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Nella mia tesina di maturità ho voluto sottolineare come nella società contemporanea gli uomini sono sempre più omologati, costretti a vivere una vita sempre più monotona; spesso cercano di fuggire dalla realtà, di liberarsi da questi vincoli trovando nuovi modi, per sentirsi liberi, non legati alla routine della vita, per esempio, possono essere: lo sport, la musica e purtroppo, a volte, anche le droghe.
A mio parere il modo migliore per evadere da questi limiti, è viaggiare, infatti non esiste miglior momento di riflessione come il viaggio; dai brevi viaggi in moto e in macchina, ai lunghi viaggi per scoprire, sapere, conoscere tutto quello che ancora ci manca, tramite i quali si possono raggiungere nuove mete, altri traguardi apparentemente irrealizzabili, tutto ciò è fonte di esperienza. E’ proprio questo aspetto del viaggio che mi ha appassionato e mi ha spinto a sceglierlo come percorso per la mia tesina.
Quello che accade nel viaggio è che si cambia lo "stato" della propria realtà di vita, si va improvvisamente in un posto in cui si vive diversamente, in cui ci sono espressioni di vita diverse, smuovendo se stessi da una condizione di abitudine e stasi mentale, a cui si è ormai abituati e consolidati. Viaggiare è spesso migliorarci con grande profitto e forza, è un investimento per la nostra felicità e per ciò che siamo e saremo nella nostra vita.
Il viaggio è liberazione dell’io, una pausa dalla realtà, una ricerca della felicità; nel viaggio quello che conta non è tanto la meta, quanto il cammino di crescita e di arricchimento interiore che si realizza.
Durante il viaggio si andrà incontro a tante e differenti visioni della vita, varietà di lingue, di usi e di costumi, ma si cercherà sempre l'incontro con altri o, inconsapevolmente, con noi stessi. Ognuno di noi dovrebbe cercare di aprire la mente al “diverso”, umilmente, senza avere però il timore di farlo, per sintonizzarsi con la popolazione del luogo, imparare i ritmi, le culture e le tradizioni non proprie, rispettando quello di cui ancora si deve far parte e, infine, tornare cresciuti per poi ripartire.
La voglia di viaggiare è sempre stata insita nell’uomo a partire dall’antichità ed è stata testimoniata dalla letteratura e dall’arte in ogni epoca storica. Nella letteratura italiana vi è un autore, Ungaretti, la cui vita può essere costantemente accostata al viaggio: egli fu figlio di genitori emigranti della Lucchesia, che richiamati dalla costruzione del canale di Suez in Egitto decisero di partire in cerca di lavoro; Ungaretti fu un nomade che attraversò l’Italia (Firenze, Roma, Milano), ma anche la Francia, il Brasile, l’Olanda, gli Stati Uniti e, naturalmente, l’Egitto dove nacque, e, grazie a queste esperienze cosmopolite, si costruì una propria poetica.
Il termine “viaggio” deriva dal latino “viaticus”, che indica l’occorrente per mettersi in viaggio, quindi, seguendo l’etimologia del termine, il viaggio appare come una necessità, ma non sempre nella storia ha avuto questo significato.
Cominciando dagli spostamenti dei popoli nomadi alla ricerca di nuove risorse, ai viaggi dei Greci e dei Fenici per conquistare nuove terre, al viaggio di Marco Polo sulla via della seta o a quello di Colombo verso le Americhe fino ad arrivare allo sbarco sulla luna nel 1969 da parte degli Stati Uniti…
Ma l’elenco potrebbe continuare all’ infinito sia con viaggi di eroi creati dalla mitologia come il famoso Ulisse sia, purtroppo, anche con viaggi della disperazione come quello dei neri portati come schiavi nel Nuovo Continente o degli Ebrei deportati nei campi di sterminio.
