
Per questo motivo il regime politico-religioso che governa l’Iran ha arrestato Mohammadi 13 volte, condannandola complessivamente a 31 anni di prigione. Nell’ambito delle varie condanne è stata inoltre sottoposta anche a pene corporali, tra cui 154 frustate: e tutt'oggi si trova ancora in prigione, simbolo morale di una protesta che in Iran non vuole affievolirsi. Scopriamo qualcosa in più su questa donna così coraggiosa, e cerchiamo di ricostruire il suo cammino fin qui.
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Chi è Narges Mohammadi, Premio Nobel per la pace 2023
Mohammadi è Nata nel 1972 a Zanjan, una città a circa 300 chilometri a nord-ovest di Teheran, la capitale iraniana, Mohammadi si è laureata in Fisica, anche se ha fatto dell'attivismo il suo pane quotidiano. Nel 2003 entrò a far parte del Centro dei difensori dei diritti umani, una Ong fondata da Shirin Ebadi, un’altra vincitrice del Nobel per la Pace: e in poco tempo ne divenne vicepresidente. Nella sua attività Narges Mohammadi si adoperò soprattutto per la difesa dei diritti dei carcerati e dei prigionieri politici e si schierò apertamente a favore dell'abolizione della pena di morte. Nel corso della sua carriera è stata arrestata innumerevoli volte, e ha trascorso buona parte degli ultimi 15 anni in prigione dove si trova tutt'ora. Nonostante la reclusione, però, ha avviato numerose campagne contro l’uso della tortura e delle violazioni sessuali soprattutto contro le carcerate donne.Nel settembre 2022 la morte di Mahsa Amini fece da innesco per una vera bomba sociale. Migliaia le proteste in tutto il Paese contro quello che in molti hanno definito un omicidio da parte della polizia religiosa morale iraniana. Allo scoppio delle proteste, Mohammadi si trovava in prigione ma riuscì comunque ad ergersi a guida 'morale', assumendo un vero e proprio ruolo di ”leadership”, come motiva il Comitato norvegese di Oslo.
Così facendo Mohammadi è diventata punto di riferimento anche in questa battaglia, nonostante si trovi in una delle prigioni più dure del Paese. Più di 500 detenuti uccisi a sangue freddo, oltre 20mila gli arrestati: il carcere di Evin è un vero inferno sulla terra dove vengono rinchiusi tutti i dissidenti del regime. E proprio l'attivista ha denunciato tutti i soprusi in una lettera inviata alla 'BBC', descrivendo come lo stupro e le violenze sessuali fossero usati sistematicamente come forma di tortura per punire le donne detenute a Ervin.Per la sua instancabile attività sul fronte umanitario, il Comitato norvegese ha ritenuto di premiarla con il massimo riconoscimento, insignendola del Premio Nobel per la pace 2023.