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In un periodo in cui si dà molto contro il sistema scolastico, c’è una storia, riportata dal ‘Corriere della Sera’, che svela quali sono e quali dovrebbero essere i valori di questa istituzione. Tutto parte da quanto accaduto a “Lucia”, la chiameremo così.

Sono le 8.15 di una domenica di Novembre, quando una madre chiude il computer. Ha appena inviato una mail alla scuola: “Mia figlia è ricoverata, resterà assente da scuola per un pò”. Solo cinque righe, ma pesanti come un macigno. Nessun dettaglio ma tanta paura e silenzio.

Indice

  1. Una tempesta improvvisa
  2. Una comunità che non arretra
  3. La fotografia spezzata
  4. Non effetti speciali, ma grida silenziose

Una tempesta improvvisa

Lucia era una studentessa brillante. Al momento dei fatti, frequentava il liceo classico con ottimi voti e un percorso lineare. Poi qualcosa si spezza, si fa sfuggente e cupa ed è proprio lì che arriva una sostanza sintetica, “solo per provare”, poi un’altra, per tenere lontana l’ansia, poi il blackout e il ricovero.

Ma c’è stato un gesto da parte della scuola che ha cambiato il corso della vicenda. Alle 9.30 sempre di quella triste Domenica, il telefono vibra. Numero sconosciuto. La madre di Lucia risponde temendo il peggio: fortunatamente non era l’ospedale, ma il preside del liceo della figlia. Aveva letto la mail e aveca chiamato non per chiedere spiegazioni ma chiama per "esserci". Per dire: "Vi abbiamo letti, vi abbiamo visti."

Ma il preside non solo ha chiama, si è presentato in ospedale. E da lì comincia qualcosa. Una cosa rara che ha ancora il sapore di scuola vera.

Una comunità che non arretra

Da quel momento, per sostenere Lucia, si crea una vera e propria rete capillare di importanti presenze: insegnanti, famiglia e amici. La scuola diventa argine e non si limita a dire “va tutto bene”, ma nemmeno si volta dall’altra parte.

Scolasticamente si è costruito un percorso insieme alla famiglia e al suo rientro Lucia è stata accolta senza battute, senza sguardi strani, senza frasi fuori posto.

La fotografia spezzata

Il giorno in cui Lucia ha fatto ritorno in classe, il preside l’ha fatta chiamare in ufficio. Le ha mostrato una fotografia incorniciata, rotta e poi ricomposta. Lui e suo figlio, insieme. Un’immagine che uno studente, anni prima, aveva fatto a pezzi in un momento di rabbia. Una collaboratrice scolastica, appassionata d’arte, l’aveva aiutato a rimetterla insieme.

Lui le dice: “Guarda questa foto. A me appare più bella di prima. Ci ho messo tempo a ricostruirla. Dopo una caduta non si riparte da zero. Gli errori restano, ma servono a ricordarci che possiamo rialzarci”.

Lucia ce la fa: a giugno prende la Maturità. Non è una storia di redenzione ma è una storia di relazione. Della scuola che non giustifica, ma resta. Che non salva, ma accompagna. Che non cerca la “brava ragazza”, ma guarda la persona.

Non effetti speciali, ma grida silenziose

Oggi, la madre scrive: “Mia figlia è stata sostenuta con rigore, umanità, silenzio e dedizione. La scuola non ci ha lasciati soli. Ha creduto in lei quando nemmeno lei ci riusciva più”.

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