
E dopo aver provato l'inebriante sensazione di vivere stipati in veri e propri scantinati ottocenteschi, gli studenti ne escono pieni di dubbi. A rispondere alle loro domande sono Olivia Serra, laureanda in Psicologia e anche accompagnatrice nella finta cella, e Maria Elena Magrin, docente di Psicologia Giuridica e promotrice del progetto.
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"Le persone non sanno niente del carcere”: intervista alla promotrice del progetto
La studentessa, intervistata da 'la Repubblica', ha spiegato i motivi alla base di questo insolito esperimento, a cui ha partecipato anche il laboratorio di falegnameria del carcere di Bollate. La fedele riproduzione, infatti, è stata messa a punto proprio dai carcerati che hanno provato a riprodurre una tipica cella di San Vittore, il carcere circondariale più popolato di Italia. Il progetto si rivolge non solo agli studenti ma a tutta la cittadinanza: ”abbiamo voluto proporre questa esperienza. Non solo agli studenti “liberi”, ma a tutta la cittadinanza” spiega la professoressa Magrin.Chi vuole, dunque, può presentarsi in via dell'Innovazione 3 e provare sulla sua pelle cosa significa rimanere chiusi intere giornate in uno spazio così angusto: ”In realtà, la cella è aperta. Cioè, ha una maniglia interna, che nella realtà non esiste”, spiega Olivia Serio. ”Gli ex detenuti notano subito la fondamentale differenza. In carcere la porta è chiusa dall’esterno. La maniglia significa libertà. Il carcere ha un fine pena per quasi tutti, quindi a un certo punto si esce, e lì si apre il tema delle re-inclusione, di quello che succede dopo”, spiega Magrin.
Di certo si tratta di un'esperienza che, sebbene finta, dà un assaggio di realtà. Il corredo della stanza infatti è identico a quello fornito in dotazione nelle carceri: i brutti materassi blu e duri, l’armadietto minuscolo, il tavolino con sgabello e l'immancabile cesso-cucina. ”Tutti domandano perché nella turca c’è infilata una bottiglia…”, dice Olivia. E' perché in molti non hanno mai visto un gabinetto stile turca e non possono dunque comprendere l'ingegno dietro questa semplice opera: ”Serve a evitare la risalita degli scarafaggi”. I visitatori poi rivolgono le domande più strane alla docente, tra cui il colore della divisa - cioè se questa sia effettivamente arancione come nei film o serie americane . E questo accade anche perché ”la gente del carcere non sa davvero niente”. Meglio così, ci verrebbe da dire.