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Matematica: la probabilità;
Inglese: Alus Huxley, Brave new world;
Geografia astronomica: equinozi e solstizi terresti, magnetismo terrestre;
Filosofia: Hegel (giustificazionismo storico);
Storia: genocidi del '900, olocausto;
Fisica: magnetismo, campo magnetico;
Latino: Apuleio (culto di Iside);
Italiano: Primo Levi (Se questo è un uomo).
Se avessi avuto la possibilità di scrivere un romanzo fantascientifico,
probabilmente avrei iniziato così:
Venerdì 21 Dicembre 2012…Ore 08:00
Sembra apparentemente una mattina come tutte le altre, tutta la famiglia,
prima di iniziare la giornata, è presa dal rito della colazione con la televisione
accesa … d’improvviso il gelo: il giornalista dal suo studio televisivo, ricorda
ai telespettatori tra una notizia di cronaca, una di politica e una di finanza che
oggi è il 21 Dicembre 2012...
L’ultimo giorno del mondo.
Però, non si tratta di un romanzo, ma soltanto della mia tesina per gli esami di
maturità!!!
Ultimamente abbiamo sentito intensamente parlare del 2012 e, quasi sempre
in termini molto catastrofici.
Con la mia tesina vorrei tentare di sfatare il mito sulla fine del mondo, mi sono
appassionato all’argomento dal punto di vista sia scientifico, sia mitologico sia
letterario, ed ho cercato un filo conduttore tra le materie d’esame.
TEORIE SULLA FINE DEL MONDO
(MAYA; MALACHIA; NOSTRADAMUS)
3
PROBABILITA’ ALDOUS
HUXLEY
(Matematica) BRAVE NEW
WORLD
EQUINOZI E HEGEL E IL
SOLSTIZI GIUSTIFICAZION
TERRESTRI ISMO STORICO
MAGNETISMO
TERRESTRE (filosofia)
GENOCIDI
DELL’900 E
IL OLOCAUSTO
MAGNETISMO
CAMPO
MAGENTICO IL CULTO DI
ISIDE IN PRIMO LEVI
APULEIO SE QUESTO E’
(Lett. Latina) UN UOMO
( lett. Italiana)
1. INTRODUZIONE
Se analizziamo a fondo la storia, ci rendiamo conto che nel corso dei secoli più
volte sono state espresse date fantomatiche in cui sarebbe potuta avvenire la
fine del mondo: al nascere dell’anno 1000, la Chiesa immaginava cataclismi e
4
inondazioni … allo scoccare del “nuovo millennio” si temeva, nella notte tra il
31 dicembre 1999 e il primo gennaio 2000, l’ impazzimento dei componenti
elettronici e di tutti i computer del mondo con conseguenti e continui black-
out che avrebbero potuto comportare una regressione della società di oltre
cento anni.
In realtà non è successo nulla di tutto questo, tutte le previsioni si sono
dimostrate fasulle o solo fantasie letterarie.
Avvicinandoci però alla data fatidica del 21 dicembre 2012, ritengo sia
necessario tranquillizzare le comunità mondiali diffondendo non solo profezie o
voci ingiustificate, ma divulgando seriamente anche tutte le nozioni e le
conoscenze scientifiche che riguardano la materia … indubbiamente, secondo
me, il 21 Dicembre 2012 segnerà una tappa importantissima per la storia degli
uomini, definirei questo come il giorno in cui la società umana ha compiuto
una virata verso un “mondo migliore”.
1 TEORIE SULLA FINE DEL MONDO
.1
Sul tema della fine del mondo fin dall’antichità si sono pronunciati molti popoli,
che, nonostante lontani gli uni dagli atri, sia geograficamente sia
temporalmente, sono riusciti a giungere a profezie e a conclusioni molto simili
tra loro.
Di queste le più conosciute sono quelle della tradizione e della mitologia Maya,
quelle delle centurie di Nostradamus e infine del libro dell’apocalisse (ultimo
libro della Bibbia).
Negli ultimi anni, forse sollecitati dall’avvicinarsi della DATA fatidica, gli studiosi
stanno approfondendo l’argomento e, da tali studi sono emerse nuove profezie,
come ad esempio quelle di antiche tribù di pellirossa, abitanti nella parte
occidentale dell’America settentrionale, le predizioni, fino a poco fa
sconosciute, di Malachia, un monaco irlandese vissuto durante il medio evo.
Bisogna però chiarire che la profezia del 2012 non è l’unica in circolazione,
infatti, recentemente è stato rintracciato un libro scritto da Isaac Newton, il
quale, dopo aver dedicato gli ultimi anni della sua vita alla lettura e alla
decodificazione dei massaggi presenti nella Bibbia, è riuscito a fare dei calcoli,
ponendo la fine del mondo non nel 2012 ma nel 2060.
