
Per anni, l’informatica è stata considerata la scelta più sicura e redditizia per i giovani che si affacciavano al mondo dell’università. Stipendi a sei cifre, assunzioni continue e aziende in costante espansione avevano reso questo settore il punto di riferimento per chi cercava stabilità e successo.
Oggi, però, la situazione è profondamente cambiata. Negli Stati Uniti, nazione di riferimento per il mercato di questo genere di professionisti, sempre più neolaureati in informatica si trovano senza sbocchi professionali, mentre lauree ultimamente ritenute “deboli”, come storia dell’arte, iniziano a offrire maggiori opportunità occupazionali.
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Dalla crescita alla contrazione
La fine dell’era dei tassi di interesse bassi e dei capitali di rischio facili ha, infatti, portato le aziende tech a cambiare strategia. La priorità non è più la crescita a tutti i costi, ma la redditività. Così, tra il 2022 e il 2023, più di 250.000 lavoratori del settore tecnologico sono stati licenziati. Anche le Big Tech, come Google, Meta, Amazon e Microsoft, hanno avviato pesanti ristrutturazioni, tagliando interi reparti e bloccando l’ingresso di profili junior.
Nel 2024, il numero di sviluppatori occupati negli Stati Uniti è sceso ai livelli più bassi dal 1980. Un cambiamento che non si spiega solo con la situazione economica: l’intelligenza artificiale e l’automazione hanno ridotto la necessità di programmatori dedicati a compiti standard, facendo calare la domanda di manodopera generalista.
Neolaureati senza sbocchi
Le università americane, intanto, continuano a sfrornare un alto numero di laureati in informatica, ma il mercato non è più in grado di assorbirli. Secondo un recente studio della 'Federal Reserve Bank' di New York, i laureati in informatica delle università statunitensi devono affrontare tassi di disoccupazione compresi tra il 6,1% e il 7,5%, più del doppio rispetto a quelli dei laureati in biologia o storia dell'arte.
Anche studenti provenienti da istituzioni prestigiose, come Berkeley, faticano a trovare lavoro. Per questo, molti giovani accettano impieghi precari o fuori dal proprio ambito di studi, lavorando nella ristorazione o nel commercio al dettaglio.
Il valore delle competenze giuste
Le aziende non hanno comunque smesso di cercare personale tecnico, ma sono cambiate le figure richieste. Oggi le opportunità si concentrano in aree specifiche come intelligenza artificiale, machine learning, cybersecurity e data engineering.
Le imprese preferiscono, inoltre, candidati con esperienza, capaci di affrontare progetti complessi e integrare capacità tecniche con visione strategica. Saper scrivere codice, da solo, non basta più. La conoscenza dei linguaggi di programmazione è diventata un requisito di base, non un vantaggio. Ciò che fa la differenza è la capacità di risolvere problemi che l’automazione ancora non può affrontare.
Tracy Camp, direttore esecutivo e CEO della Computing Research Association negli Stati Uniti, secondo quanto riportato da 'ynetnews.com' avrebbe dichiarato: “I neolaureati in informatica dovrebbero essere particolarmente colpiti quest'anno, poiché molte università stanno solo ora iniziando a formare gli studenti sugli strumenti di codifica basati sull'intelligenza artificiale”.
Il dopo “età dell’oro”
Dopo la crisi finanziaria del 2008, l’esplosione delle startup e il boom digitale avevano trasformato la Silicon Valley in un punto di arrivo per intere generazioni di aspiranti sviluppatori. Ma oggi, quella fase sembra definitivamente chiusa. Gli stipendi iniziano a ridimensionarsi, le assunzioni rallentano e le opportunità si spostano verso settori di nicchia altamente specializzati.
Il comparto tech rimane strategico, ma ha perso lo status di “porto sicuro” per chi cerca lavoro dopo la laurea. Negli Stati Uniti, studiare informatica non rappresenta più una garanzia di successo. E in Italia? Anche nel nostro Paese si comincia a riconoscere il valore delle competenze trasversali, con una crescente attenzione non solo alla tecnica, ma anche alla capacità di adattamento e di pensiero critico.