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Il Collegio 7 prof zilliIl Collegio 7 è il docu-reality che ha incantato il pubblico Rai fin dalla sua prima messa in onda, ormai 6 anni fa. Ogni stagione ha reso protagonista una scolaresca diversa, ma spesso nel corso delle edizioni il corpo docenti è rimasto invariato, anche se quest’ultima edizione ha visto un rinnovamento inaspettato, ma non per questo meno gradito dal pubblico.
Fonte foto RaiPlay
Tra le new entry di quest’anno vi è il prof Andrea Zilli, l’insegnante di applicazioni tecniche, che ha conquistato un posto nel cuore degli studenti e dei telespettatori, e che si è prestato a rispondere a una serie di domande sul programma e sul suo ruolo da insegnante, svelando i trucchi e i segreti della tv e del suo mestiere.

Che insegnante è Andrea Zilli, il prof di applicazioni tecniche del Collegio 7

Andrea Zilli ha iniziato a insegnare a 17 anni, prima diventando maestro e poi professore e ancora oggi continua a insegnare nelle scuole pubbliche, ma cosa lo spinge a continuare il suo lavoro? A rispondere è proprio lui, il Prof Zilli: “La scuola è diventata sempre più strutturata, più “azienda”, i programmi più standardizzati, ma il tutto non mi hanno scoraggiato - ha annunciato - . Restano il cuore e il cervello. La passione per gli studenti ci rende flessibili a ogni nuova “riforma”, a ogni governo, a presidi poco capaci, alle invidie di certi colleghi.”

Zilli ha quindi ammesso di essersi innamorato dell’insegnamento e di voler continuare il suo lavoro con i ragazzi, anche dopo l’avventura del Collegio: “Lavorare con i “discenti”, essere al tempo stesso determinato, rigoroso con le regole, ti porta poi a potenziare la tua forza di volontà. Da parte mia è importante trasmettere amore per la conoscenza, costruire il senso critico, prima che le nozioni. L’insegnamento non è da tutti. Devi sopportare chi non ti sopporta, sacrificare il tempo libero, e ammalarti anche di troppo lavoro. Ma se ami il tuo lavoro, le giornate a scuola sono piacevoli. Se vivi l’insegnamento come opportunità per un posto fisso, il lavoro si trasforma in “impiego” meccanico: alla lunga demotivi te stesso e pure gli studenti.”

E, a proposito di impegno, Zilli era occupato anche nel ruolo di educatore per i minori stranieri non accompagnati, occupazione che però ha abbandonato, non senza rammarico: “ Mi è dispiaciuto lasciare l’incarico che ricoprivo da tanti anni, però mi rincuora il fatto di aver aiutato moltissimi minori vulnerabili. Arrivavano da situazioni di disagio socio-familiare. Dai Servizi Sociali o dal Tribunale veniva disposto un percorso di reinserimento sociale. Un modo per scongiurare emarginazione e deviazione.”

Ma il prof Zilli non è un insegnante come tanti, bensì è stato molto precoce nel percorso che l’ha portato a sedersi dietro la cattedra, con il primo incarico ricoperto ad appena 17 anni. Nonostante ciò, il prof tiene a rassicurare i ragazzi che tutti hanno i propri tempi: “A mio avviso non è importante fare tutto velocemente, correre, bruciare le tappe. La cosa essenziale è prendere la giusta via. Ai miei studenti dico sempre: «Non è importante quanto bravi già siete, ma quanto aspirate a diventarlo sempre più!». Non bruciare le tappe significa vivere rispettando l’età che si ha. Io però ho sempre avuto la tendenza a voler anticipare il tempo e a vivere come se fossi più grande. Pensavo di non avere tempo e cercavo di vivere ogni momento al massimo. Per me nulla era più importante che mettere passione e adrenalina in ogni mia avventura. L’impeto di bruciare le tappe mi portava talvolta a commettere degli errori con gli occhi bendati dall’innocenza e dall’inesperienza.
Oggi penso che tutto nella vita abbia il suo momento. Ai ragazzi dico sempre di fare le cose al meglio nel momento in cui vivono. Per dare valore alla tua vita, devi farlo costruendo le abilità dell’attimo. Ora è il momento dello studio. Ebbene, fallo con impegno e passione, come un artista. Ti potrai laureare in pochi anni, essere indipendente, se lo vorrai, oppure dare una mano in famiglia, ed essere orgoglioso di te stesso.”