A chi dare credito?
Vediamo in modo più approfondito le varie teorie:
1. MAYA
1. 1
Questo popolo vissuto nell’America centrale tra il 1800 a.C. e il 1560 d.C., può
essere considerato uno dei maggiori conoscitori dell’universo, nonostante sia
vissuto in epoca remota. 5
I maya, come altre culture mesoamericane, misuravano il tempo utilizzando un
sistema di tre calendari. I giorni erano organizzati attraverso un calendario
religioso rituale della durata di 260 giorni (chiamato Tzolk'in), suddiviso in
trecene (periodi temporali di 13 giorni) e un calendario solare di 365 giorni
(Haab'), suddiviso in 18 periodi di 20 giorni ciascuno.
Non misuravano gli anni, tuttavia le date di questi due calendari erano
combinate tra loro per dare luogo a cicli di 18.980 giorni (~52 anni) per un
totale di 52 cicli diversi ricorrenti. Un ulteriore calendario, il cosiddetto Lungo
computo, calcolava, invece, il tempo trascorso dalla data della creazione del
mondo secondo la mitologia maya. Questo calendario, a differenza dei
precedenti, era progressivo e suddivideva il tempo in cicli non ricorrenti
(b'ak'tun) della durata di 144.000 giorni, suddivisi a loro volta, su base
vintigesimale, in 4 ulteriori sottocicli.
Il 20 dicembre 2012 terminerà il 13° b'ak'tun (12.19.19.17.19 nella
notazione originale del calendario).
1 . MALACHIA
.1 2
In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus
romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus ; quibus
6
transactis, civica septis collis diruetur et Iudex tremendous iudicabit
populum suum. Amen.
Questo testo latino si traduce: ”Durante l’ultima persecuzione della Santa Romana
Chiesa siederà Pietro il Romano, che pascerà il gregge fra molte tribolazioni; passate
queste, la città dei sette colli crollerà e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo.
Amen”.
Tali parole, che sembrano richiamare l’Apocalisse di Giovanni e che, proprio come le
profezie e i segni incontrati finora, ci annunciano un crollo, ci indicano la fine di
qualcosa, sono state attribuite a un santo: Malachia O’Morgan. Sarebbero le parole
conclusive della sua Prophetia de Summis Pontificibus e le avrebbe scritte quasi 1000
anni fa.
Prima di addentrarci nella comprensione del senso di questa frase, conosciamo chi,
molto probabilmente, ne è stato l’autore.
Malachia è un monaco nato in Irlanda nel 1094. Vescovo e poi arcivescovo di Armagh,
sua città natale, ha riformato e organizzato la Chiesa irlandese, smantellando i riti
pagani della liturgia celtica che ancora le appartenevano. A seguito di una crisi mistica
ha rinunciato a ogni carica ecclesiastica per ritornare a essere un semplice monaco e
come tale è vissuto fino alla fine dei suoi giorni.
Nel 1139 Malachia ha fatto il primo dei due viaggi della sua vita verso Roma; ha
attraversato la Scozia, l’Inghilterra, la Francia, e prima di giungere nella città del
pontefice, si è fermato a Chiaravalle dove ha conosciuto Bernardo, l’abate ispiratore
della Regola dei Cavalieri Templari. Arrivato infine a Roma, Malachia ha incontrato
papa Innocenzo II e da lui è stato nominato legato pontificio per l’Irlanda.
Nel 1148 il monaco ha lasciato nuovamente la sua patria per recarsi ancora una volta
a Roma: anche in quest’occasione si ferma a Chiaravalle ma lì si è ammalato e, come
la storia narra, è morto il 2 novembre tra le braccia di Bernardo che ne ha fatto l’elogio
funebre e ne ha poi scritto la biografia
Nel 1190 è stato canonizzato da papa Clemente III: da allora è uno dei santi dalla
Chiesa cattolica e il suo nome è, ancora oggi, ricordato molte volte.
Ma la fama di Malachia non è legata alla sua santità.
Nel 1590, secoli dopo la sua morte, nella biblioteca di Chiaravalle è stato trovato un
manoscritto: si tratta di un testo profetico, della raccolta di 111 motti in latino
attraverso i quali, da 2 o 3 parole riferite al luogo di provenienza, allo stemma della
famiglia o a eventi storici, si possono decifrare altrettanti pontefici a partire da
Celestino II, salito al soglio pontificio nell’anno 1143, fino alla fine dei tempi, fino
all’ultimo papa dopo il quale la Chiesa cadrà e Pietro tornerà sulla Terra per riprendere
le chiavi.
