Marcello G.
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Per i diplomati di oggi la parola d’ordine è concretezza. Forse complice il periodo storico in cui stiamo vivendo ma i ragazzi sembrano badare più al sodo e meno alle forme. Continuare a studiare o andare subito a lavorare una volta finite le scuole superiori? È questo il grande dilemma che affligge ogni neodiplomato. Da un lato il salto nel vuoto dell’università, con la laurea che non garantisce più un lavoro adeguato allo sforzo; dall’altro il mondo del lavoro, con tassi di disoccupazione alle stelle. E allora che fare? Gli studenti pare abbiano trovato il modo per decidere. Molto dipende dal voto di maturità, proprio così. Perché i dati ci dicono che i ragazzi che conseguono il diploma con un voto medio-basso preferiscono puntare ad un lavoro. A dirlo è l’ultima indagine Almalaurea sulle scelte formative e sulla situazione occupazionale dei diplomati italiani.

Dopo la maturità, chi ha voti bassi preferisce cercare un lavoro

Se, infatti, tra i diplomati con un voto alto solo il 13% risulta impegnato in attività lavorative, nel caso degli studenti meno bravi questa quota sale fino al 21,5% (ben 8,5 punti di differenziale). Questo ad un anno dalla maturità; perché il divario cresce ulteriormente dopo alcuni anni dal conseguimento del titolo: dopo 3 anni lavora il 31% dei meno studiosi mentre quelli col voto di diploma alto si fermano al 20%; dopo 5 anni i primi salgono al 42%, i secondi non superano il 32%. In media, però, circa il 17% dei diplomati preferisce magari guadagnare meno ma anticipare l’ingresso nel mondo del lavoro.

Università dopo il diploma, strada principale per chi va bene a scuola

Di contro, i ragazzi più a loro agio con libri, lezioni e appunti fanno salire la popolazione universitaria. In generale, circa il 70% dei diplomati prosegue la propria formazione iscrivendosi a un corso di laurea; il 54% lasciando da parte qualsiasi altra attività e dedicandosi esclusivamente agli studi, il 16% cercandosi contemporaneamente un lavoro per pagarsi l’università o per arrotondare un po’). Ma se scorporiamo il dato, prendendo come parametro il voto di maturità ci accorgiamo che, chi esce dalle superiori con un punteggio elevato, nel 78% dei casi dopo un anno risulta iscritto all’università (contro il 62% di quelli con voto basso). Anche se poi, nel tempo, i numeri calano (già a tre anni dal diploma si scende, rispettivamente, al 72% e al 57%). Dati in linea col tasso di abbandono dell’università, che dopo un triennio dalla maturità è attorno all’8% (dopo un anno è già al 6%).

Chi esce dai professionali è pronto per lavorare, liceali affezionati all’università

Ma, a prescindere dal voto impresso sul diploma, qual è la composizione dei maturati-lavoratori? Circa 33 diplomati su cento, dopo dodici mesi dalla maturità, hanno un’occupazione. La maggior parte proviene dagli istituti professionali: a un anno dagli esami risulta occupato oltre il 48% di loro (il 41% lavora senza studiare, il 7% fa entrambe le cose). I meno convinti da un occupazione immediata sono, invece, i liceali che cedono subito al mondo del lavoro appena il 25% dei diplomati (tra l’altro il 20% continua anche a studiare, lasciando ferma al 5% la quota di lavoratori esclusivi). La conseguenza è che il 69% degli ex liceali si dedica al 100% all’università; gli studenti degli istituti tecnici sono solo il 38%, quelli dei professionali appena il 19%. Numeri abbastanza prevedibili, considerando che i licei preparano molto di meno al mondo del lavoro rispetto agli altri due indirizzi che, invece, accompagnano alla didattica una dose maggiore di insegnamenti pratici.

Marcello Gelardini

Data pubblicazione 15 Febbraio 2017, Ore 11:57 Data aggiornamento 15 Febbraio 2017, Ore 12:07
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