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Introduzione Viaggio,tesina
La seguente tesina di terza media tratta del viaggio come elemento che ha lasciato segni nella storia, che sono stati positivi ma anche negativi. I collegamenti presenti in questa tesina sono i seguenti:
STORIA – Il nazismo
ITALIANO – Primo Levi “Se questo è un uomo”
GEOGRAFIA – Mondo migrante
SCIENZE – Il viaggio sulla Luna
TECNOLOGIA – Il trasporto dei combustibili fossili
ARTE – Il continuo viaggiare di Gauguin
INGLESE – Speak about a school trip
FRANCESE – Mon voyage scolaire
EDUCAZIONE FISICA – La maratona e la resistenza
MUSICA – La colonna sonora nei viaggi
ITALIANO
ITALIANO
Primo Levi “Se questo è un uomo”
Biografia
Primo Michele Levi nacque a Torino
nel 1919 da una famiglia di origini
ebraiche. Dopo un’infanzia difficile a
causa di numerose incomprensioni
con il padre, Levi frequentò sia le
superiori che l’università a Torino,
iscrivendosi al corso di laurea in
Chimica. Fu proprio durante i suoi
anni universitari che in Italia
entrarono in vigore le leggi razziali del 1935, contro i cittadini italiani che il regime fascista
considerava “di razza ebraica”. Queste leggi provocarono molti disagi alla sua vita
universitaria, ma nonostante ciò, riuscì a laurearsi con pieni voti nel 1941. A causa delle
discriminazioni sempre più aspre fu difficile per lui trovare un impiego nel settore, così nel
1942 si trasferì a Milano, dove iniziò a lavorare presso una fabbrica svizzera di medicinali e
contemporaneamente iniziò la sua carriera letteraria e soprattutto politica, iscrivendosi al
Partito d’Azione clandestino, di natura antifascista, e successivamente unendosi al nucleo
partigiano operante in Val d’Aosta.
Il 13 dicembre del 1943 venne scoperto durante un'azione partigiana, e nel febbraio dell'anno
successivo venne deportato prima al campo di concentramento di Fossoli (vicino a Modena),
poi nel lager di Monowitz, che faceva parte del sistema dei campi di concentramento di
Aushwitz, in Polonia. Nel 1945 venne liberato grazie all'intervento dell'esercito russo, e dopo
un viaggio di ritorno avventuroso, rivide Torino nell'ottobre dello stesso anno. Fu uno dei 20
sopravvissuti dei 650 ebrei deportati con lui; questo grazie alla sua professione di chimico,
considerata utile dai nazisti.
Lentamente, la sua vita tornò alla normalità: si sposò, ebbe due figli e riprese la professione di
chimico. Nel frattempo cominciò a scrivere delle atrocità viste e subite. Nacquero così Se
questo è un uomo (1947), romanzo che descrive la sua esperienza nel lager e La tregua
(1963), che racconta il suo viaggio di ritorno verso l’Italia. In seguito pur continuando a
~ 6 ~ – Primo Levi “Se questo è un uomo”
ITALIANO
testimoniare la sua esperienza attraverso libri e conferenze, si dedicò alla scrittura di articoli,
saggi, racconti e romanzi in cui la sua cultura scientifica si mescolava all’analisi dei problemi
della società contemporanea: tra essi La chiave a stella, Il sistema periodico, Lilit e altri
racconti, L’altrui mestiere.
L’11 aprile 1987, Primo Levi morì cadendo dalla tromba delle scale della sua casa di Torino:
molti sospettarono che si trattasse di suicidio anche se l’ipotesi non è mai stata confermata.
“Se questo è un uomo”
“Se questo è un uomo” è un romanzo-testimonianza scritto da Primo Levi tra il dicembre
1945 ed il gennaio 1947. Ne sono protagoniste le atrocità che gli uomini hanno compiuto ai
danni di altri uomini solo per il fatto che questi ultimi erano ebrei, in nome di assurde leggi
razziali.
