
Una vita di sacrifici per laurearsi, un traguardo raggiunto con la speranza di un futuro brillante. Poi, invece, le cose vanno nel verso opposto, portando il proprio percorso verso un settore completamente diverso, lasciando un profondo senso di insoddisfazione.
Questa è la storia di Stefania Perez, 24 anni che in un’intervista al ‘Corriere della sera’ racconta che dopo aver raggiunto, con parecchi sacrifici, il titolo universitario in Scienze sociali e aver agognato un futuro nel sociale si ritrova oggi a consegnare pacchi per Amazon.
Una vicenda, la sua, comune a quella di molti altri giovani.
Un racconto senza lamentele, ma pieno di aspettative tradite e di un mercato del lavoro che sembra non valorizzare le competenze.Indice
La spinta al riscatto (e il senso di colpa)
Stefania è la prima laureata della sua famiglia, un vanto che porta con sé un peso enorme:
"Sono figlia di una emigrata dall’Ecuador che qui a Milano ha cresciuto tre figli da sola e ha permesso a me di studiare. Sono la prima laureata della storia della mia famiglia, dovrei essere il salto di qualità, ma credo che oggi non sarei in grado neanche di fare quello che è riuscita a fare lei".
Queste le sue parole, che rivelano una profonda severità verso se stessa e un forte senso di responsabilità. Durante gli studi, alla Cattolica di Milano, si è sempre data da fare, lavorando come commessa e cameriera, anche in nero, per contribuire al reddito familiare e per senso di colpa, racconta.
Il sogno spezzato dell'assistente sociale
Il percorso di studi di Stefania non è stato casuale. Ha scelto l'indirizzo per assistente sociale, spinta dal desiderio di "fare un lavoro che mi mantenesse con i piedi per terra, calato nella realtà, la stessa da cui provengo io. L'idea è quella di sporcarsi le mani, ma usando la testa".
Un progetto ambizioso, concreto, che la entusiasmava e la faceva sentire connessa alla sua comunità. Dopo la laurea, l'euforia era palpabile: "È stata una grande festa per tutta la famiglia, qui e in Ecuador", racconta la giovane.
Ma la realtà ha presto bussato alla porta, rivelando che: "Nel sociale si investe molto poco". Inoltre le spese per l'esame di Stato e l'iscrizione all'albo si sono scontrate con la scarsità di opportunità, costringendola a continuare a fare la cameriera e a collaborare come educatrice con contratti precari.
Tra pacchi e insoddisfazione
L'incontro con l'opportunità di lavorare per Amazon è stata dettato dalla necessità, accettando contratti che definisce assurdi. Nonostante un buono stipendio di 1.900 euro al mese, superiore a quello che otterrebbe come assistente sociale (circa 1.300 euro), Stefania non riesce a placare il suo malessere: "Ho addosso questo senso di insoddisfazione, di aver speso soldi e aspettative senza aver raggiunto niente".
Il confronto con la mamma, capace di crescere tre figli da sola e di costruirsi una vita in un paese straniero, le provoca un'ulteriore ansia: "Se penso a quello che è riuscita a fare mia madre a 23 anni, portare e crescere tre figli da sola dall’altra parte del mondo, sento il rischio di fare un passo indietro: non sono in grado di offrire una nuova vita neanche a me stessa".
Secondo Stefania questa sensazione di precarietà e di mancato riscatto è oggi, purtroppo, un tema comune tra i suoi coetanei, che spesso si accontentano per ottenere una qualsiasi forma di reddito.