Il manoscritto ritrovato nella biblioteca di Chiaravalle è stato attribuito a Malachia: la
leggenda racconta che il monaco lo avrebbe scritto a seguito di una visione mistica.
Nel 1595 i motti, la Prophetia de Summis Pontificibus, vengono per la prima volta
raccolti e pubblicati a Venezia dal monaco benedettino belga Arnold Wion nel libro
LIgnum Vitae.
“Prophetia de Summis Pontificibus”
Centoundici sono i papi elencati in questa profezia attraverso centoundici
motti,vediamone alcuni: 7 Ex castro
Il primo papa della lista è Celestino II (1143-1144), annunciato dalla frase
Tiberis (dal castello del Tevere): il pontefice era originario di Città di Castello
inimicus expulsus
Il secondo è Lucio II (1144-1145): la profezia dice (il nemico
espulso); il cognome del papa era Caccianemici. ex magnitudine montis:
Il motto per il terzo papa, Eugenio III (1145-1153), è il
pontefice era signore di Monte Magno. comes signatus
Il quindicesimo papa della lista è descritto dall’espressione (il conte
segnato): sarebbe da individuare in Innocenzo III (1198-1216), al secolo Lotario dei
Conti di Segni. ex eremo celsus
Il trentunesimo, Celestino V (1294-1294), è profetizzato dalla frase
(elevato dall’eremo): Pietro Anglerio da Morrone, prima di diventare papa, è stato
un’eremita. columna veli aurei
Il cinquantunesimo motto dice (la colonna del velo d’oro): vi
corrisponderebbe la figura di Martino V (1417-1431), al secolo Ottone Colonna,
cardinale di San Giorgio al Velanzio.
Passiamo ora ai papi successivi al 1595:
iucunditas crusis
L’ottantaduesimo motto recita (la gioia della croce): sarebbe da
associare a Giovanni Battista Pamphili, eletto papa con il nome di Innocenzo X (1644-
1655) il 15 settembre 1644, il giorno successivo alla festa dell’esaltazione della Croce.
Dopo di lui è salito al soglio pontificio Fabio Chigi, col nome di Alessandro VII (1655-
Montium custos
1667). Il motto che gli corrisponde è (custode dei monti) perché sul
suo stemma c’erano tre monti.
Peregrinus apostolicus
Al novantaseiesimo posto è (pellegrino apostolico). Giovanni
Angelico Braschi, ovvero Pio VI ( 1775-1766), si è reso famoso per i suoi viaggi.
Crux de Cruce
Il centunesimo, (croce della croce): Pio IX (1846-1878) è stato il papa,
che durante i moti risorgimentali, ha dovuto sopportare la “croce” dell’annessione
degli Stati della Chiesa al Regno d’Italia.
Pastor angelicus
Il centoseiesimo è (pastore angelico): il motto è associato a Pio XII
(1939-1958), al secolo Eugenio Maria Pacelli. Lo stesso pontefice amava ricordare che
il suo cognome in latino vuol dire “ Pace del Cielo”.
Il centosettesimo papa, identificato con Papa Giovanni XXIII (1958-1963), è indicato
Pastor et nauta
come (pastore e marinaio). Angelo Roncalli, prima di diventare papa, è
stato Patriarca della sede episcopale di Venezia, una delle ex Repubbliche marinare.
Flos florum
Per il centottesimo, identificato in Paolo VI (1963-1978) si legge (fiore dei
fiori): nello stemma papale di Paolo VI, Giovanni Battista Montini, c’erano tre gigli.
De medietate
A lui succede Giovanni Paolo I (1978) e il motto che gli corrisponde è
lunae (il periodo medio della luna): il pontificato di Giovanni Paolo I, Albino Luciani, è
durato circa un mese, il tempo di una luna.
Dopo la prematura scomparsa di Luciani viene eletto Karol Wojtyla, con il nome di
De Labore Solis
Giovanni Paolo II (1978-2005): per lui il motto è (dalla fatica del sole).
Le interpretazioni date sono quattro: la prima riferisce il motto alle eclissi di Sole che
si sono verificate nel giorno della nascita di Karol Wojtyla, 18 maggio 1920, e nel
giorno del suo funerale e della sua tumulazione, 8 aprile 2005; la seconda riferisce il
motto alle origini di Wojtyla che, proprio come il Sole, veniva dall’est, dalla Polonia; la
terza alla grande sofferenza fisica degli ultimi anni del pontefice; la quarta al fatto che
Giovanni Paolo II è stato il papa che ha viaggiato più in assoluto nella storia, portando
la Chiesa ad avere il dominio su un territorio talmente vasto che non vi tramontava
mai il sole. 8
Abbiamo detto 111 papi, con Giovanni Paolo II siamo arrivati a 110: l’attuale, Joseph