
Ogni novità ha bisogno di tempo per essere metabolizzata e apprezzata, soprattutto se parliamo di un tema complesso come stabilire chi può frequentare i corsi di laurea di Medicina, Odontoiatria e Veterinaria e chi, invece, deve ritentare il prossimo anno.
Il Semestre Aperto non sembra fare eccezione. L’attesa “liberazione” dai test d’ingresso fa quasi rimpiangere gli stessi quiz. Perché, con il senno di poi dell’esperienza maturata nei primi due mesi abbondanti di corso, quasi 2 aspiranti “camici bianchi” su 3 considerano il nuovo sistema addirittura peggiore rispetto alla precedente modalità di selezione.
Anche perché in molti hanno comunque dovuto investire delle discrete somme per integrare la preparazione offerta dall’università - comprare materiali, accessi a piattaforme o corsi propedeutici agli esami del semestre - con una spesa media di circa 460 euro a studente.
A rivelarlo è un sondaggio realizzato da Skuola.net su un campione di 500 ragazze e ragazzi impegnati nei corsi di laurea di quello che è stato chiamato anche “semestre filtro”, per tracciarne un primo bilancio, basato su un trimestre di lezioni di Chimica, Biologia e Fisica. Materie, queste, al centro proprio dei due appelli d’esame in arrivo, fissati per il 20 novembre e per il 10 dicembre.
Indice
- Il morale delle matricole alla vigilia degli esami
- Lezioni in presenza a ostacoli: aule chiuse, Dad forzata e spazi insufficienti
- La comunicazione degli atenei sotto accusa
- Supporto alla preparazione: simulazioni, materiali e un aiuto che non arriva per tutti
- Il peso dei costi extra: quanto stanno spendendo gli studenti
Il morale delle matricole alla vigilia degli esami
In quanto raccontato dalle matricole, va detto, non c’è nulla che non si possa migliorare - dalle aule sovraffollate alla mancanza di comunicazioni chiare da parte degli atenei, passando per la coperta di Linus degli strumenti di preparazione complementari - ma è indubbio che, tra chi ha inaugurato la riforma, qualche mal di pancia si sta facendo strada.
E, anche per questo motivo, ci si sta avvicinando al fatidico appuntamento con la prima tornata di esami con un morale generale piuttosto basso: solo il 24% degli intervistati si dichiara ottimista sulle proprie possibilità di proseguire il corso di laurea anche nel secondo semestre.
Difficile attribuire tutto questo alla classica ansia da selezione. Molto, infatti, sembra dipendere sia dal livello di preparazione individuale - su cui gli atenei pare abbiano avuto un ruolo sostanziale, spesso in negativo - sia dal modo in cui è stato strutturato il Semestre Aperto.
Lezioni in presenza a ostacoli: aule chiuse, Dad forzata e spazi insufficienti
Per prima cosa, non tutti hanno potuto frequentare le lezioni in presenza: solo il 33% ha avuto la possibilità di presenziare a gran parte degli insegnamenti, tutti gli altri si sono dovuti accontentare di alternare la presenza alla distanza oppure sono stati, nel 30% dei casi, costretti alle sole lezioni in Dad, per scelta dell’ateneo.
Non poche, dunque, le università che hanno deciso di chiudere i battenti per evitare il previsto sovraffollamento delle aule. Che prontamente è stato rilevato da chi ha frequentato in presenza: il 44% di loro segnala, guarda caso, problemi di scarsa capienza delle strutture. Un ulteriore terzo parla di piccoli disagi comunque gestibili. Solo il 24% descrive spazi davvero adeguati.
La comunicazione degli atenei sotto accusa
Non è andata meglio sul fronte della comunicazione istituzionale: il 52% ritiene che le informazioni fornite dagli atenei sul funzionamento di esami e graduatorie non siano state sufficienti. Nel dettaglio, il 36% le ha giudicate poco chiare e il 16% addirittura confuse o praticamente assenti.
Supporto alla preparazione: simulazioni, materiali e un aiuto che non arriva per tutti
L’aspetto più positivo, se vogliamo, è stato quello delle attività messe in piedi dagli atenei per accompagnare la preparazione delle matricole. Molte università si sono, infatti, attivate con materiali e simulazioni mirate, che hanno raggiunto circa 7 studenti su 10: il 39% dice di aver ricevuto risorse per tutte e tre le discipline del semestre, il 4% solo per alcune materie, l’8% ha potuto assistere a corsi o attività aggiuntive.
Tuttavia, non è trascurabile quel terzo di intervistati che si è lamentato di non aver ricevuto alcun supporto. Anche se, va detto, il 17% non è neppure al corrente dell’esistenza di iniziative dedicate: negligenza propria o assenza di comunicazione da parte dell’ateneo?
A prescindere dall’aiuto esterno, comunque, gli studenti non sono rimasti con le mani in mano: il 42% ha svolto in autonomia simulazioni di test con regolarità, il 30% lo ha fatto ma saltuariamente, mentre solo il 28% ha latitato su questo fronte.
Il peso dei costi extra: quanto stanno spendendo gli studenti
E parlando di preparazione, non può essere certo tralasciato il dato economico, che peraltro ha contribuito ad alimentare tensioni e incertezze. Il Semestre Aperto, infatti, non sembra aver ridotto i costi a carico degli studenti.
Anzi: molti stanno investendo cifre significative per affrontare al meglio la selezione. Solo il 13% afferma di non aver speso nulla oltre a quanto richiesto dall’università in fase di iscrizione. Per tutti gli altri, invece, il conto è tutt’altro che irrilevante.
Una quota consistente è riuscita a mantenersi entro budget contenuti - tra i 50 e i 100 euro per il 17%, tra i 100 e i 200 euro per il 10% - ma il 12% ha già superato i 200 euro, arrivando fino a 400. Un altro 12% si colloca nella fascia 400-600 euro, mentre il 15% dichiara di aver investito tra i 600 e gli 800 euro.
Non mancano, poi, casi in cui l’esborso è stato ben più impegnativo: il 9% ha messo sul piatto tra gli 800 e i 1000 euro e il 12% ha superato la soglia dei mille. Alla fine dei conti, il costo medio sostenuto in questa fase è stato di 459 euro per studente.