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Sintesi Viaggio alla ricerca dell'uomo moderno tesina
Nella mia tesina ho voluto trattare del “primitivo” perché mi ha sempre incuriosito il passato e il suo rapporto con il presente. In questi cinque anni, ho preso coscienza, attraverso la lettura di romanzi e all’acquisizione di uno studio consapevole, di significati profondi che mi hanno aiutato a capire meglio le mie esperienze personali. Quasi ogni estate mi reco in Irpinia, dove i miei nonni paterni sono nati, ed è una terra lontana e misteriosa per un cittadino, infatti si trova sull’Appennino Campano rimanendo per secoli ignota a molti, che vivevano nelle grandi città limitrofe. L’Irpinia è molto vicina alla Lucania del “Cristo si è fermato ad Eboli” e dove si trova anche Venosa, il paese di Orazio. Una terra che non ha mai dominato ma è sempre stata dominata da vari popoli nella storia ed ha quasi sempre sofferto e patito e non ha mai alzato la testa, forse solo con il mitico brigantaggio è riuscita a farsi valere.
Ogni volta che penso a quella terra così lontana mi ricordo della mia infanzia e soprattutto la spensieratezza che accompagna quell’età, dove tutto era immerso nella natura e regolato da essa. Le prime volte che ero lì tutto mi sembrava strano: anziani che si alzavano all’alba per andare in campagna con i trattori,una piazza piena di gente che ti osservava,le campane che suonavano ogni ora e si sentivano anche quando c’erano dei riti sconosciuti per un bambino, i funerali…Poi tutto divenne più famigliare non c’era pericolo di uscire di casa e neanche di andare da solo per le vie. Mi sembra ancora oggi che lì le persone si sentono veramente di appartenere a qualcosa , nelle piazze e nei paesi, godendo della compagnia di persone che hanno sempre visto da quando sono nati, si ritrova un’identità civile. Lì ancora ci sono molte famiglie patriarcali, anche se in molte le donne sono i “kapò” e molte anziane sono vestite di nero per ricordare a loro e agli altri il dramma della morte. Come in molti paesi girano le solite storie misteriose di fantasmi e mostri leggendari ma ormai pochi ci credono ancora e nelle feste del paese in estate tutti escono nelle strade parlano, camminano e si divertono,l’inverno per loro è il periodo del solo lavoro e della clausura. Quello è il mio personale mondo primitivo inteso come un mondo diverso da quello cittadino e che sembra appartenere ad una diversa epoca storica o forse all’eternità. Questi mondi “altri” ancora esistono, anche se sono ben consapevole del cambiamento radicale della nostra epoca a causa della globalizzazione e industrializzazione, però come vedremo con questo viaggio l’uomo ha avuto ed ha delle matrici arcaiche-primitive, che ancora permangono dentro di lui e nella sua cultura. La tesina permette anche dei collegamenti disciplinari con altre materie scolastiche.
Collegamenti
Viaggio alla ricerca dell'uomo moderno tesina
Latino: Orazio.
Greco:Teocrito.
Filosofia:Freud, Jung, Vico.
Storia:Nazismo.
Inglese:"Cuore di tenebra".
Italiano:"Cristo si è fermato ad Eboli".
Introduzione
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Perché questa scelta?
Ho voluto trattare del “primitivo” perché mi ha sempre incuriosito il passato e il suo rapporto con il
presente. In questi cinque anni, ho preso coscienza, attraverso la lettura di romanzi e
all’acquisizione di uno studio consapevole, di significati profondi che mi hanno aiutato a capire
meglio le mie esperienze personali. Quasi ogni estate mi reco in Irpinia, dove i miei nonni paterni
sono nati, ed è una terra lontana e misteriosa per un cittadino, infatti si trova sull’Appennino
Campano rimanendo per secoli ignota a molti, che vivevano nelle grandi città limitrofe. L’Irpinia è
molto vicina alla Lucania del “Cristo si è fermato ad Eboli” e dove si trova anche Venosa, il paese
di Orazio. Una terra che non ha mai dominato ma è sempre stata dominata da vari popoli nella
storia ed ha quasi sempre sofferto e patito e non ha mai alzato la testa, forse solo con il mitico
brigantaggio è riuscita a farsi valere.
