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La musica dell'800
Caratteri della musica nella cultura romantica
Italiano: Leopardi - L'infinito
Filosofia: Hegel
Storia dell'arte: Gustav Klimt - La Musica I (1895)
Tedesco: Schubert
Francese: Le Symbolisme, C. Baudelaire => La musique
Inglese: William Wordsworth=> The solitary reaper
Fra i talenti italiani del periodo romantico si distinse Giuseppe Verdi,
musicista- simbolo del Risorgimento italiano (basti pensare alla frase: , viva
Vittorio Emanuele re d’ Italia). Le aspirazioni all’indipendenza e alla libertà
che animavano la società dell ’Ottocento, gli permettono la creazione di
opere esortatrici come: il Nabucco e I Lombardi alla prima crociata. Tra gli
altri compositori italiani ricordiamo: Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini e
Gioacchino Rossini.
Significativi della letteratura musicale del XIX secolo sono i lieder, vere e
proprie canzoni d’arte su testi di grandi poeti. La parola tedesca lied (al
plurale lieder) indica, una poesia con musica, in pratica una canzone. Un altro
aspetto tipico del Romanticismo è, infine, la riscoperta del ricco patrimonio di
leggende, canti, danze popolari.
La tecnica strumentale raggiunge in questo periodo le sue più alte vette.
Nascono i primi grandi trattati d’orchestrazione, nei quali ogni strumento
viene studiato non solo come un “mezzo meccanico” per produrre suoni, ma
quasi come una creatura vivente.
Il pianoforte diviene il grande protagonista del secolo, che vede nascere la
musica più significativa mai concepita per questo strumento. L’orchestra si
arricchisce di percussioni e fiati.
Il grande innovatore dell’opera tedesca è Richard Wagner. A lui si deve
l’invenzione dell’Eit-Motiv :un tema musicale che caratterizza un personaggio
o una situazione e che ricorre ogni volta che quel personaggio o quella
situazione vengono richiamati in scena. Sempre allo stesso s’attribuiscono: il
potenziamento dell’orchestra e la creazione dell’Opera Totale
(raggruppamento di varie forme d’arte: teatro, musica, poesia).
Gustav Klimt - La Musica I
1895 Gustav Klimt nacque il 14
luglio 1862 a Vienna. Nel 1876 si iscrisse alla scuola di arti e mestieri del
museo austriaco per l'arte e l'industria.
Nella sua opera, si oppose alle idee conservatrici, superando barriere e divieti
e realizzando dipinti erotici e simbolici che rappresentarono i sogni, le
speranze, le paure e le passioni dell'uomo. L'ideale di bellezza per Klimt fu la
donna giovane, erotica e seducente nei confronti dell'uomo, che però
denotava, soprattutto nei disegni, malinconia e solitudine. Dipinse anche
paesaggi; di particolare valore quelli realizzati nell'ultima parte della sua
attività. Morì il 6 febbraio del 1918, a séguito di un attacco apoplettico.
Si tratta di un soggetto caro a Klimt, che verrà più volte rielaborato.
L'artista userà la suonatrice di lira almeno in altre due occasioni: una tavola
pubblicata nel 1901 su "Ver Sacrum", la rivista della Secessione viennese, e
una scena nel "Fregio di Beethoven", realizzato in occasione della XIV mostra
dell'Associazione.
Nel piccolo dipinto di Monaco compare anche un'altra delle figure predilette
dall’artista, quella della sfinge, utilizzata poi, nell'allegoria della "Scultura".
Metà donna e metà leone, la creatura della mitologia egiziana unisce in se
stessa il mondo animale e quello spirituale e, se vogliamo, l'istinto e la
ragione, le due polarità principali della filosofia dell'epoca.
Il quadro è, in effetti, quasi una summa delle teorie formulate da
Schopenhauer, Nietzsche e Richard Wagner, che ritenevano la musica
superiore alle altre arti, in quanto unica a non avere bisogno della mediazione
di parole o immagini per trasmettere all'uomo la conoscenza: sostenevano
inoltre che la cultura fosse la salvezza dell'umanità e gli artisti della
Secessione, guidati da Klimt, raccoglieranno prontamente tale sollecitazione,
facendo dell'arte una nuova religione, utopia che si infrangerà
definitivamente allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.
