Animenta
di Animenta
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ragazza triste

Quando si inizia ad avere il sospetto che una persona a noi cara possa soffrire di un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA)(se ti interessa approfondire i segnali per riconoscere un DCA, clicca qui), la prima domanda che sorge spontanea è: come posso aiutarla?
In questo caso, bisogna premettere che non esiste un manuale di istruzioni da seguire, che non c’è una cosa giusta né una sbagliata da dire o da fare. Questo perché il modo in cui un DCA viene vissuto può essere estremamente vario, complesso e, soprattutto, estremamente soggettivo.

A te che vuoi porgere la mano: non sei solo

Stare vicino ad una persona che soffre, in generale, non è mai facile

. È fisiologico che, di fronte all’impossibilità di comprendere appieno quello che l’altra persona sta vivendo (perché magari non lo si è mai vissuto sulla propria pelle, o perché non si sa che approccio tentare per non creare ulteriore disagio alla persona), si sperimentino emozioni forti, che potrebbero mettere in difficoltà: senso di impotenza, frustrazione, dolore, preoccupazione.
Ricordare che chi aiuta non è solo, è importante. Anche chi aiuta, se ne sente la necessità, può chiedere un supporto a chi è formato per fornirlo, come ad esempio uno psicoterapeuta.
In questo caso la terapia può risultare estremamente utile per chi vuole aiutare, ma si sente in difficoltà. La terapia può fornire gli strumenti necessari per conoscere e costruire quei confini che consentono di sfiorare il dolore altrui, di accoglierlo, senza farlo proprio, riconoscendolo come un qualcosa che comunque non ci appartiene, non costituisce una responsabilità nostra. È fondamentale ascoltarsi e rispettare i propri confini e il proprio vissuto: questo non ci rende amici/fidanzati/parenti non affidabili, ma semplicemente persone umane che si tutelano, cercando al contempo di fare al meglio delle proprie possibilità per sostenere chi amano. Per ascoltare le sofferenze altrui c’è bisogno di spazio, uno spazio che è importante delimitare per capire quanto grande esso sia.

Piccole accortezze per stare vicino a chi soffre di un DCA

Spesso per stare accanto non servono grandi gesti. È sufficiente donare presenza.
Chi soffre di un disturbo del comportamento alimentare, presto o tardi si rende conto che sta giocando una partita che solo lui/lei può vincere, e che nessuno lo farà al posto suo.
Quindi, il vero aiuto che si può dare è essere sinceri compagni in questo percorso, breve o lungo che sia, ma che comporta grande sofferenza e coraggio per chi lo sta affrontando.
Ci sono sicuramente alcuni consigli che possono essere utili in questo caso, ma che si ribadisce, non sono delle linee guida, perché non esiste un metodo universale per fornire aiuto in questi contesti.
Alcuni di questi possono essere:
- Ascoltare attivamente cercando di sospendere il giudizio. Chi soffre di DCA tende ad avere i riflettori del giudizio sempre accesi e puntati soprattutto su se stesso, di conseguenza tante volte ha solo bisogno di essere ascoltato. Una difficoltà che a noi può sembrare superflua o “banale” è pur sempre una difficoltà, che nella maggior parte dei casi appare insormontabile per chi la sta affrontando. Riconoscerla come tale e far presente alla persona che ci sta accanto che ci saremo per tutto il tempo necessario affinché la affronti è ciò che ci consente di focalizzarci completamente sulla persona.
- Ricordare che si può chiedere aiuto a uno e/o più professionisti. Senza pressioni, senza mostrare frustrazione se il consiglio non viene accolto, perché i DCA sono diversi, richiedono tempistiche diverse, e di conseguenza diverse sono le fasi in cui la persona che ne soffre può essere più o meno pronta a fare il passo verso un aiuto professionale. In questo caso, sarebbe opportuno informarsi anche rispetto a quale sarebbe il team più adatto e completo a cui chiedere aiuto. (link all’articolo dell’equipe?)
- Far sentire alla persona che abbiamo fiducia in lei e nel suo percorso, quando è necessario offrire fiducia per due. Avere fiducia anche nell’equipe medica, perché chi soffre di un disturbo alimentare parte da una base di autostima molto bassa, e a volte il fatto di sentirsi mettere in discussione viene recepito come una mancanza di fiducia.

Se quindi senti che qualcuno a te caro sta passando un periodo difficile, non avere paura di non saperlo aiutare, ma tendigli la mano e sii l’amico/il parente/la fidanzata che lo ama per quel che è, per le bellissime qualità e anche per tutti i difetti che vanno oltre la malattia..
E ricorda che il modo migliore per prenderci cura di chi ci sta accanto è prenderci cura innanzitutto di noi stessi. Non dimenticarti di te, del tuo benessere psicofisico: ogni segnale che può rappresentare per te una difficoltà è una difficoltà e non ha bisogno di validazione esterna per meritare un aiuto.

Articolo in collaborazione con Animenta, associazione no-profit creata dai più giovani per raccontare, informare e sensibilizzare sui Disturbi del Comportamento Alimentare.

Autore: Elisa Sudiero, volontaria dell’Associazione Animenta

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