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Italiano: letteratura al femminile;
Diritto: diritti e la tutela delle donne;
Economia: l'imprenditoria femminile;
Rapporto ManagerItalia sull'occupazione femminile
1.3 I MOVIMENTI DEGLI ANNI ’60-’70
IN ITALIA
Negli anni Sessanta e Settanta, le donne cominciarono, quindi, ad
ottenere posti di responsabilità nel campo del lavoro e delle
professioni, nell’industria privata e nel pubblico impiego.
Il femminismo, dunque, non si propose più come movimento globale
di rivendicazioni estremistiche o generalizzate, ma appuntò le sue
iniziative su specifiche richieste, intese alla conquista di una
legittima e dovuta “pari opportunità”, sul lavoro, nelle professioni,
nella società e all’interno stesso della famiglia.
Nel 1970 nascevano i primi collettivi femministi, all’interno dei
gruppi che facevano parte del cosiddetto “Movimento Studentesco”.
Nel 1972 i collettivi delle donne crescevano in tutta la penisola: il
“Movimento di Liberazione della Donna” (M.L.D), vicino al partito
radicale; il “Fronte Liberazione Donna”, nato all’interno dei
sindacati; “Rivolta Femminile”, un gruppo teorico a cui aderivano
donne avvocato per studiare la riforma delle vecchie leggi e le
proposte di leggi nuove.
Il movimento delle donne cominciava ad essere propositivo. Anche
se ogni gruppo agiva in perfetta autonomia, il filo che li univa era il
medesimo.
In questi anni ci furono diverse innovazioni.
Nel 1970 era stata approvata la legge che introduceva anche in
Italia il divorzio, ma i gruppi cattolici reagirono con una alzata di
scudi e chiesero immediatamente l’istituzione di un referendum
popolare per abrogarla. Tutto questo portò a un chiaro fallimento del
referendum, nel quale quasi il 60% degli italiani votò per non
abrogare la legge.
Nel 1972 si cominciò a pensare di riscrivere alcune vecchie leggi
che risalivano ai primi anni del fascismo, e questo impegno portò
alla approvazione del Nuovo Diritto di famiglia, avvenuta nel 1975.
Questi furono i cambiamenti più importanti:
separazione nel matrimonio fra rito religioso e rito civile;
riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio;
depenalizzazione dell’adulterio femminile;
comproprietà dei beni acquisiti dopo il matrimonio;
patria podestà anche alla madre.
Molto più travagliata e sofferta fu la legge per la legalizzazione
dell’aborto, che era già in vigore in altri stati europei.
La prima stesura venne presentata nel 1970. Nuovamente il mondo
cattolico, specialmente femminile, si ritrovò tutt’altro che compatto:
la grande piaga dell’aborto clandestino, che colpiva le donne meno
abbienti, semplicemente non poteva essere ignorata. Chi aveva
possibilità economiche andava ad abortire in Inghilterra oppure
approfittava di cliniche private dove l’intervento veniva registrato
come aborto spontaneo.
Anche in questo caso ci volle un referendum, nel 1978 l’aborto
viene introdotto per legge.
1.4 LE VOCI FEMMINILI DEL 1900 IN
LETTERATURA
Durante il ‘900 in letteratura i temi si adeguano alle nuove realtà
del lavoro femminile, alle aspirazioni paritarie e ai nuovi ruoli
acquisiti dalla donna.
Ed è piuttosto su quest’ultimo elemento che le scrittrici sottolineano
i nuovi ruoli gestionali e culturali della donna, in una società e in un
mondo che esige ormai la partecipazione più completa e
responsabile di tutte le componenti sociali.
Nel XX secolo nasce e si intensifica sempre più la produzione
letteraria e poetica ad opera delle donne. Tale fenomeno viene
generalmente inserito all’interno del quadro di modernizzazione
della civiltà italiana ed europea contemporanea, ma soprattutto
viene associato al processo dell’emancipazione femminile e al
cambiamento dei rapporti fra uomo e donna.
Il filone letterario “al femminile” in Italia si apre, nel nuovo secolo,
Una
con l’opera della scrittrice Sibilla Aleramo, autrice del libro
donna (1906) stimato da tanti come la “bibbia del femminismo”.