Il viaggio, per un secolo, dal 1870 al 1970, è stato il viaggio della speranza, o della disperazione secondo i punti di vista, un vero e proprio esodo che ha coinvolto milioni di persone che dovettero emigrare a causa della grande crisi agraria ed economica. Questo lungo e continuo esodo ha caratterizzato e segnato anche il popolo italiano: con l’emigrazione, verso i Paesi più ricchi dell’Europa, verso le Americhe, verso l’Australia oppure all’interno del proprio stato, dal Sud povero e deprivato al Nord florido e industrializzato
Italiano: La poetica di Ungaretti.
Storia: L'emigrazione italiana e l'emigrazione in generale.
INDICE GENERALE
Introduzione. pagina 3
Introduzione sull’emigrazione mondiale pagina 5
L’emigrazione Italiana. pagina 7
Il viaggio degli emigranti Italiani. pagina 8
La vita degli emigranti negli Stati Uniti. pagina 10
L’emigrazione italiana nell’America Latina. pagina 11
Giuseppe Ungaretti. pagina 12
Poetica di Ungaretti. pagina 13
In memoria. pagina 14
Bibliografia e Sitografia pagina 15 2
Introduzione
Nella società contemporanea gli uomini sono sempre più omologati, costretti a vivere una
vita sempre più monotona; spesso cercano di fuggire dalla realtà, di liberarsi da questi vincoli
trovando nuovi modi, per sentirsi liberi, non legati alla routine della vita, per esempio, possono
essere: lo sport, la musica e purtroppo, a volte, anche le droghe.
A mio parere il modo migliore per evadere da questi limiti, è viaggiare, infatti non esiste
miglior momento di riflessione come il viaggio; dai brevi viaggi in moto e in macchina, ai lunghi
viaggi per scoprire, sapere, conoscere tutto quello che ancora ci manca, tramite i quali si
possono raggiungere nuove mete, altri traguardi apparentemente irrealizzabili, tutto ciò è
fonte di esperienza.
E’ proprio questo aspetto del viaggio che mi ha appassionato e mi ha spinto a sceglierlo
come percorso per l’Esame di Maturità.
Quello che accade nel viaggio è che si cambia lo "stato" della propria realtà di vita, si va
improvvisamente in un posto in cui si vive diversamente, in cui ci sono espressioni di vita diverse,
smuovendo se stessi da una condizione di abitudine e stasi mentale, a cui si è ormai abituati e
consolidati.
Viaggiare è spesso migliorarci con grande profitto e forza, è un investimento per la nostra
felicità e per ciò che siamo e saremo nella nostra vita.
Il viaggio è liberazione dell’io, una pausa dalla realtà, una ricerca della felicità; nel viaggio
quello che conta non è tanto la meta, quanto il cammino di crescita e di arricchimento interiore
che si realizza.
Durante il viaggio si andrà incontro a tante e differenti visioni della vita, varietà di lingue,
di usi e di costumi, ma si cercherà sempre l'incontro con altri o, inconsapevolmente, con noi
stessi.
Ognuno di noi dovrebbe cercare di aprire la mente al “diverso”, umilmente, senza avere
però il timore di farlo, per sintonizzarsi con la popolazione del luogo, imparare i ritmi, le culture
e le tradizioni non proprie, rispettando quello di cui ancora si deve far parte e, infine, tornare
cresciuti per poi ripartire.
La voglia di viaggiare è sempre stata insita nell’uomo a partire dall’antichità ed è stata
testimoniata dalla letteratura e dall’arte in ogni epoca storica.
Nella letteratura italiana vi è un autore, Ungaretti, la cui vita può essere costantemente
accostata al viaggio: egli fu figlio di genitori emigranti della Lucchesia, che richiamati dalla
costruzione del canale di Suez in Egitto decisero di partire in cerca di lavoro; Ungaretti fu un
nomade che attraversò l’Italia (Firenze, Roma, Milano), ma anche la Francia, il Brasile, l’Olanda,
gli Stati Uniti e, naturalmente, l’Egitto dove nacque, e, grazie a queste esperienze cosmopolite,
si costruì una propria poetica.
