
Nonostante, infatti, la quasi totalità delle strutture universitarie si sia attrezzata per supportare gli iscritti con disabilità c’è ancora un grosso problema da risolvere: è quello che coinvolge il sistema dei trasporti e la mobilità esterna agli atenei stessi.
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Studenti disabili e accesso all’università: quanti decidono di proseguire gli studi?
Secondo lo studio svolto dall’Agenzia di valutazione del sistema universitario e ricerca, in collaborazione con la Conferenza Nazionale Universitaria dei Delegati per la Disabilità, risultano iscritti all’università 36.816 studenti affetti da disabilità o da disturbi dell’apprendimento (considerando corsi di laurea o post-laurea in Italia) nell’anno accademico 2019/2020. Di questi, una metà scarsa (17.390) rientra nella cerchia dei ragazzi con disabilità oltre il 66%. A seguire troviamo i ragazzi con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (16.084 mila) e gli studenti con un’invalidità inferiore al 66% (3.342 mila).Quanto alla loro distribuzione, nella maggior parte dei casi questi studenti prediligono corsi di laurea a indirizzo umanistico e si affidano ad atenei statali. E anche se sono stati soltanto 446 i ragazzi disabili che hanno deciso di proseguire il proprio percorso di studi attraverso l’iscrizione a una scuola di specializzazione o a un master di I o II livello, il rapporto fa notare il trend positivo, in crescita anno dopo anno, della presenza di ragazze e ragazzi disabili o DSA che entrano all’università.
Studenti disabili all’università: quali servizi mancano?
Perché gli atenei, tutto sommato, si stanno organizzando. Secondo quanto reso noto dalla ricerca Anvur-Cnudd, sulle 90 università italiane esaminate, quasi tutte hanno abbattuto le barriere architettoniche all’ingresso. Anche se ancora solo un terzo garantisce tutti i servizi rilevati: orientamento specifico, supporto alla didattica, trasporti e mobilità interna e ausili. Quelli maggiormente presenti sono senza dubbio quelli relativi all’orientamento specifico e al supporto: il 76,7% delle strutture supporta i ragazzi in difficoltà prima, durante e dopo gli studi, spesso mediante monitoraggi costanti, appuntamenti e tirocini post-laurea; il 68,7% fornisce una notevole assistenza alla didattica, attraverso un tutoraggio specializzato sulle esigenze degli studenti e fornitura di materiale in formato accessibile.Bene, dunque, ma si potrebbe fare meglio. Perché solo circa la metà degli atenei fornisce supporto specifico per la mobilità internazionale, e poco più di 1 su 2 il servizio di lingua dei segni italiana. Parlando di ausili, sono disponibili display Braille solo nel 25% circa dei casi, strumenti informatici Braille nel 45, 6% e comunicatori in poco più del 34%. Meglio per quanto riguarda sintesi vocale (presente nel 73,3%), apparecchi informatici/multimediali (80%) e video ingranditori (75,6%). Pochi invece i disability o diversity manager - quei professionisti con la funzione di trovare soluzioni che favoriscano l'autonomia della persona disabile, anche durante la formazione - presenti nell’intero sistema.
Ma forse ciò che emerge di più in modo negativo è la scarsa predisposizione di servizi di trasporto e mobilità per gli studenti: solo il 28,3% delle università analizzate mette in campo risorse per questo tipo di supporto, con la percentuale che si abbassa ulteriormente se prendiamo in considerazione il trasporto con mezzi e personale di ateneo (17,8%) e l’ausilio di mezzi che possano essere utilizzati mediante rimborso spese (15,6%). Comunque insufficiente - anche se nettamente più alta - la fetta di atenei che fornisce servizi di trasporto con appalto esterno (34,4%). Non eccellente neanche la performance per quanto riguarda i servizi di mobilità interna tra sedi di ateneo, con il dato che si ferma al 45,6%.
Da questa panoramica non si può che concludere che sul diritto allo studio in Italia c’è ancora della strada da fare. Le difficoltà legate non tanto alla didattica (anche se, come abbiamo visto, si può migliorare) quanto alla logistica, continuano a esistere. Portando le persone con disabilità a trovarsi in svantaggio per la prosecuzione della propria formazione post-diploma e post-laurea. Una situazione che, si auspica, possa definitivamente essere sanata il prima possibile.