Anche la mitologia greca, protagonista di una delle opere più note di
Nietzsche, "La nascita della Tragedia dallo spirito della musica" (1972),
era una delle componenti fondamentali dell'immaginario klimtiano, più volte
citata nei suoi dipinti.
Già evocata dalla suonatrice di lira, da essa è tratta la maschera di Sileno,
figlio del dio Pan, simbolo per eccellenza della conoscenza dionisiaca, che il
pittore raffigura nell'angolo opposto alla Sfinge.
Sul piano stilistico, l'opera mescola, in una fertile tensione, figurazione e
ornamento, bidimensionalità e rilievo, indicando la strada che l'artista
imboccherà in modo così fecondo negli anni successivi.
"Le altre arti imitano ed esprimono la natura da cui si trae il
sentimento, ma la musica non imita e non esprime che lo stesso
sentimento in persona ch’ella trae da se stessa e non dalla
natura, e così l’uditore”
(G. Leopardi, “Zibaldone”)
Leopardi
Secondo la musica esprime immediatamente lo stesso sentimento.
L'influenza della musica sull'animo spetta al canto (al suono, come lo
definisce Leopardi), apportatore di un "effetto naturale" e indipendente
dall'arte, mentre l'armonia, dipendente dall'arte, frutto di un'astrazione
umana e di un particolare processo storico, arreca, a chi abbia i mezzi per
coglierlo, il senso di bellezza.
Dai Ricordi di infanzia e adolescenza, quasi invidiando i musicisti, (è noto
l'amore di Leopardi per il melodramma, in particolare per i lavori di Rossini)
vorrebbe poter dire con la musica ciò che non gli riesce con le parole.
La musica è una componente essenziale della produzione poetica
leopardiana. Numerosi sono i riferimenti al suono, al canto, al tuono, al vento
ed ai rumori di cui è ignota la fonte, privilegiati nella poetica del vago e
dell'indefinito.
La musica è sublimata nell'eco della lontananza e del ricordo, e più che ogni
altra sensazione evoca l'immagine dell'infinito e dell'eterno. Infatti, essendo
la musica arte in movimento, sviluppandosi, cioè, nella dimensione
temporale, qualora essa sia resa ancor più evanescente dalla lontananza,
tanto da non poter più distinguerne un inizio o una fine, sembrerà essere
eterna oltre che infinita, con somma gioia dell'animo dell'ascoltatore,
trascinato in un "dolce naufragare".
E proprio ne "L'infinito" emergono più compiutamente questi aspetti e
riflessioni. Come, infatti, l'esclusione dell'orizzonte alla vista del poeta, gli
consente di "fingere" nel pensiero "interminati spazi" e "sovrumani silenzi”,
così, comparando "quello infinito silenzio" alla "voce" del vento gli "sovvien
l'eterno". Dunque la sensazione uditiva del vento stimola la percezione
dell'eternità, a cui il poeta non può giungere attraverso la poesia; a
quest'ultima è invece destinato il resoconto dell'esperienza vissuta - come si
usa fare con un diario – la quale sarà così preservata nella memoria dall'oblio
del tempo.
Gli stessi versi, nella componente metrico-sintattica e lessicale sono apparsi a
molti critici e lettori, intrisi di grande musicalità. Infatti, la struttura così libera
e aperta della canzone leopardiana sembra riprodurre e trascrivere
l'andamento ondeggiante della musica pura, ed emana musicalità ogni
silenzio, ogni pausa, ogni enjambement, ogni singola vocale e consonante.
L'infinito
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E naufragar m'è dolce in questo mare
Analisi del componimento
La breve lirica, di quindici endecasillabi sciolti, risulta formata da quattro periodi sintattici
(vv.1-3; vv.4-8; vv.8-13; vv.13-15), di lunghezza varia, delimitati ognuno dal punto fermo.
A livello metrico Leopardi non segue le regole tradizionali, ma si lascia guidare dallo
svolgimento del pensiero e del cuore. La lirica induce a pensare al sonetto, al quale, però, il
poeta fu decisamente avverso per la sua forma chiusa e compiuta.
