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Valore legale della laurea: cos'è, quanto vale e cosa sapere sulla proposta di abolizione articolo

Dopo le affermazioni di Matteo Salvini si parla tanto di valore legale della laurea, ma cosa significa quest'espressione e cosa comporta per gli studenti?

Valore legale laurea: cosa vuol dire?

I vostri genitori vi avranno già detto che quando arriverete a laurearvi vi faranno un bellissimo regalo perché - questa è la frase che si sente spesso - "non si trova lavoro senza una laurea, al giorno d'oggi". Fermo restando la discutibilità di questa affermazione, bisogna però porsi prima o poi il problema, ovvero farsi una domanda alquanto scomoda: cos'è la laurea, e sopratutto che valore legale ha?
Questo anche perché in questi mesi se ne sta parlando molto a seguito di una proposta politica che ha scatenato un polverone e l'immancabile giro di polemiche. Meglio restare informati, dunque, d'altro canto se state studiando così duramente ci sarà un motivo.
Valore legale della laurea: cos'è, quanto vale e cosa sapere sulla proposta di abolizione articolo

Valore legale della laurea abolizione: significato e proposta

Quando si parla di laurea si intende un titolo di studio riconosciuto ai sensi della legge, che indica e certifica che chi produce quel tale documento ha effettivamente acquisito una serie di conoscenze e competenze durante gli anni di studio.
Le Università, nello specifico, sono quei luoghi (pubblici e privati) che ottemperano a una serie di richieste dello Stato allo scopo di garantire la qualità della formazione dei loro studenti.
In pratica il valore legale di una laurea è subordinato al fatto che l'autorità pubblica riconosca quel titolo di studio, il quale garantisce determinati effetti dal punto di vista giuridico: sembra un'astrazione, ma pensate al valore di una laurea in Medicina e alle cose che può fare per legge un laureato in quella Facoltà, e pensate invece a quello che è concesso a un laureato in Fisica o Lettere.
Ma cosa si intende per valore legale, a parte i benefici specifici delle Facoltà? Lo Stato, facendosi garante dell'istruzione pubblica (e tenendo sotto controllo quella privata) appone il proprio "marchio di qualità" sulle lauree, di fatto parificandole. Una laurea conseguita a Bolzano e una a Palermo hanno lo stesso valore, e quindi un 110 e lode varrà come l'altro 110 e lode.
Sul mercato del lavoro, nei concorsi pubblici e bandi, tutto ciò implica un livellamento delle lauree, anche a discapito dell'effettivo impegno richiesto a uno studente, sia per quanto riguarda Facoltà differenti, sia per quel che concerne Atenei molto selettivi e altri meno.
La proposta di abolizione da parte del vicepremier Matteo Salvini, in realtà tutt'altro che nuova, prevede dunque che il valore effettivo della laurea venga collegato al prestigio e alla qualità dell'Università che l'ha rilasciata. Lo Stato dunque dovrebbe creare una sorta di ranking, o ancora meglio di graduatoria delle Università, con conseguente corsa degli Atenei al miglioramento delle proprie performance, di fatto andando a liberalizzare il "mercato" dell'istruzione, che vedrebbe sorgere Università di serie A, B, C e così via.
Questo perché, partecipando a un concorso pubblico, lo studente che ha frequentato un'Università "ufficialmente migliore", e che verosimilmente avrà pagato di più, potrà vantare un punteggio maggiore per quanto riguarda il suo titolo di studio.
Tutto ciò scatenerebbe una grande concorrenza tra gli atenei, che si litigherebbero docenti e strutture e che potrebbero effettivamente migliorare con questo sprone, e sopratutto farebbe sì che uno studente meno abbiente non possa permettersi un'istruzione riconosciuta di buon livello a causa delle alte tasse che sarebbe tenuto a pagare.
(Foto Credits: Pixabay)
Data pubblicazione 18 Luglio 2019, Ore 17:34
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