
È diventata quasi una verità assoluta: l’Erasmus è “l’esperienza della vita”. Un’opportunità imperdibile per stringere amicizie internazionali, uscire ogni sera, conoscere nuove culture e vivere finalmente senza limiti. Guai a metterlo in dubbio.
Eppure, non è per tutti così. Tra le tante esperienze positive, esistono anche quelle più difficili da raccontare: momenti di solitudine, delusioni, aspettative disattese. E non si tratta di casi isolati.
Lo dimostra un recente post comparso su Reddit, in cui uno studente ha condiviso il proprio vissuto personale, ben distante dal cliché della festa continua: “Solo io ho vissuto male l’Erasmus? - chiede - Ci sono andato due anni fa, in Ungheria. Ho avuto dei coinquilini orribili e il resto della gente Erasmus andava principalmente a bere e fumare nei locali. Ho avuto difficoltà a relazionarmi sia con la gente del posto che con gli studenti internazionali. Forse ero io a non dare belle impressioni, ma volevo capire se avessi avuto solo io questa esperienza poco proficua ed emozionante a livello personale”.
Un racconto che ha ricevuto numerose risposte da parte di utenti che, in parte o del tutto, si sono ritrovati nella sua esperienza.
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Se non ami fare festa, rischi di sentirti fuori posto
C’è chi ha provato a vivere l’Erasmus più volte, ma con sensazioni simili. “Io ho fatto due Erasmus, uno breve di lavoro e uno lungo di studio, stessi problemi”, scrive un ragazzo, “Se non ti diverte andare a bere o in generale a fare festa ti ritrovi velocemente da solo. Se ci metti anche che sei timido, è probabile che vivrai un Erasmus da eremita”.
Non si tratta solo di una questione di carattere. Anche il contesto può fare la differenza: “Se stai in un Paese in cui non sai la lingua e non sei madrelingua in inglese diventa ancora più difficile fare amicizia. Poi molto varia da Paese a Paese. Se sei in Spagna magari è più fattibile”, sostiene un altro studente.
Nonostante questo, per alcuni l’esperienza resta comunque formativa, anche se lontana da quell’immaginario spensierato che spesso la accompagna.
Timidezza e differenze culturali: la combinazione non sempre facile
L’elemento sociale è centrale in molti racconti. Chi non riesce ad agganciarsi ai classici gruppetti da “party Erasmus” spesso si sente escluso.
Un altro utente, descrivendosi come “la definizione di timido a cui non piace fare festa”, narra però una storia diversa: “In tutte e tre le situazioni (Spagna, Australia e triennale in Olanda) ho sempre fatto amicizia con persone a cui non interessava fare festa, e stavamo benissimo insieme. L’importante è non auto-escludersi, ma anzi cercare persone simili a noi”.
Non sempre, però, è così semplice. Capita anche di non trovare nessuno con cui sentirsi in sintonia, ed è lì che le difficoltà si fanno più evidenti.
Il peso delle aspettative
Un altro tema che emerge con forza è quello delle aspettative. L’Erasmus viene spesso descritto come il periodo più bello della vita universitaria, e quando le cose vanno diversamente ci si sente quasi sbagliati. “C'è gente che la prende così male che dopo qualche settimana o mese se ne torna a casa”, scrive qualcuno, “Si mette un sacco di pressione sull'Erasmus, ché per molti ragazzi è il momento in cui si esce di casa per la prima volta”.
C’è chi si è trovato del tutto spiazzato proprio da questa distanza tra immaginario e realtà: “Negli anni si è creato una sorta di mito che vuole che l'unico Erasmus che meriti di essere vissuto è quello a base di festini selvaggi tutte le sere”, fa notare un utente.
Quando il tempo aggiusta tutto
Per altri, invece, l’Erasmus non è stato facile fin da subito, ma col tempo qualcosa è cambiato. “L’ho fatto perché spinto dal desiderio di fare un’esperienza accademica internazionale e dalla voglia di confrontarmi con ragazzi provenienti da altri Paesi”, scrive un ex studente, “I primi mesi furono molto difficili (all’emozione dei primi giorni seguì una sorta di culture shock, per non parlare del fatto che non fu semplice relazionarsi con i coinquilini – tutti stranieri), però poi cominciai ad ambientarmi e crearmi tutta una serie di bei momenti”.
Secondo questo giovane, anche la scelta della città ha avuto un ruolo importante: “Scelsi una città universitaria nei Paesi Bassi. Una città a misura d’uomo in un Paese noto per la qualità della vita molto alta è di sicuro meno alienante di tanti altri posti”.