Il Prof. Zilli: “La mia missione nel Collegio 7? Far rispettare l’istituzione scolastica”

Ora però, dopo essere stato al Collegio 7, la popolarità del prof ha subito senza dubbio un’impennata, e a raccontarlo è lo stesso Zilli, che ammette: “Oggi capita che molti mi riconoscano. Sono una persona molto riservata, e quella abitudine l'ho introiettata sin da bambino. Non condivido molto di me, cerco di limitare le apparizioni pubbliche, specie da quando sono iniziate le puntate del docu-reality. I followers che ho su Instagram non sono molti. Provengo da una famiglia che mi ha insegnato a stare sempre con i piedi per terra. Cosa, questa, che non mi è affatto difficile. - Ma ha tenuto a precisare - Penso che il successo possa essere un’arma a doppio taglio. Hai grandi soddisfazioni ma ancor più grandi croci. Essere persone umili nella vita non significa sentirsi inferiori, né avere un atteggiamento passivo e remissivo, ma vuol dire aprire la finestra del cuore alle piccole cose della vita. Bisogna esprimere gratitudine per ogni cosa, anche la più piccola. Dobbiamo restituire valore ai piccoli tasselli che colorano l’esistenza, senza la quale non esisterebbe l’opera d’arte chiamata “vita”.”

Il successo, oltre che fuori da casa, lo ha seguito anche su Instagram e TikTok, come ha accennato, ma che opinione ha il prof dei social? “Ho aperto un profilo Facebook (andrea.zilli1990), uno Instagram (@andreazilliofficial) e uno su TikTok (@prof.zilliandrea)” ha ammesso, e ha quindi continuato: “Si sa che i social media rappresentano dei rischi, specie per i nostri ragazzi. Nel mondo digitale, i giovani hanno incontri stimolanti per loro, ma che ti portano a isolarti o incrociare relazioni pericolose. Con i social si realizza inoltre troppo presto il confronto sociale, la continua comparazione e competizione con gli altri, per capire chi si è e che cosa si vuole. I minori pubblicano un video, una foto, iniziano a contare in continuazione i loro like, se sono più o meno popolari dei compagni. È una corsa continua, che può generare ansia, depressione, e recitare qualsiasi parte per ottenere “più like”. La gara ti spinge ad azioni di disturbo persino a te stesso per farti notare. Pensiamo alle foto “rubate” in pose non ottimali di compagni di classe o di colleghi insegnanti. È facile essere vittime o carnefici di bullismo digitale. Se poi un giovane dovesse pentirsi del proprio gesto, non potrebbe farlo. Se cancellasse, ad esempio, la foto, il fatto di averla già inviata ti impedisce di bloccarla. È troppo tardi, il danno è fatto”.

Le esperienze da cui il prof Zilli ha attinto per insegnare nel collegio sono molte e variegate, soprattutto legate a ciò che ha sperimentato nel corso degli ultimi anni, in quanto ha insegnato in qualità di insegnante di sostegno, in assegnazione provvisoria annuale all’I.I.S. “Jacopo Linussio” di Codroipo ma, come a “Il Collegio 7” di Rai 2, ha anche il ruolo di titolare ordinario di cattedra per le discipline tecnico-pratiche all’I.I.S. “Federico Flora” di Pordenone. Dunque la sua attività si svolge prevalentemente nei laboratori e si occupa di collegare la parte tecnica dell’insegnamento di una disciplina all’applicazione pratica, e quindi il suo compito è quello di organizzare e gestire in piena autonomia tutte le attività che si svolgono nei laboratori. Questo fa sì che il professore di laboratorio sia ritenuto un ibrido tra gli assistenti di cattedra e gli assistenti tecnici. Forse proprio per questo non gli viene riconosciuta la stessa importanza del docente teorico.

