Mirko C.
di Mirko C.
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Paolo Borsellino: vent’anni fa moriva un sognatore

“La lotta alla mafia, il primo problema da risolvere nella nostra terra bellissima e disgraziata, non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale che coinvolgesse tutti e specialmente le giovani generazioni, le più adatte a sentire subito la bellezza del fresco profumo di libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità e quindi della complicità." (Paolo Borsellino)

E’ il 19 luglio 1992, un giorno torrido di una estate calda, in una Palermo infuocata dalla lotta alla mafia, dai morti ammazzati, dai pentiti e dalle minacce. Sono le ore 16.52 in via Mariano D’Amelio. E’ semideserta, silenziosa. Al civico 19 c’è un citofono, e sopra una targhetta: “Fiore-Borsellino”. Poco lontano c’è una Fiat 126, e in essa riposano oltre 100 chili di tritolo, anch’essi silenziosi, beffardi.

COSI’ MUORE UN EROE – Un boato. Il rimbombo si sparge per tutti i quartieri e le strade di Palermo. L’aria, già pesante si infuoca. E poi tutt’attorno sirene e vetri rotti. Mancano pochi minuti alle 17 e in via D’Amelio arriva il convoglio. Tre macchine blindate, sgommate e motori su di giri, tonnellate di acciaio e vetri a prova di bazooka. La Fiat Croma si ferma al centro della strada, insieme a lei le macchine della scorta. Scendono Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi. Scende anche un uomo, dopo aver lasciato sul sedile posteriore della Croma una borsa di pelle. Quest’uomo si chiama Paolo Borsellino, ed è uno dei magistrati italiani più impegnati contro la lotta alla mafia.

VENTI PASSI - Sono meno di venti metri dalla macchina a quel citofono con la targhetta “Fiore-Borsellino”. Il magistrato li percorre tutti, vi arriva davanti, suona. Vuoto. Un vuoto che colpisce una intera nazione. Una intera civiltà. Borsellino è morto, e con lui tutti gli uomini della scorta. L’autista si è salvato, è grave ma la Croma blindata lo ha protetto. Il quartiere è un campo di battaglia, ci sono feriti ma nessuno è morto. Nessuno che non fosse collegato con Borsellino. Chi ha compiuto la strage, chi ha azionato a distanza il detonatore, non ha nulla da spiegare al quartiere. Il tutto è stato semplice, pulito, chirurgico.

VENTI ANNI – Sono passati 20 anni da quel tragico giorno d’estate. Si è detto molto, si è fatto tanto, ma soprattutto non si è dimenticato. Borsellino è morto perché in fondo era solo un sognatore, credeva in un mondo più giusto e più sereno. Era una di quelle persone per le quali la verità è più importante perfino della propria vita. E molte volte la verità non può essere raggiunta, sfiorata o tantomeno immaginata. E’ troppo sconveniente, troppo grande per essere un problema di un uomo solo, che in fondo solo non lo è stato mai.

IL RICORDO – Oggi a Palermo sono previste cerimonie in onore del ventennale della strage di via D’Amelio. In forma privata parteciperà anche il Presidente della Camera Gianfranco Fini. Parteciperanno anche tantissimi ragazzi e ragazze. Perché il cambiamento, la rinascita e la costruzione di un futuro migliore è nelle mani dei giovani. Sono le loro idee, la loro voglia di sentirsi sognatori e liberi che spezzeranno le catene del terrore. Perché in fondo le idee di Borsellino, e di chi come lui lottava per un futuro migliore, continuano a vivere, e lo fanno negli occhi di ogni singolo giovane che oggi andrà in via D’Amelio, a lasciare un fiore o semplicemente un saluto.

Mirko Carnevale

Data pubblicazione 19 Luglio 2012, Ore 11:15 Data aggiornamento 19 Luglio 2012, Ore 11:28
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