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il 24 maggio 1915 Italia entrava nella prima guerra mondiale
Fonte foto: National Geographic

Il 23 maggio 1915 l'Italia proclamò guerra all'Austria, entrando così ufficialmente nella Prima Guerra Mondiale. Il conflitto, conosciuto anche come la Grande Guerra, era già in corso da dieci mesi quando l'Italia decise di abbandonare la neutralità e unirsi alle forze dell’Intesa contro i suoi ex alleati, l'Impero Austro-Ungarico e la Germania.


Nonostante la maggior parte della popolazione fosse contraria all'entrata in guerra, prevalsero le opinioni di coloro che spingevano per l'intervento, la cosiddetta linea 'interventista'. In realtà, per dovere di cronaca, va detto che già un mese prima della dichiarazione di guerra, le autorità italiane avevano già stipulato segretamente un accordo con l'Intesa, concordando così con largo anticipo la partecipazione dell'Italia alla Grande Guerra.

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L'Italia divisa: chi erano i neutralisti e gli interventisti?

Il dibattito sulla Grande Guerra animava le piazze e i lavori parlamentari già da mesi. Il Paese era essenzialmente diviso in due fazioni: i neutralisti (cattolici, liberali giolittiani, socialisti) che rappresentavano la maggioranza nel Paese e in Parlamento, anche se internamente frammentati; al contrario, gli interventisti (repubblicani, radicali, socialriformisti, sindacalisti rivoluzionari, associazioni irredentiste) sostenevano l'entrata in guerra. E anche questo schieramento era composto da vari gruppi politici e culturali.

Tra questi, i nazionalisti desideravano che l'Italia conquistasse le terre italiane ancora sotto dominio straniero, vedendo la guerra come un mezzo necessario per affermare il prestigio italiano. Gli irredentisti, invece, si ispiravano ai valori risorgimentali: per loro, l'Unità della Patria era l'obiettivo finale da raggiungere. Pertanto, un conflitto con l'Austria-Ungheria sembrava loro inevitabile per liberare dagli austriaci le terre italiane occupate: l'Alto Adige, la zona di Trento, la Venezia Giulia con le città di Trieste e Gorizia.

 

L'Italia entra nell'Intesa: cos'era il Trattato di Londra?

Indipendentemente dal dibattito pubblico sull'argomento, il Presidente del Consiglio Salandra, il Ministro degli Esteri Sonnino e il re Vittorio Emanuele III avevano già preso la decisione, firmando in gran segreto il Trattato di Londra il 26 aprile con Inghilterra, Francia e Russia. In cambio dell'alleanza, l'Intesa offriva il Trentino, il Sud Tirolo fino al Brennero, la Venezia Giulia, l'Istria, tranne la città di Fiume, e la Dalmazia. In pratica, si trattava del completamento del processo Risorgimentale e della garanzia di un ruolo di rilievo internazionale alla fine del conflitto.

Una decisione che andava contro gli umori del Paese: molti, tra cui l'ex premier Giovanni Giolitti, ritenevano che l'Italia non fosse pronta per uno scontro armato di tale portata. Per evitare un voto contrario al Trattato – e all'entrata in guerra – il 20 maggio la Camera approvò la concessione di pieni poteri all'esecutivo. Il 23 maggio fu dichiarata guerra all’Austria, mentre il giorno successivo iniziarono le operazioni militari.

 

Prima Guerra Mondiale: quando entrò in guerra l'Italia?

Così il 24 maggio di 109 anni fa l'Italia entrava in guerra al fianco di Gran Bretagna, Francia, Serbia e Impero Russo contro gli Imperi Centrali di Germania e Austria-Ungheria, supportati dall'Impero Ottomano. Forse il Piave mormorava davvero “calmo e placido”, come recita la famosa canzone degli alpini, ma ad attendere i fanti italiani vi furono solo morte e sofferenza. Il fronte di battaglia era lunghissimo e si estendeva dal confine con la Svizzera fino al mare Adriatico, attraversando vette alpine e ghiacciai.

I generali, come molti loro contemporanei, adottavano tattiche ottocentesche che non tenevano conto delle nuove tecnologie: in particolare le mitragliatrici, che falciavano impietosamente i soldati durante le cariche. Entro la fine dell'anno si contavano già oltre 250mila tra morti e feriti all'interno delle truppe italiane. Più di tre anni dopo, arrivò una vittoria, ottenuta a caro prezzo, sia in termini di vite umane che economici.

Quando entrò in guerra l'Italia
Fonte foto: Archivio Centrale dello Stato


 

Perché si parla di “vittoria mutilata”?

Le guerre, infatti, danneggiano le economie nazionali e ne influenzano le dinamiche per molti anni a venire. Di fatto, perdere una guerra di questa portata significa mettere in ginocchio l'intera nazione: fu proprio ciò che successe alla Germania, costretta a pagare per oltre un decennio oneri di guerra molto salati. La Grande Guerra terminò definitivamente l'11 novembre 1918, quando proprio la Germania, ultimo degli Imperi Centrali a capitolare, firmò l'armistizio imposto dagli Alleati. I confini, soprattutto quelli europei, vennero radicalmente modificati dalla Grande Guerra. L’Impero Austro-Ungarico si sgretolò, la Germania subì sanzioni estremamente severe e il secolare Impero Ottomano cessò ufficialmente di esistere.

L’Italia ottenne quanto promesso, anche se la questione dell'annessione della città di Fiume fece parlare a lungo di "vittoria mutilata". Nei quattro anni e tre mesi di conflitto persero la vita circa 2 milioni di soldati tedeschi, insieme a 1.110.000 austro-ungarici, 770mila turchi e 87.500 bulgari; gli Alleati subirono circa 2 milioni di morti tra i soldati russi, 1.400.000 francesi, 1.115.000 dell'Impero britannico, 650mila italiani, 370mila serbi, 250mila romeni e 116mila statunitensi. I fortunati superstiti ebbero la possibilità di assistere alla 'ristrutturazione' del continene europeo, con la ridistribuzione dei confini all'inizio del 1919.

Data pubblicazione 24 Maggio 2024, Ore 8:32
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