Nel collegio quindi, come ha spiegato lo stesso Zilli, “Noi insegnanti ci siamo dovuti occupare: o di discenti “male educati”, per via di genitori incapaci di porre limiti e regole; o di allievi ansiosi, pigri o scansafatiche. A “Il Collegio 7” c’era un forte cameratismo tra noi insegnanti: abbiamo definito metodologie didattiche ed educative comuni.” Inoltre, Zilli ha raccontato anche che: “Nel programma si è visto l’incontro con le famiglie: penso che anche nella “realtà” incontrare le famiglie e renderle partecipi di questo piano sia fondamentale. Alcuni genitori non pensano che gli insegnanti abbiano il diritto di chiedere ordine e rispetto di regole. Eppure i loro figli passano gran parte del loro tempo a scuola, una comunità che ha necessariamente regole diverse da quelle di una famiglia di tre o quattro persone.”

Davanti alle telecamere, Andrea Zilli ha ammesso di aver “messo in atto una serie di strategie: dall’utilizzo del tono vocale, alla comunicazione non verbale, al controllo della classe. In un gruppo la prima cosa che fanno i ragazzi è cercare l’adulto da tiranneggiare. Reazione sbagliata di noi docenti è creare per questo relazioni esclusive. Io, come nella scuola reale, non ho raccolto la loro domanda di esclusività. Ho puntato sul modo corretto di comunicare, gestire tempi e modi di lavoro. Ed esser flessibili, pronti a mettersi in discussione è fondamentale. L’apprendimento è frutto di una interazione, umana e professionale. Per esempio a “Il Collegio 7”, di fronte a discenti sempre più difficili, fragili, a volte tormentati, ho fatto ricorso alla didattica individualizzata e differenziata: in sostanza, rispondere ai bisogni di ognuno con attività mirate, e diversificare nello stesso tempo. È il modo migliore per valorizzare gli interessi dei discenti, ed esser disponibile a continui aggiustamenti. Ogni collegiale doveva raggiungere quegli obiettivi che io docente mi ero prefissato per lui. Per fare ciò, ovviamente, era d’obbligo conoscerli in fretta e molto bene: nelle loro abilità, nel modo di apprendere, per metterli nelle condizioni di lavorare al meglio.”

Essere insegnante, soprattutto nel Collegio, non è un ruolo facile da ricoprire, spiega ancora il prof: “Il sogno di ogni insegnante è lavorare con allievi volenterosi, interessati, rispettosi delle regole. In molti casi, invece, la realtà è ben diversa e ci si trova a che fare con ragazzi come i collegiali: rumorosi, annoiati, poco partecipi. A me come insegnante è richiesto di destreggiarmi, a mo’ di equilibrista, tra disciplina, dialogo, psicologia, pedagogia. A volte, la reazione istintiva con una classe difficile come quella del 1958 è: Tappati le orecchie e scappa! E magari ci si sente inadeguati. Oppure si urla, si usa il pugno di ferro. Forse utile per mantenere la disciplina, ma alla lunga controproducente. Perché? Nascono malumori e disaffezione per la scuola. Io ho coinvolto i miei collegiali, li ho motivati, ho creato un ambiente di apprendimento produttivo. Con la sola disciplina si mantiene l’ordine, ma non si gestisce la classe 1958. Mi sento un insegnante severo, ma giusto.” Per questo, Zilli ha ammesso: “Nel “Collegio 7” la mia missione è stata quella di far rispettare l’istituzione scolastica. Per questo ho portato sempre con me il regolamento della scuola, pronto in ogni occasione a ricordarlo ai collegiali, che sembravano esserselo dimenticato. Ho dato alla sezione “Avviamento professionale” un bel po’ di filo da torcere, soprattutto durante le lezioni di dattilografia.”

Il Prof Zilli guarda al suo futuro: tornerà al Collegio 8?

