
La discussione nasce su Reddit, dalla domanda: “Come (e se) reagire ad un docente maleducato?”.
A scrivere è uno studente universitario che racconta una situazione nota nel suo corso di laurea: due professori conosciuti per commenti sarcastici e sgradevoli, soprattutto verso gli studenti fuori corso.
Il comportamento, spiega, cambia “a seconda dell’umore con cui si presentano all’esame”, fino ad arrivare a episodi che lasciano il segno. Raccontando, ad esempio, di una studentessa “ben preparata” che, all’ultimo appello, “è stata ridotta in lacrime perché il prof non la smetteva di provocarla”.
Il nodo centrale è la difficoltà di reagire in un contesto asimmetrico come quello di un esame. “Non è uno scambio tra pari”, scrive, e ammette di essere una persona che fatica a tollerare certe scene. Da qui la richiesta alla community: è meglio protestare o far finta di nulla?
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Cosa ne pensa chi ci è già passato: i disillusi
Una delle risposte più approfondite arriva da chi dice di parlare dopo aver toccato con mano la situazione: “Purtroppo, e te lo dico per esperienza. Non puoi”. Secondo l'ex studente, non esistono strumenti efficaci per intervenire, nemmeno tramite associazioni studentesche. Il problema, scrive, è strutturale: “Siamo strapieni di docenti che stanno dietro la cattedra solo per baronettismi vari”.
L’unica strategia praticabile, secondo questo punto di vista, è imparare a "farsi scivolare addosso le provocazioni e gli insulti”. Il commento si sposta, poi, sul tema del benessere psicologico negli atenei, che viene definito ampiamente trascurato. L’utente racconta un episodio del proprio ex ateneo, citando il suicidio di due studenti e il fatto che entrambi avessero lasciato biglietti riferiti ai “modi di fare dei professori”.
Registrare, denunciare, esporsi: gli estremisti
Un altro studente riporta di una situazione analoga nella propria università, dove “tre professori sono noti per degli atteggiamenti simili”. Invitando, però, all'azione. L'universitario suggerisce alcune opzioni "estreme": “Da solo puoi registrare l’audio dei vari orali e andare a parlare ad un giornale locale”, spiegando che la stampa tende a occuparsi di questi casi, soprattutto se collegati a temi sensibili.
Viene citata anche la possibilità di rivolgersi a un giornale interno dell’università, con la consapevolezza però dei rischi: “Difficilmente prenderanno parte a queste cose per via delle ritorsioni personali e per la censura che può fare l’università”.
L’esame prima di tutto: i prudenti
Accanto alle posizioni più dure, emerge anche una risposta più cauta. Un utente suggerisce che la priorità deve essere l’esame: “Non lo comprometterei, specie se è una questione che non ti riguarda direttamente”. L’idea di fondo, qui, è che esprimere il proprio punto di vista abbia un valore, ma non a costo di rimetterci sul piano accademico.
La strategia consigliata, perciò, è quella di rimandare ogni confronto a dopo, mantenendo toni civili: “Dopo però, con educazione, a mio avviso puoi dire tutto quello che vuoi”. Secondo questa visione, non tutti i docenti sono “cattivi a priori” e un confronto, se ben gestito, potrebbe anche portare a una riflessione.
L’utente, va detto, riconosce il limite di questa impostazione, e per questo conclude che “non essendo un mondo ideale, meglio muoversi con un po’ di astuzia”.