Essa viene così, giustamente, considerata una delle figure più
originali ed anticonformiste della letteratura del Novecento.
“Una donna”
L’autobiografia è considerata una testimonianza della
condizione femminile dell’epoca ed è il primo libro femminista
apparso in Italia. Il romanzo infatti è lo specchio della società
italiana a cavallo dei due secoli, la Alermano, con occhio critico,
analizza buona parte dei problemi delle donne della sua epoca e
critica i ruoli di madre e di moglie così come vengono imposti alla
donna dalla tradizione, proponendo un’identità femminile autonoma
e libera.
Il tema principale trattato nel romanzo è la solitudine, intesa come
esclusione morale della donna in una società che non ammette altri
valori al di fuori della maternità, dell’educazione dei figli e del
matrimonio.
Questo libro viene classificato come “romanzo femminista”, intuito
già alla sua pubblicazione, che favorì probabilmente il grande
successo di pubblico e di critica.
Per quanto riguarda l’Europa, nella prima metà del secolo, nel 1938
“Three Guineas”,
viene pubblicato in Inghilterra un libro che
possiamo considerare fondamentale per il femminismo.
Virginia Woolf lo scrive tra il ’34 e il ’38, quando in Europa stanno
avanzando il fascismo e il nazismo e si annunciava ormai un nuovo
e più tremendo conflitto. La scrittrice immagina che un’associazione
pacifista maschile le chieda un contributo per finanziare iniziative
per scongiurare le minacce di guerra. La Woolf immagina di
possedere tre ghinee (monete britanniche allora in vigore), che
decide di ripartire.
Una ghinea andrà a uno di quei pochi e poveri college femminili che
stavano sorgendo in Inghilterra. La seconda ghinea andrà a
un’associazione che favorisce l’ingresso delle donne alle libere
professioni. La terza ghinea andrà senz’altro all’associazione
pacifista maschile.
Nella letteratura francese del ‘900 una scrittrice che rimane un
punto di riferimento del pensiero femminista è Simone De Beauvoir
(già precedentemente citata nella premessa).
Il suo impegno sociale la portò a studiare la condizione femminile;
Il secondo sesso”
questa ricerca le permise di scrivere il libro “
(1949), in cui l’autrice evidenzia la condizione di subordinazione
della donna moderna.
Nonostante le sue idee politiche siano state argomento di dibattito
e di critica da parte di alcuni gruppi femministi, il suo contributo
teorico è stato fondamentale. Simone de Beauvoir, infatti, ha
ampiamente contribuito ad indicare la strada verso l’eguaglianza
tra uomo e donna, denunciando il pregiudizio che discrimina le
donne sulla base di una differenza “naturale” tra i due sessi.
“ Il secondo sesso” “ Three Guineas” “
Una donna”
Di Simone De Beauvoir Di Virginia Woolf Di Sibilla
Aleramo (1949) (1938) (1906)
2° Capitolo
I DIRITTI E LA TUTELA
DELLE DONNE
2.1 ARTICOLO N. 37 DELLA COSTITUZIONE
ITALIANA
Articolo n. 37 della Costituzione italiana:
“La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità
di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al
lavoratore.
Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua
essenziale funzione familiare e assicurare alla madre ed al bambino
una speciale ed adeguata protezione”.
Analizzando l’articolo n. 37 della Costituzione italiana, possiamo
notare come la condizione della donna rispetto al passato, si sia
notevolmente evoluta.
Le donne finalmente sono riuscite ad ottenere un’eguaglianza, che
ricordiamo è il fondamento di ogni società che aspiri alla
democrazia, alla giustizia sociale e ai diritti umani.
L’articolo 37 nel comma n. 1 stabilisce i principi fondamentali in
materia di lavoro femminile: eguaglianza nel lavoro e salvaguardia
della funzione familiare e descrive i termini di una difficile
convivenza: quella fra tutela e parità nel lavoro femminile.
Viene infatti definito il “principio paritario”, secondo cui la donna
lavoratrice ha gli stessi diritti e a parità di lavoro, le stesse
retribuzioni che spettano al lavoratore e viene ribadito che le
condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua
essenziale funzione familiare.
2.2 LA DONNA
LAVORATRICE
Il primo riconoscimento ottenuto dalle donne è stato il diritto di voto
in occasione delle elezioni del 2 giugno 1946. Tale diritto fu
introdotto l’anno prima con il decreto legislativo n. 23 del 1 febbraio
1945.
