
Dimmi che diploma prendi, ti dirò se andrai all’università
Partiamo dal principio: la strada già viene tracciata con le scelte che si compiono dopo l’esame di Terza Media. A un anno dal conseguimento del titolo, la quota di diplomati che studiano all’università è più elevata tra i liceali (65,7%) rispetto ai diplomati tecnici (33,5%) e professionali (19,4%). Al contrario, i diplomati che lavorano in via esclusiva sono pochi tra i liceali (6,4%), rispetto ai diplomati tecnici (34,1%) e ai professionali (43,2%).Questo, in realtà, conferma lo sbocco “naturale” dei diversi indirizzi, che viene ribadito dai risultati dell’indagine a tre anni dal diploma: chi si dedica esclusivamente agli studi universitari si trova soprattutto fra i liceali (58,9%, rispetto al 32,1% dei tecnici e al 16,3% dei professionali), mentre la quota di chi lavora senza essere contemporaneamente impegnato nello studio rimane preponderante tra i diplomati professionali e quelli degli istituti tecnici (al 57,3% e 43,2%) più che tra i liceali (8,8%).
Se da un lato, quindi, chi esce dal liceo tendenzialmente cerca di rendersi più appetibile al mercato del lavoro proseguendo la propria istruzione, chi completa una scuola tecnica o professionale spesso vi entrerà prima, pur rinunciando a un’ulteriore formazione che potrebbe aprirgli nuove porte.
Meglio si va scuola, più è probabile proseguire gli studi dopo il diploma
Se il tipo di diploma lascia il suo segno nel destino di un giovane che inizia la sua carriera, come visto è però il voto con cui si lascia la scuola che può imprimere un’impronta ancora più decisiva. L’impegno in un’attività lavorativa sembra infatti essere una caratteristica dei diplomati con voti più modesti, anche quando si parla di tecnici o professionali. Un dato che fa pensare che, come anticipato, anche quando consideriamo scuole che preparano al mondo del lavoro, tra chi eccelle è considerata comunque una scelta migliore provare a ottenere altre competenze oltre a quelle garantite dall’istruzione secondaria. Così la prosecuzione degli studi, è una scelta che coinvolge soprattutto i diplomati più brillanti: indipendentemente dalla condizione lavorativa, infatti, a un anno dal titolo il 78,0% è iscritto all’università rispetto al 59,7% di quelli con voto basso. Allo stesso modo, in ciascun percorso formativo, a tre anni la decisione di iscriversi all’università è più diffusa tra chi ha conseguito una votazione maggiore: è il 75,4% rispetto al 59,7% dei diplomati meno “bravi”.
Questa dinamica è ancora più marcata negli istituti tecnici e nei professionali: chi si iscrive all’università dopo una carriera scolastica da primo della classe è esattamente il doppio di chi compie la medesima scelta partendo da pagelle più modeste. Al contrario non si registra una grossa differenza in termini percentuali tra il contingente di liceali che vanno all’università partendo da valutazioni elevati o da esiti meno lusinghieri.
Se da una parte è naturale pensare che chi ottiene voti più alti alle superiori sia naturalmente portato a proseguire gli studi, dall’altra siamo anche consapevoli che il sistema di valutazione scolastico spesso non riesce a rappresentare correttamente il valore del capitale umano rappresentato da ciascun individuo. Motivo per cui esistono talenti che sbocciano dopo il diploma nonostante un percorso scolastico claudicante e studenti altamente performanti in ambito scolastico incapaci di realizzarsi in ambito accademico o lavorativo.
Licei, tecnici, professionali: chi ha un voto alto è più attratto dall’università
Andando più nello specifico, tra chi ha un voto alto al liceo, dopo un anno è il 71,9% che si dedica solamente all’università, il 21,6% studia e lavora e il rimanente si divide tra chi lavora e basta, chi è in cerca di lavoro e chi, per diverse motivazioni, non cerca lavoro. Diverso è lo scenario tra chi ha ricevuto invece un voto basso: si abbassa di netto la quota di chi si dedica interamente allo studio (58,8%), cresce di poco chi studia e lavora (23%) mentre è nettamente di più chi ha scelto di lavorare (10%). Sale anche la percentuale di chi non cerca un impiego (5,6%).Tra i tecnici si vede la stessa tendenza: studia il 44,9% dei “primi della classe”, contro il 20,8% dei meno bravi; studia e lavora rispettivamente il 18,7% e il 14,5%; lavorano senza essere iscritti all’università il 26,1% e il 42,4%. A cercare lavoro, tra i diplomati tecnici con voti di diploma alti, sono il 5,4% contro il 13,1% di quelli con voti bassi, e non lo cerca il 4,9% e l’8,6%. I diplomati professionali, che più di altri dovrebbero ambire a esercitare la professione una volta preso il titolo, non agiscono in maniera differente: l’università è una scelta ben più considerata da chi ha un risultato più brillante, pur non essendo quella principale. Basti pensare che quasi 1 su 4, tra chi ha un diploma professionale dal voto alto (il 24,9%), a un anno dal titolo, è impegnato esclusivamente a studiare, mentre tra chi ha fatto più fatica a scuola il numero scende al 13,4%. Inoltre tra i primi è minore la cifra di chi cerca un impiego (12,6%) e di chi non cerca lavoro (5,6%) rispetto ai secondi, che invece si assestano sul 22,5% e sul 12,5%. Minima la differenza tra chi studia e lavora (tra i voti alti è il 13,1%, tra i voti bassi il 9,1%) e tra chi è impegnato solamente in un lavoro (43,9% e 42,4%) anche se la differenza va a favore dei diplomati con punteggio maggiore.
Chi sceglie l’università vuole migliori opportunità di lavoro
Di fondo, è opinione comune che l’università sia davvero utile a trovare un lavoro qualificato. È la principale motivazione alla base di tale scelta: il 43,4% intende migliorare le opportunità di trovare lavoro, il 18,2% ritiene che la laurea sia necessaria per trovare lavoro. Il 36,0% dei diplomati è spinto invece dal desiderio di migliorare la propria formazione culturale. Se guardiamo all’indirizzo di studio, tanti diplomati tecnici dichiarano di essersi iscritti proprio per migliorare le possibilità di trovare un lavoro (47,4%; è il 41,7% per i liceali e 42,8% per i professionali), mentre la prosecuzione degli studi è dettata dal desiderio di migliorare la propria formazione per il 40,3% dei professionali, rispetto al 38,8% dei tecnici e al 34,6% dei liceali. Per i liceali, invece, l’iscrizione all’università viene vissuta come una scelta obbligata per accedere al mercato del lavoro (22,0%; è il 9,9% per i tecnici e 13,6% per i professionali).