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Studenti universitari

Università: per alcuni è sinonimo di libertà, nuove amicizie, feste e baldoria. Per altri è solo una giungla di esami, ansia, lezioni all’alba e treni affollati. Ma allora, come stanno le cose? Ci si diverte davvero durante all’università? 

A sollevare il dubbio è stato uno studente su Reddit, con un post che in poche righe è riuscito a mettere sul tavolo una domanda ricorrente (e divisiva) tra chi si appresta a varcare per la prima volta la soglia di un’aula universitaria.

Ed è così che è arrivato un diluvio di commenti.

Alcuni entusiasti, altri decisamente meno. Con esperienze personali diversissime, ma con un punto in comune: non esiste una sola università, esistono tanti modi di viverla.

Indice

  1. Il post dello studente
  2. “Mi sono divertito così tanto che ci ho messo sei anni”: chi dice sì
  3. “Mai nella vita”: chi dice no

Il post dello studente

Il titolo del post già solleva chiaramente la questione: “Ma è vero che all'università ci si diverte molto?”.

Scrive poi: "Io tutte le esperienze universitarie che ho sentito (da studenti di medicina e pure ingegneria, quindi non scienze delle patatine) hanno descritto l'università come molto, molto studio, ma anche moltissimo divertimento".

Perché, continua, "ti interfacci con un network di persone stimolanti, giovani e coi tuoi stessi interessi", e questo renderebbe l’università "una bellissima esperienza anche dal punto di vista umano".

E infine la domanda: "Voi cosa ne pensate?".

“Mi sono divertito così tanto che ci ho messo sei anni”: chi dice sì

Tra i primi a rispondere, c’è chi non ha dubbi: l’università può essere un gran bel periodo. C’è chi parte subito con l’ironia: "Io mi sono divertito così tanto che ho deciso di prendermela comoda ed impiegare 6 anni per finire una triennale".

Per molti, la chiave è tutta nell’approccio: più tempo passi in università, più opportunità hai di incontrare persone, stringere legami, scoprire spazi di socialità che vanno oltre le lezioni. Un utente lo dice chiaramente: "Se arrivi poco prima dell'inizio delle lezioni e te ne vai appena finiscono, è raro divertirsi". Ma se ci stai dentro, se frequenti la biblioteca, magari sei tu il primo a rompere il ghiaccio, allora le cose cambiano: "Arriverà gente che studia la tua stessa cosa che vorrà studiare con te e avere un dialogo. E lì troverai le cose che descrivi: ragazzi stimolanti con le tue stesse passioni, etc.".

Qualcuno racconta la propria esperienza con parole che sanno di nostalgia: "Per me è stato divertente dal punto di vista umano! Ho conosciuto gente simpatica con cui ho condiviso ore di studio, laboratori, briscole a chiamata, pause sigaretta, pranzi nel prato, code al microonde ed alle macchinette e qualche birra serale".

C’è addirittura chi ringrazia sé stesso per la scelta fatta: "Assolutamente, ringrazio ogni giorno il me del passato per avere scelto l'università invece del lavoro diretto dopo le superiori".

E chi chiude con una considerazione che va dritta al punto: "Sì! Se è una facoltà che hai scelto seguendo le tue inclinazioni, per quanto possa essere difficile, ti divertirai sicuramente!".

“Mai nella vita”: chi dice no

Ma per tante voci entusiaste, c’è qualcuno che invece non vede l’ora di voltare pagina. Un utente non usa giri di parole: "Il peggior periodo della mia vita. Grazie a Dio mi mancano 6/7 esami". E subito dopo arriva il colpo di grazia da un altro: "Ma mai nella vita. Neanche lontanamente. I peggiori anni".

Il problema, in molti casi, non è l’università in sé, ma le condizioni in cui la si affronta. Chi è costretto a lavorare, o ha poco tempo per socializzare, spesso finisce ai margini della vita di ateneo. Lo scrive chiaramente qualcuno che ha vissuto l’università due volte, senza trovarci nulla di memorabile: "L'università che ho fatto nei miei 20 anni è stata una rottura basta. Ero timido, bloccato e non ho trovato nuovi amici. Quella nei 40 altrettanto. Lavorando a tempo pieno andavo solo per gli esami e idem, non ho conosciuto nessuno".

Poi ci sono i limiti pratici. "Se sei pendolare no", scrive qualcuno. E qualcun altro gli fa eco: "Se sei povero no"

Infine, un utente analizza con lucidità come anche il contesto geografico influenzi l’esperienza: "Se sei fuorisede a centinaia di chilometri da casa e fai facoltà dove la percentuale di fuorisede è alta, fai gruppo". Ma "se capiti in facoltà dove il venerdì pomeriggio tutti prendono la valigia e corrono a casa, l’esperienza è un po' diversa".

C’è anche, però, chi tenta una mediazione, ma la proporzione che dà è impietosa: "Anche se hai un bel gruppo di gente estroversa, uscite, feste e vacanze insieme... la realtà è 90% studio e c***i e 10% divertimento".