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eurostat povertà ereditaria

Italia bocciata nelle sue politiche di educazione finanziaria. Se la rilevazione PISA OCSE 2022 certifica che i nostri quindicenni mediamente sono meno preparati in questo ambito dei loro coetanei degli altri paesi economicamente avanzati, gli ultimi dati Eurostat bocciano le politiche intraprese in questo campo dal nostro Paese negli ultimi decenni.

 

Chi nasce povero ha alte probabilità di rimanerlo a vita

A livello europeo, infatti, circa il 20% di chi attualmente arranca dal punto di vista finanziario era nella medesima situazione già quando era un bambino, alle nostre latitudini tale dinamica riguarda ben il 34% degli adulti in difficoltà.

E la situazione è nettamente precipitata rispetto al periodo pre-pandemia, quando a segnalare il peggio erano il 30,7%.

Perché questi dati sono strettamente connessi con l’educazione finanziaria ricevuta (o non ricevuta) al di fuori del contesto familiare? Perché l’indagine ha interrogato una rappresentanza consistente di cittadini UE tra i 20 e i 59, quindi in teoria i lavorativamente più attivi, chiedendo come se la passassero dal punto di vista economico e quale fosse la propria storia familiare.

 

eurostat rischio povertà

 

Ebbene, provenire da una famiglia ricca permette di avere quella dote finanziaria ma soprattutto quelle competenze che consentono di mantenere lo status quo: la media europea dei ricchi da giovani e poveri da adulti è nell’intorno del 12,4%. Quindi, sempre a livello europeo, chi proviene da una famiglia meno abbiente ha poco meno del doppio delle possibilità di restare in tale situazione finanziaria rispetto ad un cittadino in partenza più benestante.

 

Solo le economie emergenti fanno peggio di noi

Tornando ad analizzare il contesto nostrano, la percentuale di popolazione adulta a rischio povertà - 34% - non solo è di per sé inquietante ma ci pone pure in pessime condizioni a livello comunitario quanto a prospettive di miglioramento sociale: siamo tristemente al terzultimo posto. Peggio di noi fanno solo due Paesi ancora in via di sviluppo, come Bulgaria e Romania, dove il fattore ereditario è alla base delle difficoltà, rispettivamente, del 48,1% e del 42,1% degli indigenti.

Mentre, osservando quanti provengono da una famiglia più o meno benestante, il rischio si riduce notevolmente: qui solo il 14,4% delle persone a rischio povertà lo era già da minorenne. Tradotto: da queste parti il famoso ascensore sociale è molto più lento che in quasi tutto il resto del Vecchio Continente e, se uno nasce povero, in un caso su tre probabilmente lo resterà a vita.

 

In questo, secondo l’analisi di Eurostat, un ruolo decisivo lo gioca anche la maggiore o minore possibilità di accedere all’istruzione. Perché il rischio di navigare in cattive acque è ancora più elevato per quei bambini i cui genitori hanno un titolo di studio più basso, rispetto a chi in tenera età aveva mamma e papà con un laurea o addirittura un master post-universitario.

 

I Paesi in cui si può sperare di più nel riscatto sociale

La conferma di ciò ce la dà l’altro lato della classifica, quello in cui si posizionano i Paesi in cui le differenze sociali si notano meno. E che, guarda caso, ospita prevalentemente le nazioni più blasonate per l’efficienza e l’apertura del proprio sistema scolastico.

La migliore in assoluto è la Danimarca, che addirittura è l'unica realtà in cui gli adulti che vivevano in famiglie finanziariamente svantaggiate non stanno affrontando un rischio più alto degli altri, anzi: per quanti provengono da contesti umili e dell’8,5%, per quelli con una buona situazione alle spalle sale all'8,9%. Ottimo anche il quadro, con differenze minime tra i due gruppi seppur a vantaggio dei più agiati, in Slovenia (10,9% contro 10,4%) e Finlandia (10,1% e 9,2%).