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Italiano: Dante Alighieri (Paradiso, Canto 33°)
Filosofia: Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Lo spirito assoluto)
Inglese: Samuel Beckett (Waiting for Godot)
La ricerca di Itaca
Viaggio attraverso le intuizioni dell’uomo
Origini della tendenza verso l’ignoto. L’origine della curiosità
L’uomo è l’unico essere vivente ad interrogarsi su se stesso e sul motivo della propria
esistenza. Già dai primissimi anni di vita il bambino immagazzina dati che poi rielabora in
pensieri e domande; maggiori sono le conoscenze acquisite, maggiori i dubbi che nascono e
che necessitano di risposte. È questo il processo che caratterizza la storia dell’uomo, dalle
origini, tanto misteriose e discusse, dell’intelligenza umana ad oggi.
In principio la conoscenza era finalizzata alla soluzione di problemi pratici e alla sopravvivenza.
A differenza dell’animale, però, una volta soddisfatti i bisogni primari, nell’uomo l’istinto della
ricerca permane sotto forma di perpetuo inappagamento. Questa insoddisfazione è l’origine
dello sviluppo psichico dell’uomo e del progresso delle sue capacità intellettive e tecniche, o è
il maggiore livello di intelligenza rispetto agli altri animali la causa della curiosità umana?
L’Archè
L’interrogativo maggiore, da sempre, è senz’altro quello relativo all’essere, uno dei punti
fondamentali della riflessione filosofica. Nell’era della filosofia presocratica, l’indagine si
concentra sulle origini dell’essere in quanto essere, il cosidetto “archè” o principio primo: una
realtà che, oltre la molteplicità cangiante del mondo, permane unica ed eterna. L’archè è la
materia dalla quale tutte le cose esistenti derivano e dipendono, nonché la forza o legge che
spiega la loro nascita e la loro morte, e può essere inteso secondo due concetti :
Da aspetti sensibili della realtà, come l’acqua (Talete VII-VI sec. a.C.), l’aria (Anassimene VI sec.
A.C.), il fuoco (Eraclito VI-V sec a.C ) si passò a concetti astratti, come l’”apeiron, materia
infinita, indeterminata, eterna, indistruttibile e in continuo movimento (Anassimandro VII-VI sec.
A.C), il numero (Pitagora VI-V sec a.C), il logos, "legge universale del cosmo" e al tempo stesso
"ragione" umana che comprende tale legge e "parola" che la esprime.
La ricerca costante sull'origine della vita porta come conseguenza a porsi delle domande sul
significato stesso della vita e del fine umano. L’emblema di questa ricerca è da sempre il
personaggio di Ulisse, l’eroe multiforme, il simbolo della curiosià e dell’ingegno che ha un suo
corrispettivo nel personaggio della mitologia mesopotamica Gilgamesh.
Argonautiche, Apollonio Rodio
La figura dell’eroe coraggioso ed assetato di conoscenza è stata, nel corso dei secoli, più volte
rielaborata in base al contesto storico culturale, assumendo talvolta connotati antitetici; è il
caso dell’eroe, o piuttosto antieroe ellenistico Giasone, protagonista delle Argonautiche di
Apollonio Rodio, il quale è costretto ad un lungo viaggio dalla Grecia alla Colchide dallo zio
Pelia, usurpatore del regno di Iolco il quale ha come unico scopo ucciderelo.
In questo caso dunque la condizione umana è totalmente ribaltata: è infatti chiara la meta
(colchide) cosi come è noto l’oggetto della ricerca (vello); cio che manca è la motivazione
principale, la volontà che dovrebbe costituire il presupposto della ricerca. Giasone non è
animato da curiosità o desiderio di conoscenza, ma sente la propria missione come un peso da
cui liberarsi. In altre parole ciò che per l’uomo reale rappresenta l’ignoto, ovvero la meta e
l’oggetto della ricerca, costituiscono l’unica certezza del protagonista, mentre l’essenza
dell’uomo ed il suo inappagabile desiderio di ricerca sono del tutto assenti.
(Questo ribaltamento tra l’altro costituisce una caratteristica fondamentale dell’opera: quello
degli argonauti è infatti un viaggio in un universo capovolto, abitato da popoli dalle assurde
usanze (i Mossienici fanno in pubblico ciò che si fa in privato e viceversa e i Tibareni al
momento in cui le loro mogli danno alla luce i propri figli simulano le doglie del parto). Anche la
meta del viaggio subisce un ribaltamento identificandosi con il punto di partenza. Obbiettivo
degli argonauti non è la colchide bensì la grecia.)
Quello che dovrebbe costituire un percorso di formazione, una sorta di viaggio iniziatico alla
scoperta delle bizzarrie del mondo porta solo, con la sua frustrante circolarità e con il
predominio dell’amechania , alla consapevolezza del vuoto dell’esistenza umana e della vanità
del desiderio e della ricerca.
Quella di Apollonio risulta un’opera modernissima, le cui coordinate temporali e spaziali
assumono connotati immateriali, psichici; un’opera che riflette l’atmosfera di individualismo e
disimpegno, ma soprattutto di incertezza, sgomento e disagio dell’uomo d’età ellenistica: per la
prima volta infatti i greci costituiscono il gradino sociale piu basso della piramide sociale al cui
apice vi è il “basileus”.
Un’opera che costituisce un punto di svolta nella coscienza dell’uomo e nella sua
consapevolezza di se stesso e dell’esistenza.