Egli infatti, pur rispettando, almeno in parte, certi equilibri interni - i quattro periodi potrebbero
corrispondere alle quattro strofe del sonetto - rifiuta la netta scansione delle strofe e la
regolarità delle rime, del tutto assenti, e aggiunge un verso (15 sono le unità metriche, anziché
14), proprio quello del naufragare nel mare dell’infinito, creando un andamento libero e vario.
Nella lirica è possibile individuare due percorsi:
• Il primo della sensazione visiva che procede dall’immaginazione dell’infinito spaziale,
dove il poeta si immerge con un senso di sgomento;
• Il secondo della sensazione uditiva procede all’immaginazione dell’eternità che, nella
sua doppia valenza – infinito spaziale e temporale – annulla la coscienza individuale,
lasciando solo un sentimento di pacata felicità.
La lirica sembra avere un andamento circolare, chiuso, sottolineato dalla simmetria della
struttura dei primi e ultimi tre versi, che presentano una sintassi semplice e paratattica. In
particolare il primo e l’ultimo sono gli unici isolabili dell’intero idillio e corrispondono a
sentimenti di segno positivo che esprimono affetto e dolcezza.
I periodi mediani mostrano, invece, una sintassi più mossa, a struttura ipotattica, infranta a
livello ritmico dall’uso frequente dell’enjambement.
"La musica è la sola capace di cogliere il divenire della realtà
insieme a quello del nostro spirito"
(Hegel)
Solo la musica possiede l’agilità e l’immediatezza dell’infinito, dell’eterno, del
divino e dell’umano.
La musica è uno strumento ancor più potente e perfetto della poesia, altra
arte capace di esprimere sentimenti ancora caldi, di esprimere il palpito delle
emozioni, di suscitare immagini di incommensurabile bellezza… ma la musica
può far di più e meglio.
Hegel, vissuto dal 1770 al 1831, trova che la più sublime ed
espressiva delle arti sia la musica vocale in quanto solo essa
può tradurre sia i sentimenti individuali, quindi soggettivi, sia
il sentimento in se stesso, quindi oggettivo. Infatti, nelle sue
“Lezioni di Estetica” tenute a Berlino ma pubblicate postume
tra il 1836 ed il 1838 scriveva: "la musica costituisce il punto
centrale di quella rappresentazione la quale esprime il
soggettivo come tale sia rispetto al contenuto sia rispetto
alla forma, giacché essa partecipa all’interiorità e rimane
soggettiva anche nella sua oggettività". Praticamente,
sostiene il filosofo, la musica non lascia, come fanno le arti
figurative, che l’esteriorizzazione sia libera di svilupparsi di
per se stessa e di arrivare ad un’esistenza a se stante, ma
"supera l’oggettivazione esterna e non simbolizza in essa
fino a farne qualcosa di esterno che abbia esistenza
indipendente da noi". Ovvero nella musica, differentemente
da altre arti, la forma sensibile in cui l’IDEA si manifesta è
dialetticamente superata in quanto tale e risolta in pura
interiorità o meglio dire, per citare ancora il filosofo, "puro
sentimento".
Hegel può ora affermare "il sentimento è la forma propria della musica", "è
l’espressione dell’ASSOLUTO nella forma del sentimento". La musica
fondamentalmente ha il compito di far risuonare non l’oggettività ma, al
contrario, le forme ed i modi nei quali la più interna soggettività dell’Io, cioè
l’anima ideale, si muove e vive in se stessa. Hegel tracciando un sistema
delle arti definisce arti romantiche, proprio perché affermano la pura
spiritualità, la poesia, la pittura e la MUSICA.
Questo pensiero filosofico della musica avrà enormi conseguenze in tutta
l’ideologia romantica e post-romantica sino alle soglie del nostro secolo.
Dell’ASSOLUTO la più alta manifestazione è rappresentata dallo Spirito che,
come tutta la filosofia hegeliana, è diviso in tre momenti. Nel primo momento
lo Spirito (Spirito soggettivo) è sulla via della propria autorealizzazione ed
autoconoscenza; nel secondo momento lo Spirito (Spirito oggettivo) si
realizza pienamente come libertà concreta; nel terzo momento lo spirito
(Spirito assoluto) si auto/conosce pienamente e diviene principio e verità di