Ogni volta che penso a quella terra così lontana mi ricordo della mia infanzia e soprattutto la
spensieratezza che accompagna quell’età, dove tutto era immerso nella natura e regolato da essa. Le
prime volte che ero lì tutto mi sembrava strano: anziani che si alzavano all’alba per andare in
campagna con i trattori,una piazza piena di gente che ti osservava,le campane che suonavano ogni
ora e si sentivano anche quando c’erano dei riti sconosciuti per un bambino, i funerali…Poi tutto
divenne più famigliare non c’era pericolo di uscire di casa e neanche di andare da solo per le vie. Mi
sembra ancora oggi che lì le persone si sentono veramente di appartenere a qualcosa , nelle piazze e
nei paesi, godendo della compagnia di persone che hanno sempre visto da quando sono nati, si
ritrova un’identità civile. Lì ancora ci sono molte famiglie patriarcali, anche se in molte le donne
sono i “kapò” e molte anziane sono vestite di nero per ricordare a loro e agli altri il dramma della
morte. Come in molti paesi girano le solite storie misteriose di fantasmi e mostri leggendari ma
ormai pochi ci credono ancora e nelle feste del paese in estate tutti escono nelle strade parlano,
camminano e si divertono,l’inverno per loro è il periodo del solo lavoro e della clausura. Quello è il
mio personale mondo primitivo inteso come un mondo diverso da quello cittadino e che sembra
appartenere ad una diversa epoca storica o forse all’eternità. Questi mondi “altri” ancora esistono,
anche se sono ben consapevole del cambiamento radicale della nostra epoca a causa della
globalizzazione e industrializzazione, però come vedremo con questo viaggio l’uomo ha avuto ed
ha delle matrici arcaiche-primitive, che ancora permangono dentro di lui e nella sua cultura.
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Definizione di “primitivo”
Il termine “primitivo” è stato sempre utilizzato per definire qualcosa di estremamente semplice e
che fa parte di una epoca passata e remota, io direi anche che non si riduce solo ad un concetto
razionale ma è anche di natura soggettiva e sentimentale.
Il “primitivo” pone l’uomo in rapporto con il suo passato e il suo presente, creando un ponte di
comunicazione tra una civiltà primitiva rispetto ad altre più sviluppate. Per i due grandi storici
Arthur Lovejoy e George Boas nella loro opera “Primitivism and related ideas in antiquity” scritta
nel 1936 esistono due tipi di primitivismo: uno cronologico e un altro culturale. Il primitivismo non
è solo una corrente culturale e artistica dei primi del ‘900 ma è anche un modo di vedere, di
pensare e analizzare il passato con l’ottica del presente. Il primitivismo cronologico vede il passato
come un’epoca arcaica e felice, dove l’uomo era in armonia con la natura e vede nel progresso la
rovina per l’umanità. Dal mito dell’età dell’oro fino a Rousseau e Leopardi, passando anche per le
distopie fantascientifiche questo sentimento ha imperversato l’animo di molti. Il primitivismo
culturale pone al centro il problema dei valori e modi di vita passati rispetto a quelli presenti, ad
esempio la differenza tra la vita del cittadino sempre frenetica e poco soddisfacente rispetto a quella
del contadino o del selvaggio, che è più semplice e più felice. A questo punto si può fare l’esempio
del mito del “buon selvaggio” di età illuministica oppure si può andare più indietro con il tempo alla
difesa del “mos maiorum” da parte di Catone o ancora al “moralismo storico” di Sallustio.
