
Il lavoro nobilita l'uomo. Significa che tramite il lavoro l'essere umano può migliorarsi e in qualche modo crescere a livello personale. Solo che non è sempre e per tutti così. Alla vigilia della Festa dei Lavoratori, l'Unione degli Universitari, Cgil e la Fondazione Di Vittorio hanno presentato un report che descrive la condizione degli studenti lavoratori.
Precari, malpagati e a un passo dal burnout: il report 'Studiare e lavorare. Condizioni e aspettative di studentesse e studenti lavoratori che frequentano l'università' in realtà non ci dice nulla di nuovo ma anzi punta ancora una volta i riflettori su un mondo – quello del lavoro – dove ci sono più ombre che luci, come testimoniano i 13mila questionari oggetto dell'indagine.
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Studiare per lavorare o lavorare per studiare?
L’iniziativa mira a indagare circa le condizioni delle 365mila persone che studiano all’università e lavorano contemporaneamente, pari al 17% degli iscritti totali nelle facoltà italiane. Di questi, si contano 242mila studenti under30 che lavorano, e sono attivi nei settori più disparati: il 31% lavora nella vendita al pubblico come commesso o cameriere; il 26% come impiegato. Al lavoro però ci vanno più per 'obbligo' che per scelta: infatti, come anche spiega Camilla Piredda, coordinatrice nazionale UdU, solo il 40% del campione ha dichiarato che potrebbe permettersi gli studi anche senza lavorare. Infatti, tra le motivazioni più diffuse per lavorare, dopo quella di mettere dei soldi da parte (90%), c'è proprio la necessità di pagarsi gli studi (83%) anche e soprattutto per fare fronte a uno scarso supporto economico familiare (82%).
L'impatto del lavoro sulla vita accademica
Chiaro poi che chi lavora abbia meno tempo a disposizione. Il che si ripercuote per forza di cose anche sulla vita universitaria. Il 65% del campione, infatti, sottolinea come socializzare con i colleghi sia quasi impossibile o comunque molto difficile; ancora peggio per la partecipazione alle associazioni studentesche, dove lamenta gravi problemi l’83% del campione. Non solo, gli effetti a lungo termine si manifestano in una difficoltà nel seguire e frequentare le lezioni (61%) e nello svolgere gli esami (56%).

I rischi a livello psicologico
E non finisce qui. Perché il quadro delineato dall'Udu pone l'accento anche sui rischi per la salute mentale per gli studenti lavoratori. Il 78% (quasi 8 su 10) dei rispondenti lamenta stress, mentre il 64% ha dichiarato di soffrire di ansia. C'è poi un 34% del campione che ha rivelato di aver sviluppato problematiche legate all'insonnia. Addirittura, il 20% del campione ha sofferto di depressione, il 13% di disturbi alimentari e il 4% di abuso di sostanze.

Precari e malpagati
E, come se non bastasse, nella maggior parte dei casi si tratta di lavori saltuari, precari, che non darebbero il giusto grado di soddisfazione. Si tratta di soluzioni di comodo per andare avanti durante gli anni dello studio. Infatti, il 65% degli studenti lavoratori ritiene che la professione svolta non preveda particolari possibilità di carriera, il 38% lamenta carichi e ritmi di lavoro inadeguati, il 37% una retribuzione inadeguata.
L’indagine evidenzia come le risposte siano variabili in base alle fasce d’età: sono infatti gli studenti più giovani ad avere le condizioni peggiori, come dimostrano le retribuzioni. E senza girarsi troppo intorno va detto anche che esiste un enorme problema salariale: gli studenti under 25 prendono, nella maggior parte dei casi, una retribuzione netta inferiore ai 750€ mensili. E questo per dinamiche di sfruttamento, infatti il 46% degli studenti universitari occupati vive una condizione di disagio lavorativo perché costretto a lavorare con un contratto a termine oppure a tempo parziale.