In seguito la donna (specialmente quella lavoratrice) ha ricevuto
particolari tutele, tra cui:
Il 9 gennaio 1963 è stata varata la legge n. 7 a tutela della
donna lavoratrice che contrae matrimonio.
La legge n. 7 ha introdotto il principio del “divieto di licenziamento a
causa di matrimonio”. Sono quindi nulli i licenziamenti a causa del
matrimonio, salvo che il licenziamento non avvenga per giusta
causa o giustificato motivo.
L’ammissione della donna ai pubblici uffici e alle professioni è stata
introdotta il 9 febbraio 1963 con la legge n. 66.
La donna può accedere a tutte le carche, professioni e impieghi
pubblici, compresa la magistratura, nei vari ruoli, carriere e
categorie, senza limitazione di mansioni .
La legge n. 929 del 3 luglio 1965 sancisce l’uguaglianza di
remunerazione tra manodopera maschile e femminile.
Il 9 dicembre del 1977 la legge n. 903 sulla “parità di
trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”.
L’articolo 1 della legge n. 903 del 9 Dicembre 1977 , vieta
qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto
riguarda l’accesso al lavoro, in qualunque settore o ramo di
attività.
In applicazione di questa legge, un datore di lavoro non potrà
più richiedere di assumere un uomo invece di una donna, ad
eccezione di settori moda, arte, spettacolo, quando bisogna
svolgere determinate mansioni appartenenti ad un sesso
piuttosto che ad un altro.
L’articolo 2 della legge n. 903 del 9 Dicembre 1977 , afferma
che la lavoratrice ha diritto alla stessa retribuzione del
lavoratore, quando le prestazioni richieste sono le medesime.
In questo modo è ribadito il principio della “parità salariale”.
Qualora questo principio venisse violato, la lavoratrice potrà
ricorrere al pretore del lavoro.
Pertanto possiamo comprendere che tutti i lavori sono aperti
alle donne, ad eccezione dei casi, in cui i lavori siano troppo
pesanti da svolgere.
Inoltre è vietata qualsiasi discriminazione fra uomini e donne per
quanto riguarda l’attribuzione delle qualifiche, delle mansioni e la
progressione nella carriera. Pertanto alla donna devono essere
attribuite qualifiche o mansioni che fino a ieri erano riservate
solamente agli uomini e non le può essere proibita la possibilità di
avanzamento professionale.
2.3 LA DONNA
LAVORATRICE MADRE
Conciliare lavoro e famiglia non è facile.
Ancora oggi molte donne abbandonano il lavoro in seguito alla
nascita di un figlio. Per evitare che la funzione materna punisca la
carriera di una donna, la legge stabilisce che le assenze obbligatorie
per la maternità, vengono considerate come attività lavorativa.
In Italia esistono precise norme a tutela della maternità. Le
disposizioni più importanti, a tutela delle lavoratrici in gravidanza e
puerpere, (con il termine puerperio si intende il periodo successivo
al parto), sono contenute nel decreto legislativo n. 151 del
2001:
Articolo 7:
Divieto assoluto di adibirle a lavori pesanti e pericolosi
(durante il periodo di gestazione e fino a 7 mesi dopo il parto).
Articoli 17 e 20 :
Concessione di un periodo di “astensione obbligatoria” dal
lavoro, onde evitare danni all’organismo della madre e del
nascituro. Questo periodo è, normalmente, di due mesi
precedenti alla data presunta del parto e tre mesi dopo il
parto, oppure un mese prima del parto e quattro mesi dopo la
nascita del figlio.
Articoli 32 e 47:
Concessione di un periodo di “astensione facoltativa” dal
lavoro. La lavoratrice, trascorso il periodo di astensione
obbligatoria, ha il diritto di assentarsi dal lavoro per un periodo
di 10 mesi, anche non continuativi, entro i primi 8 anni del
bambino. Questo diritto può spettare anche al padre in
alternativa alla madre.
Nel caso invece in cui la donna rientri al lavoro prima del
compimento di 1 anno del bambino, ha diritto alla riduzione
dell’orario lavorativo di due ore per l’allattamento.
Articolo 54: