Concetti Chiave
- I canti popolari italiani, prevalentemente in dialetto, erano diffusi fino alla seconda guerra mondiale, ma sono scomparsi con l'industrializzazione e i mass media.
- Le mondine, lavoratrici stagionali nelle risaie, affrontavano condizioni difficili e cantavano per sostenersi durante il lavoro faticoso.
- "Sciur padrun" è un canto di risaia che mescola sfida e scherzo, con le mondine che si rivolgono al padrone chiedendo la paga.
- La canzone rifletteva le dure condizioni di lavoro e serviva a sollevare il morale delle mondine durante i 40 giorni di monda.
- Il testo è principalmente in dialetto, ma include alcune strofe in italiano popolare, permettendo una comprensione più ampia.
La scomparsa dei canti popolari
La tradizione dei canti popolari è antichissima e in molti paesi del mondo continua ancora oggi. In Italia, invece, è rimasta viva fino alla fine della seconda guerra mondiale, poi, con la crescente industrializzazione e la diffusione dei mass media, è praticamente scomparsa.
La lingua usata in queste canzoni è quella che la gente comune ha sempre parlato fino a tempi molto vicini a noi, cioè il dialetto.
Il lavoro delle mondine
Fino agli anni Cinquanta del Novecento, in Italia la pulitura delle risaie inondate veniva fatta a mano da lavoratrici stagionali chiamate “mondine”. Era un lavoro molto faticoso: bisognava stare per ore con l’acqua della risaia fino a mezza gamba, morsicate dalle zanzare, piegandosi continuamente per raccogliere le piantine. Anche le condizioni di alloggiamento erano dure e le paghe erano basse. Le mondine cantavano, durante il lavoro, per darsi un ritmo e anche per rincuorarsi.
Il canto delle mondine
Ci sono pervenuti numerosi canti di risaia. In Sciur padrun il tono è a metà fra la sfida e lo scherzo: le mondine si rivolgono al signor padrone ben vestito ed elegante, chiedendogli di tirare fuori i soldi della paga; si scusano di averlo fatto “tribolare” dato che era la prima volta che lavoravano alla monda del riso e non sapevano come fare a togliere per bene le erbacce; notano che lui era sempre all’asciutto, sull’argine, a fare osservazioni sulla loro velocità di lavoro. Ora però è l’ultimo giorno; domani ci sarà la paga, poi le mondine riprenderanno il treno per tornare a casa e daranno “tanti baci ai loro fidanzati”, alla faccia del signor padrone.
Questa canzone veniva cantata soprattutto a metà della monda, che durava in tutto quaranta giorni: le ragazze non ne potevano più, e la canzone – allegra e impertinente – sollevava il loro umore. La lingua è dialettale, ma tre strofe (la quarta, la quinta e l’ottava) sono in italiano popolare.
Domande da interrogazione
- Qual è il tema principale della canzone "Sciur padrun da li béli braghi bianchi"?
- Come veniva utilizzata la musica dalle mondine durante il lavoro nelle risaie?
- In che modo la canzone riflette il linguaggio dell'epoca?
La canzone "Sciur padrun da li béli braghi bianchi" tratta delle difficili condizioni di lavoro delle mondine nelle risaie, esprimendo un tono di sfida e scherzo nei confronti del padrone ben vestito, mentre le lavoratrici chiedono la paga e si preparano a tornare a casa.
Le mondine cantavano durante il lavoro per darsi un ritmo e rincuorarsi, sollevando il loro umore con canzoni allegre e impertinenti, specialmente a metà della monda che durava quaranta giorni.
La canzone utilizza il dialetto, che era la lingua comune parlata dalla gente fino a tempi recenti, con alcune strofe in italiano popolare, riflettendo l'uso linguistico dell'epoca.