Il superamento dei limiti umani
Dante, Paradiso XXXIII
Osservando il lungo cammino alla scoperta dell’ignoto non si può non pensare al viaggio di
Dante attraverso i regni dell’oltretomba fino alla visione finale di Dio nel mare di luce
dell’Empireo. Dopo l’intercessione della Vergine concessa grazie alla preghiera di S.Bernardo di
Chiaravalle, Dante porta a compimento quell’unione tra umano e divino che costituisce il
centro tematico della Commedia; la tensione drammatica di questi ultimi versi è accentuata dal
contrasto fra l’altezza del tema e la consapevolezza dell’impossibilità di esprimerla. La parola
poetica s’innalza nell’estremo tentativo di dare una rappresentazione sensibile di una realtà
che il poeta non si stanca di dichiarare ineffabile.
“Oh quanto è corto il dire e come fioco (morte dell’ arte)
al mio concetto!” (v. 121)
In un solo punto, profondissimo e al tempo stesso luminosissimo, Dante ha la percezione
dell’essere, coglie il mistero dell’unità del molteplice: una verità rivelata e al contempo
”nel core lo dolce che nacque da essa”.
inafferrabile per l’uomo che può limitarsi a conservare
“Nel suo profondo vidi che s’interna
Legato con amore in un volume (unità tra finito e infinito)
Ciò che per l’universo si squaderna”
Tale paradosso e seguito e riconfermato in seguito, quando Dante, potenziando la propria vista,
riesce ad percepire visivamente il mistero della Trinità, espresso con figure di tipo geometrico
matematico:
“Ne la profonda e chiara sussistenza
de l’alto lume parvemi tre giri (morte arte e religione)
di tre colori e d’una contenenza”
Sono le tre persone della trinità riunite nell’eterna luce dell’intelletto divino sotto forma di tre
cerchi uguali e sovrapposti, ma di colori diversi.
Il secondo cerchio, quello del figlio, che appare come una luce riflessa generata in eterno,
contiene l’inesprimibile mistero dell’incarnazione:
“dentro di se del suo colore stesso
mi parve pinta della nostra effige” (lo spirito riconosce se stesso, unità tra finito e infinito)
L’uomo vede l’uomo; il viaggio verso il mistero della fede e della vita termina con la visione
dell’immagine umana totalmente compenetrata dalla luce divina e indistinguibile da essa. E’
superato il confine fra determinismo della materia e libertà dello spirito: l’uomo
ricongiungendosi a Dio ritrova se stesso.
Hegel, spirito assoluto
Si può individuare dunque un processo analogo a quello che cinque secoli più tardi il massimo
esponente della filosofia idealista, Hegel, descriverà nell’opera Enciclopedia delle scienze
filosofiche in compendio: l’acquisizione della consapevolezza di sé dello spirito attraverso le
forme dell’arte, della religione e della filosofia, le tre determinazioni dello spirito assoluto, il cui
e' sempre lo stesso, dal momento che unico e' il loro oggetto: l'Assoluto, l'infinito, in termini
religiosi, Dio. Ogni momento dello spirito assoluto coglie però l'infinito in una forma diversa,
piu' o meno adeguata ad esprimerlo.
L' arte e' il momento in cui l'assoluto assume consapevolezza di sé attraverso l' intuizione
sensibile, vivendo in modo immediato e intuitivo quella fusione fra soggetto e oggetto, spirito e
natura. Per “morte dell’arte” Hegel intende l’inadeguatezza a esprimere la profonda spiritualità
moderna.
La determinazione che succede all' arte e che elimina le inadeguatezze dell' intuizione sensibile
e' la religione. In essa l' Assoluto viene colto sotto forma di rappresentazione intellettuale che
il filosofo stesso definisce come una sorta di metafora dei pensieri e dei concetti. In questo
modo nel cristianesimo, che Hegel considera religione assoluta, Cristo esprime l’identità tra
finito e infinito e la Trinità la triade dialettica di idea natura e spirito. Nella religione l' uomo
conosce gia' l' Assoluto nella sua vera natura, che e' spirito non giunge a cogliere tale spirito
nella sua unita' organica, perche' lo frantuma ancora in una molteplicita' di rappresentazioni.
L’unico sbocco coerente della religione è la filosofia, cioè il momento in cui l’Assoluto assume
coscienza di sé in forma concettuale. La filosofia è quindi lo spirito assoluto stesso che, per
mezzo dell'autocoscienza umana, pensa se stesso e giunge alla consapevolezza di sé.
Lo spirito assoluto e' la ragione infinita che diventa finalmente consapevole di se stessa, dopo
essere passata per le sue determinazioni finite ed averle progressivamente conosciute come
tali: pertanto esso non si contrappone al finito come qualcosa di trascendente ad esso, ma non
e' che lo stesso finito che si comprende come infinito o, meglio, come totalità dialettica dei
finiti.
Dante, come Hegel, ha raggiunto l’apice del pensiero; quando infatti egli tenta di penetrare
ancor più in questo mistero il suo intelletto viene meno in un excessus mentis, e la sua anima,
amor che move il sole e l'altre
folgorata dall’illuminazione si placa nella contemplazione dell'”
stelle”.
Scienza filosofia e religione rappresentano le forme più alte del pensiero umano, ma credo sia
superfluo e inappropriato distinguerle in tre campi separati. Preferisco parlare di “religiosità
cosmica”, per usare le parole dell’uomo che forse più di ogni altro ha sconvolto la conoscenza