Francesco Bertoldi
Autore
Studente utilizza ChatGPT al computer

In un post che sta circolando su Reddit, una studentessa di 24 anni racconta la scena che vive ogni settimana all’università: basta che la docente legga una consegna, e in aula parte la foto alla slide per far svolgere tutto a ChatGPT

Poco importa se si tratti di compiti complessi, esercitazioni di gruppo o task creativi, a quanto pare l’IA viene chiamata in causa, sempre e comunque. Il risultato è un’aula in cui, racconta, nessuno ragiona più su nulla e ognuno ha ormai sviluppato una certa “dipendenza” dall’assistente digitale.

Nel suo sfogo, che ha raccolto decine di reazioni, c’è una domanda che molti riconoscono come la vera questione del momento: a che punto l’IA smette di essere un aiuto e inizia a sostituire il processo di apprendimento?

Indice

  1. Lo sfogo: “Nessuno spazio per il ragionamento”
  2. “I datori di lavoro assumeranno ChatGPT”
  3. Le testimonianze degli studenti: frustrazione, dipendenza e casi-limite

Lo sfogo: “Nessuno spazio per il ragionamento”

“È assurdo raga, per qualsiasi cosa sono abituati ad usare chat gpt”, scrive la studentessa.

La sensazione è di essere circondata da compagni che ricorrono all’IA come riflesso automatico. Basti pensare che durante le esercitazioni di gruppo, dice, “nemmeno il tempo che la prof finisce di leggere la slide con la consegna che già hanno fatto la foto alla traccia per farla svolgere a chatgpt”.

La dinamica è identica anche quando si tratta di lavori creativi: “non c'è spazio per il ragionamento e la riflessione nemmeno per 1 secondo”. 

E quando prova a proporre un approccio autonomo, spiega di sentirsi “la guastafeste, quella pesante”, come se impegnarsi fosse un ostacolo alla quiete del gruppo. Senza contare che in molti casi “nemmeno vengono valutate queste cavolo di esercitazioni”. Quantomeno paradossale, in effetti.

A rendere tutto più inquietante è il contesto, rimarcato dalla stessa autrice del post: “E parlo di università, dove è importante fare le cose da soli, per apprendere”. 

“I datori di lavoro assumeranno ChatGPT”

Tra i commenti che hanno raccolto più consensi, c’è chi mette l’accento sulle conseguenze future: “Poi più avanti si accorgeranno e si lamenteranno che i teorici datori di lavoro NON assumeranno loro ma chatGPT”.

Ma questa dipendenza, a quanto pare, non è affatto circoscritta all’università: “È così anche nel mondo del lavoro: per qualsiasi cosa chatgpt, senza nemmeno mettersi a pensare un attimo”.

Non manca, però, chi prova a suggerire un uso più maturo dello strumento: “Che ci piaccia o no l’AI è fatta per restare e la vera differenza la farà chi saprà utilizzarla al meglio […]. Fossi in te proverei a integrarla nei tuoi processi come uno strumento che aggiunge ma non sostituisce”. Cosa che, conclude l’utente, potrebbe diventare un vantaggio competitivo nel mondo del lavoro.

E, per finire, la domanda da vertigine che starebbe bene in un film di Nolan: “Come fai a imparare le cose che chatGPT non sa fare se prima non impari quelle che chatGPT sa fare?”.

Le testimonianze degli studenti: frustrazione, dipendenza e casi-limite

Accanto alle analisi, spuntano le esperienze personali. Una studentessa di un corso medico scrive: “Non riesco minimamente a relazionarmi coi miei compagni perché sono totalmente dipendenti da chatgpt per ogni minima richiesta. La cosa è davvero deprimente e mi lascia senza speranze per il futuro”. 

E prosegue, chiedendosi: “Cosa faranno un domani in reparto e in corsia se non hanno il cellulare dietro a cui chiedere?”. Il problema si estenderebbe anche ai docenti, che “invece di screditare l'uso di chatgpt hanno accettato il suo uso passivamente”, al punto che “non interessa davvero a nessuno fare le cose per bene”.

C’è poi chi porta esempi concreti dei rischi: “Per un esame semplicissimo un compagno […] ha fatto riassumere il libro da ChatGPT. A due giorni dall'orale ha scoperto che l'AI aveva riassunto troppo e aveva saltato argomenti interi. Non si è presentato”.

E non manca l’episodio imbarazzante: “Leggendario un orale di storia medievale dell'anno scorso in cui un tipo ha insistito a più riprese davanti al professore che Federico Barbarossa fosse nato nel 1036 […] perché così gli aveva detto ChatGPT”

Non esattamente il massimo visto che, specifica, Federico Barbarossa è vissuto tra 1122 e 1190, e il corso si concentrava in maniera particolare proprio su quel periodo.

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