ImmaFer
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Signore degli anelli
Fonte: IMDb

All’Università di Nottingham è stato introdotto un corso che ha già dato il via a un acceso dibattito nel mondo accademico britannico. Si intitola Decolonising Tolkien et al e invita gli studenti a rileggere "Il Signore degli Anelli" attraverso la lente della decolonizzazione culturale.

Il celebre romanzo di J.R.R. Tolkien, considerato da molti il fondamento della letteratura fantasy moderna, viene qui analizzato come esempio di una rappresentazione “razzista” e “sciovinista” delle popolazioni non europee.

Indice

  1. L’accusa: “antipatia anti-africana” nella Terra di Mezzo
  2. Ripensare il canone letterario britannico
  3. Un dibattito che divide

L’accusa: “antipatia anti-africana” nella Terra di Mezzo

La docente responsabile del corso, la storica Onyeka Nubia, sostiene che Tolkien avrebbe attribuito tratti negativi ai popoli dalla pelle scura e orientale, mentre i protagonisti dalla carnagione chiara incarnerebbero il bene e la virtù. Nella Terra di Mezzo, spiega Nubia, gli Esterling, i Sudroni e gli uomini di Harad sono raffigurati come alleati del male, mentre gli orchi dalla pelle scura servono il “Signore Oscuro” Sauron.

Tutto ciò, secondo la studiosa, rifletterebbe una “tradizione di antipatia anti-africana” che permea la letteratura occidentale, in cui i popoli africani vengono descritti come “nemici naturali dell’uomo bianco”.

Ripensare il canone letterario britannico

Il corso non si limita a Tolkien: affronta anche opere di C.S. Lewis, Milton e Shakespeare, per indagare come la letteratura inglese abbia contribuito a costruire una visione “monoetnica” del passato. Gli studenti sono invitati a “ripopolare” il folklore britannico, immaginando un Medioevo più eterogeneo di quanto tramandato dai classici.

Secondo Nubia, quindi, persino Shakespeare avrebbe “cancellato” la presenza africana nella sua Inghilterra, creando l’illusione di una società esclusivamente bianca.

Un dibattito che divide

Il corso ha sollevato reazioni contrastanti. Da un lato, chi ne elogia il tentativo di aggiornare la critica letteraria ai temi contemporanei dell’inclusione e della rappresentazione; dall’altro, chi lo considera un eccesso del pensiero “woke” che rischia di giudicare con categorie moderne opere nate in un altro contesto storico.

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