Levi scrisse il testo per rispondere alla necessità di raccontare la mostruosità di quanto era
accaduto, preoccupato del fatto che si potesse dimenticare e che con l’andare del tempo si
sottovalutassero il senso e la responsabilità delle persecuzioni, delle deportazioni e
dell’uccisione di milioni di persone. ~ 7 ~ – Primo Levi “Se questo è un uomo”
ITALIANO
Il testo qui sotto riportato, tratto dal romanzo di Primo Levi, descrive il viaggio verso
Auschwitz e l’arrivo al campo di concentramento.
“Gli sportelli erano stati chiusi subito, ma il treno non si mosse che a sera. Avevamo appreso
con sollievo la nostra destinazione. Auschwitz: un nome privo di significato, allora e per noi;
ma doveva pur corrispondere a un luogo di questa terra. 1
Il treno viaggiava lentamente, con lunghe soste snervanti. Dalla feritoia , vedemmo sfilare le
alte rupi pallide della val d'Adige, gli ultimi nomi di città italiane. Passammo il Brennero alle
dodici del secondo giorno, e tutti si alzarono in piedi, ma nessuno disse parola. Mi stava nel
cuore il pensiero del ritorno, e crudelmente mi rappresentavo quale avrebbe potuto essere la
inumana gioia di quell'altro passaggio, a portiere aperte, ché nessuno avrebbe desiderato
fuggire, e i primi nomi italiani..., e mi guardai intorno, e pensai quanti, fra quella povera
polvere umana, sarebbero stati toccati dal destino.
Fra le quarantacinque persone del mio vagone, quattro soltanto hanno rivisto le loro case; e fu
di gran lunga il vagone più fortunato.
Soffrivamo per la sete e il freddo: a tutte le fermate chiedevamo acqua a gran voce, o almeno
un pugno di neve, ma raramente fummo uditi; i soldati della scorta allontanavano chi tentava
di avvicinarsi al convoglio. Due giovani madri, coi figli ancora al seno, gemevano notte e
giorno implorando acqua. Meno tormentose erano per tutti la fame, la fatica e l'insonnia, rese
meno penose dalla tensione dei nervi: ma le notti erano incubi senza fine.
Pochi sono gli uomini che sanno andare a morte con dignità, e spesso non quelli che ti
aspetteresti. Pochi sanno tacere, e rispettare il silenzio altrui. Il nostro sonno inquieto era
interrotto sovente da liti rumorose e futili, da imprecazioni, da calci e pugni vibrati alla cieca
come difesa contro qualche contatto molesto e inevitabile. Allora qualcuno accendeva la
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lugubre fiammella di una candela, e rivelava, prono sul pavimento, un brulichio fosco, una
materia umana confusa e continua, torpida e dolorosa, sollevata qua e là da convulsioni
improvvise subito spente dalla stanchezza.
Dalla feritoia, nomi noti e ignoti di città austriache, Salisburgo, Vienna; poi cèche, infine
polacche. Alla sera del quarto giorno, il freddo si fece intenso: il treno percorreva
interminabili pinete nere, salendo in modo percettibile. La neve era alta. Doveva essere una
linea secondaria, le stazioni erano piccole e quasi deserte. Nessuno tentava più, durante le
soste, di comunicare col mondo esterno: ci sentivamo ormai "dall'altra parte". Vi fu una lunga
1 Piccola apertura nel treno.
2 Disteso a pancia in giù. ~ 8 ~ – Primo Levi “Se questo è un uomo”
ITALIANO
sosta in aperta campagna, poi la marcia riprese con estrema lentezza, e il convoglio si arrestò
definitivamente, a notte alta, in mezzo a una pianura buia e silenziosa.