Questo ritorno al passato che a sua volta viene idealizzato e altre volte innalzato come modello di
condotta universale sembra quasi patologico e Freud direbbe che è un modo per fuggire dal peso
della “civiltà” e quindi della realtà. Ma comunque patologico o no il nostro passato ci affascina e ci
appartiene e abbiamo il dovere di esplorarlo e scoprire ciò che eravamo e ciò che siamo.
5
1.
Il primitivo degli antichi
6
Orazio e Teocrito
In età alessandrina, come tutti sanno, la polis e i suoi centri culturali vennero meno.
Nacquero nuovi centri di studio che analizzavano i testi antichi come quello di Alessandria o di
Pergamo. Negli “idilli” di Teocrito ritroviamo degli ambienti che non si rifanno all’ambiente
cittadino ma a quello campestre e pastorale.
C’era sicuramente nel circolo dei poeti “docti” un gusto per il bozzetto, però in Teocrito si possono
ritrovare degli ambienti che saranno degli “exempla” per gli autori successivi.
Intanto, la campagna e i pastori sono idealizzati dal poeta che vive in città, e si può dire che quel
micro-cosmo pastorale è un’emanazione del macro-cosmo cittadino.
Infatti la vita pastorale è popolata da cantori e poeti e il tutto è circondato dal sereno e felice “locus
amœnus”. In questi “idilli” vengono descritti da Teocrito gli amori casti tra divinità e pastori e i loro
canti.
Il pubblico dotto del III secolo a.c. era affascinato da questi racconti ambientati in luoghi lontani e
misteriosi, per questo e anche per ciò che è stato detto in precedenza, Teocrito non si può definire
un poeta realistico. I suoi personaggi come il selvaggio Ciclope Polifemo, viene descritto come un’
innamorato che non riesce a conquistare il cuore dell’amata Galatea; quindi troviamo anche una
descrizione psicologica del ciclope. Il senso del primitivo viene qui idealizzato e in parte
mistificato.
Il famoso poeta Orazio dell’arcaica Venosa, è stato sempre definito il poeta della nostalgia e della
malinconia o anche detto “autunnale”; infatti lui cantò avendo ormai un’età avanzata, di
conseguenza il tema della morte e dello scorrere del tempo è dominante. Orazio, nelle sue odi
scritte dal 23 al 13 a.C., ci consiglia di vivere l’attimo secondo il carpe diem.
Come viene ben descritto da J. Pierret (“Horace”, Paris, 1968): “Orazio si ricollega a una famiglia
di spiriti per i quali il tempo autentico dell’uomo non è la continuità d’una durata, con le illusioni di
un progetto, ma la singolarità degli istanti, dove la nostra libertà affronta il mondo”. Quindi non
bisogna pensare al domani ma l’uomo deve vivere circoscritto nell’oggi. E poiché le strutture
temporali sono quasi sempre legate a quelle spaziali, a un presente chiuso, a un tempo chiuso,
corrisponde uno spazio chiuso: l’angulus. 7
L’angulus viene citato per la prima volta dal poeta nell’ode II 6: ille terrarum mihi praeter omnes/
angulus ridet (vv. 13 s.: «quell’angolo di terra mi sorride su tutti»), in antitesi con lo spazio aperto
della prima strofa («Settimio, pronto a venire con me a Cadice e ai Càntabri indocili al nostro gioco
e alle barbare Sirti, dove sempre ribolle l’onda maura»). Perciò, il suo senso del primitivo
caratterizzato dalla semplicità e dalla tranquillità di un posto ideale ma anche un rifugio reale, è
figura simbolica dell’esistenza del poeta e della sua esperienza poetica, infatti è uno spazio che
rappresenta l’ordine e il senso. L’angulus può assumere vari aspetti: il podere in Sabina, il dono di
Mecenate, oppure un paesaggio che assume una funzione simbolica, rappresentando uno stato
d’animo di “tranquillitas animi” e di quiete. Questo interesse per le cose piccole e graziose e per i
luoghi appartati nei quali, lontano dal caos, si ritrova la felicità verrà poi ripreso anche dallo spirito
romantico come nel nido del Pascoli. Per concludere, il primitivo per Orazio non è radicato in un
passato idealizzato ma deve esistere nel presente dove il poeta può rifugiarsi e vivere in serenità.