Il termine “viaggio” deriva dal latino “viaticus”, che indica l’occorrente per mettersi in
viaggio, quindi, seguendo l’etimologia del termine, il viaggio appare come una necessità, ma non
sempre nella storia ha avuto questo significato. 3
Cominciando dagli spostamenti dei popoli nomadi alla ricerca di nuove risorse, ai viaggi dei
Greci e dei Fenici per conquistare nuove terre, al viaggio di Marco Polo sulla via della seta o a
quello di Colombo verso le Americhe fino ad arrivare allo sbarco sulla luna nel 1969 da parte
degli Stati Uniti…
Ma l’elenco potrebbe continuare all’ infinito sia con viaggi di eroi creati dalla mitologia
come il famoso Ulisse sia, purtroppo, anche con viaggi della disperazione come quello dei neri
portati come schiavi nel Nuovo Continente o degli Ebrei deportati nei campi di sterminio.
Il viaggio, per un secolo, dal 1870 al 1970, è stato il viaggio della speranza, o della
disperazione secondo i punti di vista, un vero e proprio esodo che ha coinvolto milioni di persone
che dovettero emigrare a causa della grande crisi agraria ed economica.
Questo lungo e continuo esodo ha caratterizzato e segnato anche il popolo italiano: con
l’emigrazione, verso i paesi più ricchi dell’Europa, verso le Americhe, verso l’Australia oppure
all’interno del proprio stato, dal Sud povero e deprivato al Nord florido e industrializzato. 4
Un’introduzione sull’emigrazione mondiale
L’emigrazione che ci fu dagli ultimi decenni dell’Ottocento alla metà del Novecento non
ebbe eguali in tutta la storia mondiale, 60 milioni di persone abbandonarono i loro luoghi di
origine per raggiungere terre lontane, dove speravano di trovare quel benessere che in patria
era loro negato.
L’emigrazione era maggiormente diretta al di là dell’Oceano, favorita dal notevole sviluppo
dei trasporti transoceanici; in questo periodo l’emigrazione fu divisa in due differenti ondate:
la prima interessò soprattutto l’Inghilterra e l’Irlanda; la seconda invece quella più importante
riguardò i paesi dell’Europa orientale, la Spagna e l’Italia.
La Francia non fu mai coinvolta in questi movimenti migratori perché questo stato non ha
mai conosciuto un vero e proprio boom demografico.
Le principali motivazioni di questa emigrazione furono: le varie condizioni economiche e
sociali dei paesi di provenienza oppure circostanze particolari come le carestie e le persecuzioni
politiche o la semplice ricerca di un lavoro meglio pagato.
Si deve però introdurre una precisazione, l’emigrazione può essere di due tipi:
Temporanea: Le persone che emigrano, abitano in nuovo paese per un tempo
limitato, poi rientrano nei luoghi da cui sono partiti.
Ciò può avvenire se sopravvengono difficoltà non previste come malattie,
impossibilità di adattamento, impossibilità di imparare la nuova lingua che è per loro fino
a quel momento del tutto sconosciuta.
Definitiva: Le persone si spostano per non tornare più. I figli di questi emigranti
saranno cittadini del nuovo stato. 5
Il fenomeno dell’emigrazione ha riguardato ben 60 milioni di persone tra partenze
temporanee e partenza definitive, ma si calcola che circa 12 milioni di persone siano rientrate
dopo alcuni anni; quindi l’emigrazione netta fra il 1820 e 1920 fu di circa 48 milioni di persone.
Questi dati mettono in evidenza un fatto particolare che si trova unicamente nella storia
d’Europa.