Si vedevano, da entrambi i lati del binario, file di lumi bianchi e rossi, a perdita d'occhio; ma
nulla di quel rumorio confuso che denunzia di lontano i luoghi abitati. Alla luce misera
dell'ultima candela, spento il ritmo delle rotaie, spento ogni suono umano, attendemmo che
qualcosa avvenisse.
Accanto a me, serrata come me tra corpo e corpo, era stata per tutto il viaggio una donna. Ci
conoscevamo da molti anni, e la sventura ci aveva colti insieme, ma poco sapevamo l'uno
dell'altra. Ci dicemmo allora, nell'ora della decisione, cose che non si dicono tra i vivi. Ci
salutammo, e fu breve; ciascuno salutò nell'altro la vita. Non avevamo più paura.
Venne a un tratto lo scioglimento. La portiera fu aperta con fragore, il buio echeggiò di ordini
stranieri, e di quei barbarici latrati dei tedeschi quando comandavano, che sembravano dar
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vento a una rabbia vecchia di secoli. Ci apparve una vasta banchina illuminata da riflettori.
Poco oltre, una fila di autocarri. Poi tutto tacque di nuovo. Qualcuno tradusse: bisognava
scendere coi bagagli, e depositare questi lungo il treno. In un momento la banchina fu
brulicante di ombre: ma avevamo paura di rompere quel silenzio, tutti si affaccendavano
attorno ai bagagli, si cercavano, si chiamavano l'un l'altro, ma timidamente, a mezza voce.
Una decina di SS stavano in disparte, l'aria indifferente, piantati a gambe larghe. A un certo
momento, penetrarono fra di noi, e, con voce sommessa, con visi di pietra, presero a
interrogarci rapidamente, uno per uno, in cattivo italiano. Non interrogavano tutti, solo
qualcuno. "Quanti anni? Sano o malato?" E in base alla risposta ci indicavano due diverse
direzioni.
Tutto era silenzioso come in un acquario, e come in certe scene di sogni. Ci saremmo attesi
qualcosa di più apocalittico: sembravano semplici agenti d'ordine. Era sconcertante e
disarmante. Qualcuno osò chiedere dei bagagli: risposero "bagagli dopo"; qualche altro non
voleva lasciare la moglie: dissero "dopo di nuovo insieme"; molte madri non volevano
separarsi dai figli: dissero "bene bene, stare con figlio". Sempre con la pacata sicurezza di chi
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non fa che il suo ufficio di ogni giorno; ma Renzo indugiò un istante di troppo a salutare
Francesca, che era la sua fidanzata, e allora con un solo colpo in pieno viso lo stesero a terra;
era il loro ufficio di ogni giorno.
In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello che
accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire allora né
3 Costruzione in muratura, simile a un grande marciapiede.
4 Incarico. ~ 9 ~ – Primo Levi “Se questo è un uomo”
ITALIANO
dopo: la notte li inghiottì, puramente e semplicemente. Oggi però sappiamo che in quella
scelta rapida e sommaria, di ognuno di noi era stato giudicato se si potesse o no lavorare
utilmente per il Reich; sappiamo che nei campi rispettivamente di Buma-Monowitz e
Birkenau, non entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e ventinove donne, e
che di tutti gli altri, in numero di più di cinquecento, non uno era vivo due giorni più tardi.
Sappiamo anche che non sempre questo pur tenue principio di discriminazione in abili e
inabili fu seguito, e che successivamente fu adottato spesso il sistema più semplice di aprire
entrambe le portiere dei vagoni, senza avvertimenti né istruzioni ai nuovi arrivati. Entravano
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in campo quelli che il caso faceva scendere da un lato del convoglio; andavano in gas gli
altri.
Così morì Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica di
mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell'ingegner Aldo Levi di Milano, che
era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio nel
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vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, in
acqua tiepide che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla
locomotiva che ci trascinava tutti alla morte.
Scomparvero così, in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli.
Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po' di tempo come una massa oscura
all'altra est