Nel curriculum del prof vi è anche l’aver prestato servizio come presidente di commissione di maturità con gli studenti del carcere, esperienza che il docente ha messo in relazione con il Collegio, in quanto “uniche nella loro diversità”, e ha aggiunto: “Ho varcato le porte di aule assai diverse dalle solite. Nel docu-reality di Rai 2 ci sono state rigide selezioni per entrare a far parte del cast, invece nelle casa circondariale bastava buttare l’occhio fuori dalla porta, nel corridoio, per vedere gli agenti della Polizia Penitenziaria. Quella del carcere è stata un’esperienza molto forte. Tra quei muri tocchi con mano come la scuola possa davvero fare la differenza. È indispensabile per ricostruire dal di dentro un uomo. Questo si dovrebbe ricordare più spesso. I maturandi ergastolani erano emozionati, proprio come i loro compagni collegiali de “Il Collegio 7” al momento degli esami per ottenere la licenza media. Hanno affrontato le prove in modo molto responsabile. Sullo scritto i detenuti hanno riflettuto a lungo; riletto con molto attenzione e hanno utilizzato tutto il tempo. All’orale mi hanno confidato che erano gli scritti i più temuti. Studiare e arrivare al termine di un percorso a volte accidentato è un successo per tutti: la scuola è stata, per loro, una seconda opportunità.”

Ma cosa vuole fare nel futuro Andrea Zilli? “Oggi mi voglio godere i miei studenti, e penso di farlo ancora per qualche anno scolastico: amo accettare le sfide che la professione docente mi offre ogni giorno. In questi anni, oltre ad aver presieduto le Commissioni, ho preparato diverse classi agli Esami di Stato, ed è molto bello essere ricordato, esser punto di riferimento anche dopo diversi anni. Vorrei poi passare dalla didattica alla gestione. Il mio prossimo obiettivo sarà lasciare la cattedra, e potermi sedere dietro alla scrivania più importante, quella di Dirigente Scolastico. Mi piace la visione di sistema, rivestire una funzione manageriale della struttura scolastica. Un segnale di buon auspicio in questa ottica è giunto pochi giorni fa da Roma: sono stato contattato dal Ministero dell’Istruzione e del Merito, dopo la selezione di docenti del 2021 per la costituzione delle Équipe Formative Territoriali. Ora sono chiamato a Viale Trastevere, per una posizione di comando al MIUR. Sto valutando se accettare o meno l’incarico. In prospettiva c’è anche l’intenzione di dedicarmi ad un altro progetto, al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. In breve, c'è la possibilità di rientrare fra i “privilegiati” da destinare all’estero.”

Ad oggi, quindi, il ritorno dell’insegnante al Collegio sembra essere quanto meno difficile, ma cosa ne pensa il prof dei reality e docureality e della percezione che ne ha la società? “ “Il Collegio 7” è un docu-reality, un genere televisivo basato sulla rappresentazione della “realtà”, ovvero situazioni di vita reale, non sceneggiate. Mira a trasformare la realtà in una forma di intrattenimento leggero, in questo caso con uno scopo educativo. Considerando che noi professori rispettiamo un “canovaccio di stile targato 1958”, i collegiali improvvisano, interpretano quello che sono nel 2022. È inevitabile l’effetto grottesco, e dunque comico, della trasmissione, come pure per i critici, quello “trash”. I punti fissi? Troviamo i “confessionali”, dove i collegiali si confidano al pubblico in privato. Poi le punizioni per chi trasgredisce le regole in proporzione alla gravità del gesto, con provvedimenti del caso, che variano dall’isolamento all’espulsione. C’è la presenza di due sorveglianti che controllano il rispetto della ferrea disciplina del collegio. Infine l’esame di valutazione al termine del percorso per i sopravvissuti.”

Tuttavia, il prof ha messo del suo all’interno di questa esperienza, accentuando “il rispetto del regolamento del collegio, con effetto educativo, nel suo essere anacronistico, fuori dal tempo odierno. Altri anacronismi comici: il lungo divieto ai ragazzi dell’uso di smartphone, oggetti elettronici, cosmetici e il consumo di cibo diverso da quello servito al collegio. Ancora, con l’obbligo di consegnare tutti i loro effetti personali, indossare la divisa scolastica, sottoporsi al taglio dei capelli. Inoltre, c’è una cornice narrativa da documentario, con la voce di Nino Frassica, che ci riporta all’atmosfera degli anni, in cui l’Italia assaggiava il miracolo economico. Il 1958 è un anno di grande ottimismo e spinta verso la crescita, ma è anche di contraddizioni: di forti migrazioni interne, di svuotamento delle aree rurali e di espansione delle città. Sono anni in cui in Italia cresce anche la domanda di istruzione e il boom della produzione industriale richiede figure specializzate.”

Ma come mai questa realtà ha avuto così tanto successo? Secondo il prof Zilli questo è avvenuto anche grazie all’enorme partecipazione: “Sono davvero moltissime le domande di aspiranti studenti con il sogno di far parte della classe più famosa della TV. Per la realizzazione del programma abbiamo lavorato in 110 persone, sono state utilizzate 14 telecamere con operatore, 32 microfoni a collarino e un drone per le riprese in aeree. “Il Collegio” è il programma più visto dai giovanissimi. I teenagers odiano la disciplina, ma poi la sognano. Per gli studenti questa diventa così una sfida a tutto tondo: abituati a vivere in simbiosi con cellulari e social, perennemente iperconnessi, con la disponibilità di un clic che può portarli ovunque, oggi si relazionano protetti da una tastiera, da uno schermo, si nascondono dietro ad un like o ad una chat, si sentono al sicuro e liberi. Eppure sembrerebbe che di tutta questa libertà le nuove leve non sappiano più bene cosa farsene. C’è una sorta di piacere inconscio alla disciplina militare. Al di là della visibilità derivata dall’apparire in TV, se questa trasmissione sta funzionando così bene e piace, è perché rappresenta un’esperienza educativa di formazione e di relazioni molto diversa e lontana dalla realtà quotidiana che i ragazzi vivono di solito. Forse, dunque, è necessario porsi una domanda, perché i giovani stanno cercando di dire qualcosa. Ferrea disciplina, regole, divisa pulita, punizioni e divieti. Di questo sentono la mancanza i teenagers? Vogliono mettersi alla prova, capire se riuscirebbero a farcela in un sistema di scadenze e di adulti rispettosi che comunicano autorevolezza. Potrebbe essere questo il nocciolo della questione: la comunicazione con qualcuno che li guidi verso ciò che si può fare e verso ciò che non si può.”

Per un insegnante così giovane, nato nel 1990, com’è essere catapultato così tanto indietro nel tempo? “Sul set de “Il Collegio 7” mi sono ritrovato nei panni del “Professore Istruttore” di discipline Tecnico-Pratiche e, a seguito della riforma sperimentale del 1958, la mia disciplina è diventata “applicazioni tecniche” nella classe unificata - racconta Zilli. Mi sono acculturato sul periodo storico e ho interpellato moltissime persone che hanno vissuto la scuola di quegli anni. Da qui è nata l’idea di voler essere il Prof. Zilli, quell’insegnante “bizzarro” che insegnava “cose” che oggi potrebbero sembrare desuete ma ritenute, secondo me, utili ai collegiali. Magari hanno acquisito competenze che non gli serviranno nella vita ma che hanno insegnato loro il valore del lavoro manuale. Le applicazioni tecniche sono state forse l’ultima delle materie di cui curarsi, ma da quegli esercizi hanno imparato che c’era un mondo di persone attorno a loro che in quegli anni viveva della fatica fisica, che nelle fabbriche, nelle officine e nelle campagne dove tanti loro antenati andavano a lavorare si produceva quel benessere indispensabile di cui oggi beneficiano proprio questi ragazzi. Era quella una scuola che insegnava ancora il valore del mestiere e un’Italia dove l’insegnante era punto di riferimento, il primo livello dell’autorità dopo i genitori. C’era un insegnamento etico nel distinguere la pinza dalla tenaglia, il martello dal mazzuolo, ecc. Si doveva limare e piallare, segare e avvitare, imparare a comporre un disegno tecnico ed eseguire un lavoro leggendolo. Si scopriva l’uso delle macchine e la cautela con cui bisognava usarle. Un lavoro dei più delicati: ne “Il Collegio 7” il Prof. Zilli ha avuto l’arduo compito di insegnare ai collegiali il rispetto reciproco, l’umiltà e la nobiltà del lavoro, la bellezza che c’è in un relè, in una rosa innestata, in un’elettrolisi.”

Data pubblicazione 28 Novembre 2022, Ore 12:40 Data aggiornamento 28 Novembre 2022, Ore 12:45
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