
Sul quotidiano “La Repubblica” di oggi, venerdì 13 luglio, è stata pubblicata una lettera di uno studente in Medicina deluso dal nostro Paese e che è pronto a varcare i confini per trovare opportunità migliori. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il sentirsi dire da un docente che è meglio tacere sul fatto di essere studente-lavoratore. Vi riportiamo il testo della lettera:
«Sono uno studente lavoratore e vi scrivo per raccontarvi un episodio della nostra triste università. Ieri mi recavo da uno dei miei docenti e spiegavo al professore che ho necessità di recuperare le presenze per poter sostenere l’esame. Nell’ingenua volontà di spiegare, mi scappava “io, purtroppo, sono studente lavoratore”. Lo sguardo del docente si fa arcigno, e rimbrottava “Questa cosa lei non deve dirla a nessuno”. “In che senso, scusi?”. “Qualcuno potrebbe dirle che lei fa medicina, quindi o studia, o lavora”. Capisco dal tono che è lui a non gradire e rispondo: “In una maniera si dovrà pur sopravvivere, non siamo mica tutti figli di professori ordinari”. So bene come funzionano le cose in questo dipartimento, non si preoccupi”. E, infatti, non avrò paura di ripeterlo a nessuno: sono uno studente lavoratore che per entrare a medicina ha fatto il test due volte; sono uno studente lavoratore che è fuori corso, ma non fuori del mondo; sono uno studente lavoratore che si laureerà con lo sfavore della statistica e andrà di corsa all’estero, e mentre voi mi chiamerete cervello in fuga, io starò attento a non lasciarvi neanche il corpo.»
STUDIARE E LAVORARE, È NECESSARIO SCEGLIERE? - È vero che Medicina è una facoltà impegnativa, ma secondo voi questo è sufficiente a giustificare la risposta ricevuta dallo studente? Rimaniamo in attesa dei vostri commenti: raccontateci se avete avuto anche voi delle esperienze simili e, se siete studenti-lavoratori, spiegateci come riuscite a conciliare lo studio con gli impegni lavorativi.