che parlano di un fenomeno globale che negli anni ha saputo raggiungere il pubblico di tutte le età.
Chi invece non ha mai avuto modo di avvicinarsi all'opera di Oda, potrà farlo con la nuova serie targata Netflix: una buona occasione per recuperare uno dei manga più venduti dell'ultimo ventennio. Ma come spesso accade, c'è sempre grande timore intorno alle trasposizioni in carne e ossa degli anime.

Il rischio di fallire è sempre elevato, specie quando ci si trova davanti ad un prodotto cartoonesco molto complicato da trasporre. E' stato così per le recenti serializzazioni di 'Death Note' e de 'I Cavalieri dello Zodiaco', e lo fu ai tempi (ormai quasi 20 anni fa) con 'DragonBall Evolution'. Esperimenti da dimenticare che ancora oggi vengono ricordati con poca nostalgia dai fan. Ma dopo aver visto gli otto episodi del prodotto confezionato da Matt Owens possiamo affermare con certezza che questa volta le cose sono andate diversamente. E in questa recensione dedicata alla serie One Piece di Netflix vi spieghiamo cosa funziona secondo noi, e cosa ci ha convinto di meno, di questi primi 8 episodi.

Eichiro Oda, una garanzia

Per chi ama questa storia è davvero difficile riuscire a giudicare il live action. I paragoni col manga sono frequenti ed è ovvio che se si cerca un prodotto dello stesso livello, non si può che fallire. Nonostante tutto però questa serie è riuscita a rispettare l'opera originale, replicando il 'mood' di One Piece e consegnando – certo, in modo diverso – alcune delle sensazioni del manga. Forse è stata la mano invisibile di Eichiro Oda – supervisore del progetto durante tutto l'arco delle riprese – o forse l'interpretazione degli attori: sta di fatto che queste prime otto puntate di One Piece funzionano, e alla grande.

La presenza dell'autore ha certamente aiutato e con molta probabilità è proprio suo il merito se alcuni rimaneggiamenti di trama hanno funzionato. D'altronde, di fronte ad un'opera talmente immensa, il fattore tempo gioca un ruolo essenziale e alcuni tagli appaiono fondamentali. Tuttavia, le dovute modifiche non tolgono nulla alla narrazione che riprende fedelmente i primi volumi del manga, rimescolando un po' le carte.

Ad esempio, la storia comincia in corso d'opera – e non con il passato di Luffy, come accade nel primo volume del manga – dedicando all'infanzia del protagonista solo alcuni flashback, sapientemente orchestrati nelle prime puntate. Così facendo, ecco che questi primi 8 episodi riescono a comprimere ben 95 capitoli dell'opera originale: non sarebbe stato possibile senza l'occhio vigile di Eichiro Oda.

La cura dei dettagli nelle ambientazioni e nei personaggi

La presenza del 'mangaka' è senza dubbio riscontrabile anche nella cura dei dettagli, in particolare per quanto riguarda scenari e ambientazioni. I luoghi riprodotti nella serie sembrano ricalcare in maniera fedele gli spazi immaginati e disegnati da Oda. Il ristorante Baratie, la base della marina di Shells Town, la fortezza di Arlong Park sembrano usciti dalle pagine del manga. Non dispiace la CGI, doverosa in alcune riprese, e forse un po' 'debole' nei momenti in cui Luffy si allunga. E poi ci sono loro, i protagonisti.

Ben riuscito il risultato finale della ciurma: l'allegria contagiosa di Inaki Godoi si sposa benissimo con il personaggio di Luffy, così come Mackeniu Maeda – veterano dei live action – appare perfetto per interpretare Zoro (specie quando estrae le lame, essendo anche lui un vero maestro di spada). Lo stesso si può dire del Sanji di Taz Skylar, che per la parte si è ispirato a 'Le Iene' di Tarantino (così come fece lo stesso Oda all'epoca: Sanji, infatti, è tratto da Mr. Pink). Un gradino sotto Emily Rudd, che nei panni di Nami fa sicuramente del suo meglio eppure non riesce a rendere pienamente le sfaccettature del carattere della giovane piratessa. Ma, in generale, possiamo dire che il cast dei protagonisti ci ha convinti pienamente.

Non si può dire lo stesso di alcuni antagonisti. Per dire, il feroce Morgan mano d'ascia, rappresentato nel manga come un energumeno alto quasi tre metri, nella serie Tv è alto forse poco più di Zoro, e l'attore che lo interpreta (Langley Kirkwood) non è esattamente una montagna di muscoli. Allo stesso modo McKinley Belcher, l'attore che interpreta Arlong, non riesce ad intimidire come il suo personaggio: il pericoloso Uomo-Pesce, capace di sbriciolare ogni cosa con un singolo morso, sembra più una versione caricaturale del Davy Jones di 'Pirati dei Caraibi'.

Molti poi i personaggi secondari praticamente uguali a quelli che abbiamo ammirato nell'opera, come Shanks, Kuro, Zeff e Buggy, anche se quest'ultimo è molto aiutato dalla straordinaria interpretazione di Jeff Ward. Dunque, anche nella trasposizione dei personaggi i produttori sono rimasti fedeli al lavoro originale, riprendendo l'estetica di Oda, specialmente per quanto riguarda trucchi e costumi. Riuscendo a volte bene e, come era lecito aspettarsi, altre volte male: Mihawk, ad esempio, somiglia più a un cosplay uscito dal 'Lucca Comics'.

Considerazioni finali: One Piece promosso, ma il difficile deve ancora arrivare

Se fin qui vi siamo sembrati troppo accomodanti è solamente perché stiamo parlando di un'opera che è un crescendo sotto tutti i punti di vista, partendo dalla complessità della trama, fino ad arrivare ai personaggi stessi. Nulla di strano, è la caratteristica degli shonen giapponesi, dove il susseguirsi di eventi aggiunge nuovi elementi alla trama, infittendola sempre di più. Nel caso di One Piece ciò si traduce con nemici sempre più bizzarri e strampalati – ricordiamoci dei poteri dei frutti del diavolo - difficili da rendere nella realtà, e in ambientazioni assurde, la cui trasposizione potrebbe non essere così scontata.

Motivo per cui la vera sfida sarà l'ipotetica seconda stagione: pensiamo, ad esempio, al prossimo membro che dovrebbe unirsi alla ciurma o all'arco di 'Skypiea', un'isola sospesa nel cielo che galleggia tra le nuvole. Ecco perché, nonostante le perplessità legate a questa prima serie, si può dire con certezza come i primi capitoli dell'opera siano quelli che più di tutti si prestano alla trasposizione nella realtà: e dovendo giudicare questa prima 'fatica', Netflix si è guadagnata la promozione. Era davvero difficile mettere in scena un adattamento migliore di questo: e la serie live action ha indubbiamente superato le nostre aspettative. L'ultima parola però, come sempre, spetta al pubblico: in particolare agli spettatori che di One Piece non sanno nulla. Saranno loro il vero ago della bilancia.