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2.
Il primitivo per l’uomo moderno
9
Da Vico a Jung
I tratti più importanti che sono stati attribuiti dall’uomo moderno (cioè gli uomini vissuti dopo la
scoperta dell’America) al mondo primitivo li ritroviamo già all’inizio del XVIII sec d.C.
Giambattista Vico(1668-1744) filosofo, storico, giurista nella sua opera “Scienza Nuova” scritta nel
1725 analizza la storia come un processo che tende al progresso in cui gli uomini sono i
protagonisti. La storia dell’uomo per Vico è costituita dalla successione di tre età: quella degli dei,
quella degli eroi e quella degli uomini. Questo schema lui lo ritiene inventato dagli Egizi, secondo
una testimonianza di Erodoto, ma in realtà scrittori greci e latini lo desunsero dal “Crizia” di
Platone. Platone non amava molto l’arte e gli artisti, li considerava inferiori rispetto all’indagine
filosofica razionale e anche pericolosi perché sollecitano la sfera dei sensi, la parte meno nobile
dell'uomo e nel contempo offuscano le capacità razionali facendo appello alla fantasia e
all'emozione; però riguardo l’arte millenaria egiziana ebbe sempre una certa ammirazione forse
perché quell’arte primitiva e simbolica era legata al rituale e un’arte venerata da tempo
immemorabile assume un’aura di maestà e di imponenza che non è possibile ritrovare in una più
recente e poi rimaneva fuori dalle mode del tempo. Forse per Platone il senso del primitivo era
proprio questo. Ritornando a Vico, nella sua storia il succedersi di queste tre età rispecchia lo
sviluppo mentale, politico e sociale dell’uomo. Infatti nella prima età quella degli dei, gli uomini
sono presentati come dei primitivi “bestioni” che sentivano nelle forze naturali che li minacciavano,
divinità terribili (per questo il nome di “età degli dei”), ed erano dominati da passioni brutali, poi
nelle altre due età l’uomo si evolve e nasce la riflessione filosofica.
Si può dire che le prime due età per Vico sono quelle caratterizzate dal senso e dalla fantasia; il
problema è che lui le vede negativamente infatti poi nell’ultima età degli uomini la ragione domina.
Per Vico la sapienza poetica e artistica è fondata sulla fantasia e porta in sé creazioni sublimi cioè
sono fonti di emozioni violente; quindi poesia e arte in verità sono nate da uno spirito primitivo e
simbolico che tramite un linguaggio alogico comunica delle verità, queste verità sono immagini
che rappresentano i caratteri tipici del mondo e della vita; ad esempio lui considera le opere di
Omero come patrimoni collettivi del popolo greco primitivo che spiegavano tramite dei miti i tratti
tipici dell’uomo e del suo mondo, come l’Ulisse che rappresenta l’astuzia, l’Achille il coraggio.
Quindi per Vico lo spirito primitivo appartiene all’uomo e alla sua storia e la stessa arte e poesia
nascono da questo primitivo desiderio, che porta sia alla sublimazione di paure e angosce ma anche
alla creazione di opere universali come quelle omeriche. Le sue idee sul primitivo verranno riprese
dai romantici e dai decadenti anche se le sue opere non ottennero un gran successo in Europa.
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Lo spirito primitivo entrò anche a far parte delle questioni filosofiche ed estetiche del ‘700 ad
Inchiesta filosofica sulle origini
esempio nella famosissima opera di Edmund Burke “
delle nostre
idee sul sublime e sul bello” , pubblicata in prima edizione nel 1756 già si possono ritrovare
degli elogi nei confronti dell’arte primitiva e arcaica considerandola espressione del sublime: