
L’Oxford University Press ha scelto “rage bait” come parola dell’anno, evidenziando un fenomeno ormai radicato nelle dinamiche dei social media: la capacità di sfruttare l’indignazione online per amplificare il coinvolgimento degli utenti.
Oxford lo definisce come un “contenuto online deliberatamente progettato per suscitare rabbia o indignazione, tipicamente pubblicato al fine di aumentare il traffico o il coinvolgimento verso una particolare pagina web o account di social media”.
Negli anni passati erano stati selezionati termini come “podcast”, “goblin mode” e “brain rot”, ma la scelta attuale riflette una crescente attenzione verso i meccanismi che regolano le reazioni e interazioni sui social.
Come nasce il termine Rage Bait
L’origine del termine risale al 2002, quando è comparso per la prima volta sul web. All’epoca veniva utilizzato come modo per designare un particolare tipo di "reazione" di un automobilista contro un altro automobilista che gli lampeggiava per sorpassarlo, introducendo l'idea di "rabbia incontenibile". Nel tempo, però, l’espressione si è ampliata nel suo significato, arrivando a rappresentare un fenomeno tipico delle piattaforme online.
Con l’ascesa dei social media e dei loro algoritmi, il fenomeno ha assunto forme più sistematiche. L’annuncio di Oxford ricorda, infatti, come si è sviluppata una pratica chiamata ‘rage farming’, che consiste in un tentativo più sistematico di:
- manipolare le reazioni;
- alimentare rabbia;
- agganciare gli utenti;
- disseminare contenuti provocatori.
Casper Grathwohl, presidente di Oxford Languages, ha osservato che la diffusione e l'aumento significativo dell'utilizzo di "rage bait" significa che "siamo sempre più consapevoli delle tattiche di manipolazione in cui possiamo essere coinvolti online”, una questione che si inserisce nel “dibattito in corso su cosa significhi essere umani in un mondo guidato dalla tecnologia, e sugli estremi della cultura online”.
Quali sono stati i criteri di scelta
Tra il 24 e il 27 novembre più di 30.000 persone hanno votato per individuare il termine vincitore, tra tre finalisti: “rage bait”, “aura farming” e “biohack”. La vittoria della prima parola non è casuale.
“Aura farming”, invece, è “la coltivazione di una personalità o di un'immagine pubblica attraente o carismatica”, mentre “Biohack” indica “il tentativo di migliorare o ottimizzare le proprie prestazioni fisiche o mentali, la salute, la longevità o il benessere modificando la propria dieta, la routine di esercizio fisico o lo stile di vita, oppure utilizzando altri mezzi come farmaci, integratori o dispositivi tecnologici”.
Nel lungo elenco delle parole selezionate negli anni figurano anche “podcast” nel 2005, l’emoji della risata nel 2015, “goblin mode” nel 2022 e “brain rot” nel 2024. “Rage bait” si inserisce ora in questa tradizione, offrendo uno specchio delle tensioni e delle dinamiche che caratterizzano l’attuale ecosistema digitale.