Gli asiatici (Cinesi, Giapponesi, Indiani) vivono essenzialmente in Asia; gli abitanti indigeni
dell’America sono tutti nei loro luoghi d’origine, gli Africani sono sì, anche in America ma sono
stati deportati e quindi non per libera scelta; gli eschimesi vivono nelle terre polari; gli aborigeni
australiani vivono solo in Australia; i Malesiani e i Polinesiani sono disseminati nelle isole
dell’Oceano Pacifico.
Gli europei al contrario si sono diffusi nel mondo tra il 1500 e il 1900, gli Europei hanno
avuto armi che nessun altro popolo ha avuto, conoscenze tecniche e scientifiche che hanno
permesso loro di vivere in territori sconosciuti e sconfiggere popolazione nemiche.
La popolazione dell’Australia e della nuova Zelanda è quasi tutta d’origine europea;
nell’America settentrionale (Stati Uniti e Canada) 8 persone su 10 sono di discendenza europea;
nelle Americhe, centrale e meridionale, (dal Messico all’Argentina) 7 persone su 10 hanno
origine europea. 6
L’emigrazione in Italia
Dal 1876 ai giorni nostri 21 milioni di persone hanno lasciato il proprio paese in cerca di
una vita migliore; di esse, 7 milioni, non hanno fatto più ritorno in patria.
Le regioni più interessate da tale fenomeno sono state quelle più arretrate, specialmente
le zone del sud, le stesse in cui, in precedenza si era manifestato il fenomeno del brigantaggio.
Questa fuga di “persone” dall’Italia provocò un acceso dibattito:
Una larga maggioranza giudicava il movimento migratorio positivamente:
I commerci con l’estero si intensificarono,
Il denaro inviato dagli emigranti alle loro famiglie, le “rimesse”,
contribuivano a migliorare il bilancio commerciale;
L’emigrazione, infine funzionava come” valvola di sicurezza per la pace
sociale”
Altri fecero notare gli effetti negativi:
In certe zone diventava difficile trovare lavoratori per la terra e il costo
della manodopera, di conseguenza, aumentava;
L’esercito veniva privato di un grande numero di possibili soldati;
Enormi erano le sofferenze fisiche e anche affettive delle famiglie toccate
dall’emigrazione;
Infine si fece notare come gli agenti di emigrazione setacciassero
sistematicamente le campagne e convincessero a partire anche coloro che non si
trovavano in condizioni economiche particolarmente difficili, promettendo loro favolosi
guadagni in terre lontane. 7
Il viaggio degli emigranti italiani
Manifesto di una compagnia di
navigazione italiana “La veloce” con
inidicati i porti da cui partivano le navi
transatlantiche
Manifesto con indicate le date di
partenza per gli Stati Uniti e per il Sud
America (1906). 8
Il viaggio, a dispetto di quanto pubblicizzavano le compagnie di navigazione, era lungo e
pieno di difficoltà.
L’emigrazione transoceanica era una vera e propria odissea, un’inenarrabile serie di
sofferenze e privazioni.
Munite del passaporto rosso che veniva rilasciato ai “non abbienti”, intere famiglie, con le
loro valigie di cartone legate con lo spago e i loro fagotti si imbarcavano a Genova o a Napoli.
Sulle navi, gli emigranti venivano ammassati come bestie e la mancanza di servizi igienici,
di assistenza medica e di un’alimentazione adeguata produceva facilmente malattie spesso
contagiose.
Gli emigranti vivevano tre o quattro settimane terribili nutrendosi di pane nero portato
dal paese e di poche olive.
Spesso si verificavano aggressioni e furti, che raramente venivano puniti.
A bordo tutti cercavano di farsi coraggio cantando una canzone che presto diventò
famosa: “Mamma mia dammi cento lire perché in America voglio andar”
Le agenzie dell’emigrazione in molti casi facevano vera e propria opera di esportazione
degli schiavi: promettevano ricchi compensi in denaro, un lavoro sicuro; poi arrivati in America,
senza conoscenza della lingua, spaesati, senza alcuna