
Ogni giorno circa 120.000 brani musicali appaiono sulle varie piattaforme di streaming digitale in tutto il mondo. Tra questi ci sono composizioni originali, ma abbondano anche le tracce di rumori e suoni come motori, onde dell'oceano ed effetti di animali, nonché versioni di classici per bambini e opere generate dall'intelligenza artificiale. Questa valanga di contenuti ha portato Spotify, il colosso svedese dello streaming musicale, a prendere una misura drastica: non compensare i diritti d'autore per i brani che non raggiungono almeno 1.000 visualizzazioni negli ultimi 12 mesi. Secondo le stime più accreditate, ciò lascerebbe senza compenso l'82% del catalogo totale del servizio di streaming.
Il motivo principale di questa decisione è il notevole aumento dei costi legati alla memorizzazione dei cataloghi sui server. Si stima che questi costi siano cresciuti in modo significativo, passando da circa 35 milioni di euro nel 2019 a oltre 130 milioni di euro nel 2022, secondo i dati interni di Spotify.
Su quasi 184 milioni di brani disponibili sulle piattaforme di streaming audio, oltre l'80% ha ricevuto 1.000 riproduzioni o meno durante l'ultimo anno.
Il buco nero di Spotify
Ma la cosa più sorprendente è il "buco nero di Spotify" che questi dati hanno messo in luce: 45,6 milioni di brani non hanno ottenuto alcun ascolto, vale a dire il 25% del catalogo musicale disponibile. Di questo passo entro il 2028 ci saranno circa 100 milioni di canzoni "dimenticate", che non verranno mai ascoltate, e ciononostante occuperanno spazio nelle librerie musicali insieme ad altre con centinaia di milioni di ascolti.
In risposta a questa situazione, Spotify ha deciso di ridistribuire i micropagamenti che in precedenza venivano assegnati ai brani con un numero nominale di visualizzazioni, destinandoli a premiare gli artisti con una presenza più significativa sulla piattaforma. Si stima che questa riallocazione potrebbe liberare fino a 1 miliardo di dollari per questi artisti e, allo stesso tempo, scoraggiare il caricamento massiccio di contenuti di bassa qualità.
Nel tentativo di combattere i contenuti "spam", Spotify ha anche annunciato la rimozione di migliaia di brani generati dall'intelligenza artificiale e riprodotti da "bot" al fine di gonfiare i suoi parametri e ottenere il pagamento dei diritti che non corrispondevano alle riproduzioni reali.