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vivere in cella esperimento università bicoccaUn'esperienza immersiva di cinque minuti. E' quanto basta a studentesse e studenti per comprendere come si vive in una prigione di 2 metri per 4. Si tratta di un esperimento messo in atto dall'Università 'Bicocca' di Milano, attraverso il quale l'ateneo fa provare le condizioni di vita dei detenuti agli studenti più curiosi.
fonte foto: via la Repubblica

E dopo aver provato l'inebriante sensazione di vivere stipati in veri e propri scantinati ottocenteschi, gli studenti ne escono pieni di dubbi. A rispondere alle loro domande sono Olivia Serra, laureanda in Psicologia e anche accompagnatrice nella finta cella, e Maria Elena Magrin, docente di Psicologia Giuridica e promotrice del progetto.

"Le persone non sanno niente del carcere”: intervista alla promotrice del progetto

La studentessa, intervistata da 'la Repubblica', ha spiegato i motivi alla base di questo insolito esperimento, a cui ha partecipato anche il laboratorio di falegnameria del carcere di Bollate. La fedele riproduzione, infatti, è stata messa a punto proprio dai carcerati che hanno provato a riprodurre una tipica cella di San Vittore, il carcere circondariale più popolato di Italia. Il progetto si rivolge non solo agli studenti ma a tutta la cittadinanza: ”abbiamo voluto proporre questa esperienza. Non solo agli studenti “liberi”, ma a tutta la cittadinanza” spiega la professoressa Magrin.

Chi vuole, dunque, può presentarsi in via dell'Innovazione 3 e provare sulla sua pelle cosa significa rimanere chiusi intere giornate in uno spazio così angusto: ”In realtà, la cella è aperta. Cioè, ha una maniglia interna, che nella realtà non esiste”, spiega Olivia Serio. ”Gli ex detenuti notano subito la fondamentale differenza. In carcere la porta è chiusa dall’esterno. La maniglia significa libertà. Il carcere ha un fine pena per quasi tutti, quindi a un certo punto si esce, e lì si apre il tema delle re-inclusione, di quello che succede dopo”, spiega Magrin.

Di certo si tratta di un'esperienza che, sebbene finta, dà un assaggio di realtà. Il corredo della stanza infatti è identico a quello fornito in dotazione nelle carceri: i brutti materassi blu e duri, l’armadietto minuscolo, il tavolino con sgabello e l'immancabile cesso-cucina. ”Tutti domandano perché nella turca c’è infilata una bottiglia…”, dice Olivia. E' perché in molti non hanno mai visto un gabinetto stile turca e non possono dunque comprendere l'ingegno dietro questa semplice opera: ”Serve a evitare la risalita degli scarafaggi”. I visitatori poi rivolgono le domande più strane alla docente, tra cui il colore della divisa - cioè se questa sia effettivamente arancione come nei film o serie americane . E questo accade anche perché ”la gente del carcere non sa davvero niente”. Meglio così, ci verrebbe da dire.

Data pubblicazione 24 Ottobre 2023, Ore 9:56 Data aggiornamento 24 Ottobre 2023, Ore 10:00
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